Il Re degli Alberi si è risvegliato e mostri leggendari hanno preso a vagare nel regno di Crotheny. Interi villaggi nelle regioni più lontane si spopolano e gli abitanti, in preda alla follia, si trasformano in esseri antropofagi. Proseguono i riti sanguinari, consumati nella foresta dalle persone più insospettabili. Aspar White, il guardaboschi del re, viene assoldato dalla Chiesa per trovare il Re degli Alberi e ucciderlo. Per questo riprenderà a viaggiare in compagnia di Stephen, Winna e il giovane Ehawk, mentre Anne Dare, la figlia superstite dell’imperatore William II, è riuscita a sfuggire al massacro del coven di Santa Cer, e insieme ad Austra, Catio e a’Acatto cerca di far ritorno a casa, con l’aiuto di Neil MeqVren, cavaliere fedele alla regina Muriele. Intanto, Crotheny è nel caos; in molti aspirano al trono, sul quale siede ora Charles, l’unico figlio maschio di William e Muriele…

di Daniele Urso

Diciamolo subito, tutto quello che di buono aveva lasciato intravedere Greg Keyes ne Il Re degli Alberi, è confermato e migliorato nel secondo volume della Saga dei regni delle spine e delle ossa.

Il Principe delle Ombre è un esempio della produzione dell’ultima generazione del fantasy. Trama complessa e articolata, attenzione ai particolari e ricerca sono i pregi che emergono da una prima lettura dell’opera di Greg Keyes.

Lo scrittore originario del Missisipi ha infuso il proprio retaggio culturale antropologico nelle pagine della sua saga. L’attenzione di Keyes a lingue, culture, tradizioni e popoli ricorda per accuratezza Steven Erickson (ugualmente antropologo e archeologo prima di darsi al fantasy).

Il libro inizia in sordina e, se si vuole trovare un difetto nello scrittore americano, forse può essere proprio questo. Nei primi capitoli viene fatto il punto della situazione e si recuperano tutti i personaggi protagonisti nel primo libro. Poco male, ci rinfreschiamo la memoria e continuiamo la lettura.

Con il passare delle pagine la trama si infittisce. Complotti, misteri e un sottile gioco politico prendono il sopravvento, alternandosi mirabilmente con azione e una sana dose di crudeltà.

Leoff è una piccola gemma che si aggiunge ai personaggi principali. A prima vista il compositore sembrerebbe un elemento alieno alla narrazione, ma personalmente ne ho seguito le peripezie con attenzione. Il suo talento e la sua opera dovrebbero scatenare un bel po’ di rumorose conseguenze nei prossimi libri.

La caratterizzazione dei protagonisti procede con successo, svelando di volta in volta nuove sfaccettature nei vari Aspar, Stephen, Winna, Anne, Neil, eccetera.

Catio è finalmente diventato più “consistente”, mentre ancora latita z’Acatto, la cui storia personale sembra però riservare molte sorprese.

Aspetto ancor più interessante. Dopo mille e passa pagine di trama siamo ancora lontani dal comprendere quale sia la reale entità delle forze in causa. Ci siamo fatti qualche idea su chi siano i “cattivi”, ma ci troviamo ancora lungi dal comprendere il quadro complessivo. L’effetto è quello voluto: grande respiro e trama intricata, una manna per gli amanti del genere. Non c’è nulla da temere, il libro non spiazza, anzi invoglia alla lettura e finalmente ci propone un nuovo autore le cui storie attenderemo con impazienza.

I riferimenti storici non mancano e ai lettori più attenti non scapperanno.

I tanti elementi positivi di questo libro ci permettono di passar sopra a qualche inevitabile pecca. Qualche personaggio è un po’ troppo intuitivo e questo porta a scelte “azzeccate” e svolte scontate… Nulla di grave però.

Il libro si legge con piacere e le pagine scorrono via velocemente, forse troppo. Speriamo che Fanucci non ci faccia aspettare troppo il terzo capitolo di questa nuova e avvincente saga.

Quattro stelle piene e meritate.

di Umberto Sisia

Nello svolgimento di una quadrilogia che si dipana con continuità ordinata è logico che il primo libro contenga premesse e avvio della storia complessiva, che il secondo sia approfondimento e introduzione al culmine della stessa, che il terzo dia inizio agli avvenimenti che condurranno alla conclusione e che il quarto, infine, porti a termine quello che era stato esposto in precedenza.

In quest'ottica è naturale che "Il principe delle ombre", seconda parte della “Saga dei Regni delle Spine e delle Ossa", sia dedicato a consolidare le tematiche che avevano contraddistinto il precedente "Il re degli alberi".

L'attenzione dell’autore si concentra allora sulle linee portanti del racconto e se, da un lato, nuovi misteri si inseriscono nella vicenda (soprattutto riguardanti la vera natura del risvegliato Re degli Alberi e il futuro incerto che si profila per tutti i protagonisti), dall'altro si preoccupa di chiarire alcuni segreti che aveva messo in campo (l’identità delle donne che periodicamente consigliano Anne o la reale sorte del principe Robert o ancora le caratteristiche che contraddistinguono i sedoi, i siti del potere).

Si può pertanto dire che, se ne "Il principe delle ombre" ancora non si comprende effettivamente la reale portata degli eventi, quantomeno ne divengono chiari alcuni capisaldi e - grossomodo - quali sono i responsabili principali di ciò che sta capitando.

Keyes è sempre molto abile nella gestione del materiale narrativo.

Dopo due libri, pare corretto individuare una sua propria cifra stilistica nel partire leggermente in sordina, intrecciando quasi sottotono i fili della storia, ma accumulando lentamente elementi che attirano l'attenzione e amplificano pian piano la suspense nel corso della lettura.

Sebbene i primi capitoli, infatti, paiano semplici necessità per riprendere in mano la trama, in essi non ci si limita a un banale riassunto, ma si prosegue con l’indagine dell'animo dei protagonisti e si architetta quanto si svolgerà in seguito fino a comporre un quadro sempre più accurato che ha il suo momento topico nelle drammatiche scene finali, ove le strade di tutti i personaggi principali si riuniscono con prospettive future di sicuro interesse.

Punto di forza della saga è senza dubbio l'ambientazione efficacissima. Assodata la sua originalità, pare particolarmente intelligente la scelta di un approccio volto a suggerire (piuttosto che a descrivere esplicitamente) storia, geografia e culture dei popoli.

E’ soprattutto rilevante che le informazioni sul mondo scaturiscano direttamente dal racconto piuttosto di comparire per mezzo di descrizioni o artifici letterari ad hoc: in tal modo esse sono presenti con discrezione e appaiono in evidenza solo quando opportuno. Tale approccio non solo consente una maggiore verosimiglianza al regno di Crotheny, a Vitellio e agli altri luoghi, ma pone in una posizione primaria la vicenda e i personaggi rispetto alla scenografia e al retroterra del racconto.

Particolare interesse è rivolto all'aspetto linguistico: gli idiomi del libro rispecchiano diversi linguaggi umani e sono il mezzo con il quale effettuare correlazioni tra le nazioni della saga e le etnie del mondo reale (dalle quali in qualche modo esse parrebbero derivare). L'attenta differenziazione linguistica, oltre ad arricchire la storia svolgendo un ruolo attivo durante gli avvenimenti, si può intendere anche come un legame alto con la tradizione fantasy, che presenta linguaggi inventati in numerose opere.

Anche la caratterizzazione psicologica dei personaggi continua a mantenere le promesse fatte nel primo libro.

Così, se la principessa Anne prosegue l’evoluzione psicologica destinata a renderla la chiave dell'attuale crisi, pari attenzione viene data ai dubbi e alle angosce di Ser Neil Mq Vren circa la propria inadeguatezza; così pure accade con la regina Muriele, sempre più minacciata dalle oscure trame di corte e con Stephen Darige, che si ritrova a fare i conti con la propria fede, ormai in aperta opposizione con la sua esperienza.

Ma pari dignità hanno anche gli altri personaggi: molto spesso le dinamiche che li contrappongono ai protagonisti servono a dipingerne nuove sfaccettature chiarendo le reciproche psicologie.

Menzione particolare occorre segnalare sul più importante dei nuovi attori: i punti di vista di Leovigild Ackenzal, il compositore, sono immediatamente convincenti ed emozionanti descrivendo le sensazioni che la musica è in grado di suscitare, il potere che la melodia intesse con i propri accordi e la forza che è capace di creare nei cuori degli uomini.

Nota negativa rimane purtroppo principalmente la gestione di Aspar e Winna. Se la seconda persiste ad essere piuttosto scialba, non spiccando particolarmente nella trama, stupisce il trattamento del guardaboschi. Continua a non esserci traccia, infatti, dello scopo effettivo della sua presenza nella saga, né si chiarisce alcunché della profezia che lo riguarda e che dovrebbe in realtà essere un punto nodale della trama. Unica spiegazione possibile è che tali chiarimenti saranno affrontati nel terzo libro, ma i dubbi al riguardo restano.

Nonostante questo difetto piuttosto grave, la qualità del romanzo è comunque di livello molto alto, degno del volume precedente. Svanito in buona parte l’effetto novità suscitato dal proprio mondo, Keyes ravviva l’interesse nel solo modo possibile: facendo evolvere la storia e aprendo la strada alla comprensione di diversi eventi. E se, forse, l’intensità narrativa non è dirompente come ne “Il re degli alberi”, egli supplisce con un andamento più calmo e misurato, senza risparmiare in ogni caso i colpi di scena e stuzzicando abilmente per il futuro la curiosità dei lettori nei punti essenziali.

“Il principe delle ombre” si conferma dunque come un’ottima e avvincente lettura, e soprattutto omogenea con il primo volume.

Se, infatti, esso costituiva l’intelaiatura dell’edificio, “Il principe delle ombre” ne è la struttura portante: solida, elegante e gravida di possibilità.

Non rimane che attendere il resto.