In fuga da New Crobuzon, dove amici e conoscenti di lsaac Dan der Grimnebulin vengono rastrellati dalla milizia, Bellis Coldwine, ex fidanzata dello scienziato rinnegato, si imbarca per Nova Esperium, intenzionata a vivere in quella colonia di frontiera finché la situazione nella metropoli non si sarà risolta. Ma la sua nave viene assaltata da misteriosi pirati, gli ufficiali al comando vengono uccisi e i passeggeri, inclusi i prigionieri Rifatti, liberati e accolti come membri paritari della comunità corsara e portati ad Armada, una mitica città galleggiante di imbarcazioni sequestrate e riadattate dagli abitanti, dove trovano riparo fantastiche e inquietanti creature in un affresco di avventura e fantasia, magia e scienza. A tutti vengono offerti lavoro e alloggio, in quella strana città che accoglie chiunque ma che per motivi di sicurezza è impossibile lasciare… 

La città delle navi è l’affascinante opera di un equilibrista della parola, un acrobata dello stile, un alchimista dei generi, un illusionista della trama. China Miéville ha rinnovato il fantastico creando un melange di fantasy e fantascienza originalissimo e audace, capace di toccare vette mai esplorate prima, osando là dove nessuno avrebbe creduto si potesse andare, ricostruendolo dalle fondamenta, disfacendone confini, regole e clichè. The Scar, questo il titolo originale (la cicatrice, elemento fondamentale del libro), ricalca la concezione spericolata e stupefacente di Perdido Street Station, libro dai virtuosismi estremi, mantenendo una forte connotazione ondivaga, in cui il movimento e l’azione risultano preponderanti, perfettamente innestati nelle riflessioni orchestrate sulla pagina dalla mente del suo straordinario demiurgo.

L’autore inglese gioca con la materia che crea con maestria e semplicità disarmanti, come fosse la cosa più normale del mondo: stupirsi diventa un’incantevole abitudine che si rinnova pagina dopo pagina, incessantemente, in una nenia insaziabile e seducente. Questa è vera letteratura, meraviglia senza fine che incanta con la grazia dell’invenzione e della prosa. Invenzioni linguistiche (e scientifiche) come il meteoaffabulatore, meccanismo che permette alle navi di solcare le distese oceaniche, o come la taumaturgia, evoluta forma di magia che permette l’incontro della tradizione con la tecnologia, delle credenze ancestrali con le più innovative teorie scientifiche del Bas-Lag.

La fauna marina? Pura fantasia al potere, come d’abitudine nelle più ardite metafore con le quali Miéville illustra persone, pensieri, emozioni, concetti, strumenti e azioni, ghirigori dalla più incredibile e sfrenata immaginazione.

Leggere Miéville significa spiccare un volo pindarico nella letteratura di genere, dagli esiti meravigliosamente imprevedibili, persuasivi, esuberanti, ben più convincenti e innovativi di tanta ‘alta letteratura’. Tutto scorre con impressionante fluidità, a dispetto della dimensione ‘aliena’ in cui ci si ritrova scaraventati procedendo nell’universo narrativo di Miéville, in un’entusiasmante cavalcata che sembra non finire mai.

I personaggi sono complessi, multiformi, nessuno è del tutto bianco o nero, le sfumature caratteriali sono celate sotto uno strato di cinismo o indifferenza, superficialità o indecisione; un velo che è un piacere sollevare con calma. Ciascuno di loro ha una personalità interessante perché molto umano. Miéville sa essere lieve, incisivo, poetico e brutale, e non soltanto nelle descrizioni d’ambiente, ma anche nei pensieri dei personaggi, nei loro stati d’animo, nelle loro azioni; le sue parole riescono a trasmettere emozioni, e sono un magnete da cui è impossibile staccarsi.

E’ un’esperienza bellissima assistere alla recitazione, a volte muta, dei suoi attori. L’autore ci racconta di un essere mitico che popola gli abissi, delle sfide alla scienza e alla magia, delle meraviglie e degli orrori della natura, umana e non, di come un obiettivo folle possa diventare appetibile per la brama di potere e di conoscenza di due persone, gli Amanti, duplice e unificante creazione di particolare potenza, spiazzante e disturbante; ci racconta della speranza di rivalsa dei Rifatti, che sembrano espiare le pene della società intera, reietti di quella città composita che è New Crobuzon, per i quali si prova orrore e disgusto, divertimento e pietà; è contro di loro che si accanisce il voyeurismo delle persone, una giustizia infame e perfida che ha ormai istituzionalizzato la tortura, una tortura legale che sfoga i propri istinti e le proprie frustrazioni più infime in aberrazioni terribili e inimmaginabili, in una ‘palestra di ricerca’ che non ha e non può avere altri fini che la crudele, malvagia, perversa, feroce atrocità che sostituisce il senno dell’uomo.

Rispetto a Perdido questa è una storia fondata su un unico piano narrativo, piuttosto intimista, su una donna distante, altera, che si ritrova strappata a un destino nebuloso e incerto, a un ambiente da cui è stata costretta a fuggire ma dove desidera ardentemente tornare, nonostante le incognite del futuro, senza mai rassegnarsi a ciò che appare del tutto inevitabile. Bellis è una donna che si crogiola in una solitudine auto-imposta, assolutamente convinta della distanza abissale che la separa dagli altri, ormai pressoché integrati in una patria che vive e cresce alimentandosi dei cittadini altrui. Armada, la città delle navi che ‘prende il posto’ di New Crobuzon, è di una creatività sorprendente: la sua filosofia è del tutto peculiare, un macro-universo pulsante in continuo divenire, che si rimescola, muta, si adatta come un essere vivente. La società costruita ad Armada è una società multirazziale che convive divisa in fazioni e quartieri-stato, in una città dove la povertà non uccide e il dissenso è limitato perché limitata è la scelta: o far parte della polis galleggiante o morire. Si è liberi, ma la libertà è un concetto insieme universale, totalizzante e condizionante. Tutti hanno una casa e un lavoro, possono vivere, sono tutelati, ma non possono andare via, o tornare da dove sono stati strappati a forza dai pirati armadiani.

I cittadini acquisiti restano fedeli alla gabbia galleggiante soprattutto perché al di fuori di essa non avrebbero altro, sebbene si dichiarino felici di avere avuto un’alternativa alla vita miserevole cui spesso erano destinati in madrepatria. La scelta che viene loro prospettata è la migliore e se ne convincono quasi tutti, adattandosi a un meccanismo di potere e dominazione delle masse molto interessante.

Anche per questo siamo di fronte a un romanzo politico, come d’abitudine per Miéville, che ci mostra lo smarrimento di chi è stato sradicato, rubato alla sua realtà. La folle perversione degli Amanti, misteriosa e attraente, con i loro rituali d’amore e potere, donne-zanzara assetate di sangue, razze e civiltà dagli strani usi sono solo alcune delle sorprese che ci aspettano in questo libro. Oceanografia, taumaturgia, ancestrali evocazioni, culture primitive, avanzate, incredibili e diversissime, personaggi strani e insondabili, come l’ambiguo e misterioso Uther Doul, o il millenario vampiro Brucolac.

Ci sono molte simbologie nel libro, e Miéville utilizza la letteratura di genere per imbastire riflessioni sociali, politiche, scientifiche e psicologiche sulla realtà quotidiana, pur mediate in un universo lontanissimo. Tante sono le cose ignote e oscure, specie per Bellis, che attraversa una fase della sua vita, un viaggio fisico doloroso, ma anche un viaggio dentro se stessa, ugualmente lancinante. Un viaggio non è mai immobilità: può essere parentesi o cambiamento, possibilità, proprio come quella che tanti ad Armada e nella vita desiderano o si sforzano di evitare.

Quando The Scar finisce, ognuno di noi può decidere di credere a quella cicatrice che ci lascia come a un cambiamento o a un ritorno, proprio come dopo un viaggio.