Buffalo. Bruce Nollan (Jim Carrey) è un insoddisfatto reporter televisivo che, avvilito dalle costanti e ripetute sfortune che si accaniscono contro di lui, anziché recitare un mea culpa, colpevolizza l’Onnipotente. Nostro Signore non si fa pregare e conferisce a Bruce i suoi ultraterreni poteri, che casualmente si esauriranno nella fatidica settimana. Due condizioni: non svelare a nessuno la verità e non utilizzare il potere per influire sul libero arbitrio. Il prescelto Jim Carrey sguazza nel nuovo status rendendosi conto ben presto, però, che la vita nei panni di Dio non è così semplice e, nella più ovvia delle illuminazioni, capirà che la felicità stava proprio sotto i suoi piedi, e non andava cercata camminando sulle acque ma nella vita reale di tutti i giorni. Il lieto fine in questo caso è un must al quale neanche Wim Wenders potrebbe opporsi.

Hollywood ha sfornato una pellicola che probabilmente ai cultori, agli intenditori di arte cinematografica o anche solo a chi giudica che il sedersi nella poltrona di un cinema debba procurare, come minimo, un surrogato alla sindrome di Stendhal, apparirà come mera spazzatura.

E in effetti la sceneggiatura non brilla certo per originalità, e non concede profondi spunti di riflessione (“se avessi una bacchetta magica, cosa farei?”, è una frase con cui un po’ tutti ci siamo divertiti a giocare almeno una volta).

Le interpretazioni degli attori principali, diretti da un Tom Shadyec sotto tono rispetto alla performance aprrezzata in Patch Adams, non sono certo da oscar.

Jim Carrey, nonostante le ottime prove di sé che aveva dato in film come The Truman Show e The Majestic, torna a puntare tutto sulla sua “faccia di gomma” e su un corpo che sembra obbedire a leggi tutte sue. Tuttavia siamo lontani dalle prestazioni di The Mask; il nuovo Jerry Lewis sembra aver esaurito le possibili combinazioni mimiche e non risulta, questa volta, abbastanza convincente. Non sembra bastare il feeling che con lo stesso regista si era instaurato già dal '94 con il fortunato Ace Ventura e si era consolidato nel '97 con Bugiardo bugiardo.

Quanto a Morgan Freeman vestito di bianco nel ruolo dell’Onnipotente, be’, vorrei ricordarlo nelle povere vesti di un carcerato nel toccante Le ali della libertà. Così come Jennifer Aniston, certamente più brillante nella serie televisiva Friends.

Una settimana da Dio scorre comunque veloce e, se non si riesce a definirlo una brillante commedia, qualche risata riesce lo stesso a strapparla.

Per il resto è solo il classico rendersi conto che la felicità è nelle piccole cose, nella vita quotidiana, nell’essere sempre e comunque buoni; concetti che, pur nascondendo delle verità, quando si inseriscono in film di per sé scontati , rendono il trionfo del bene il male peggiore.

Hollywood! Quando ti renderai conto di aver esaurito i sinonimi del perbenismo a largo uso e consumo e ti deciderai a puntare di più su pellicole indimenticabili che sei comunque in grado di produrre? Ecco dove dovrebbe cadere un po’ di quella polvere di stelle che esce dalle bacchette magiche.