E' il 1933 e l'attricetta di varietà Ann Darrow si trova, come molti altri newyorkesi durante la Grande Depressione, senza la possibilità di sbarcare il lunario. Quando, affamata, cerca di rubare una mela da una bancarella, viene salvata dal regista Carl Denham che la invita a unirsi a un gruppo di cineasti in partenza per l'Isola del Teschio, vicino a Sumatra. All'arrivo sull'Isola il gruppo scopre che...

 Peter Jackson non ha mai nascosto il suo amore per King Kong e il suo desiderio di realizzarne il remake nel pieno – o quasi, da quanto è dato vedere – rispetto dell’originale.

Dopo il successo della sua ormai leggendaria trilogia, qualsiasi produttore sarebbe stato disposto a firmargli un bell’assegno in bianco perché realizzasse un altro dei suoi sogni.

Ray Harryhausen, altro innamorato del vecchio film, fonte d’ispirazione di tutta la sua carriera, aveva dato, in una recente intervista, una sorta di placet all’operazione, con la certezza che Jackson fosse l’unico in grado di far rivivere il mito.

Indubbiamente il film del regista neozelandese ha un suo certo fascino, è a tratti divertente, ben fatto (anche troppo, fino a provare perfino una punta di noia davanti alla perfezione maniacale dell’impianto scenico), si  guarda volentieri, ma troppe cose non funzionano come dovrebbero, tanto da poter considerare King Kong come l’ennesima delusione di quest’anno così ricco di promesse non mantenute.

Innanzitutto la lunghezza, oltre tre ore in cui il dinamismo soccombe troppo spesso alla storia d’amore e a scene che, in questo senso, sfiorano il ridicolo (il “duetto” nel Central Park ne è la prova più evidente).

 Naomi Watts è la migliore “Bella” delle tre versioni più celebri, laddove la celebrata Fay Wray (tanto celebrata da essere ricordata nella storia del cinema con quella che, tutto sommato, resta la sua peggiore interpretazione) si limitava a urlare e sgranare gli occhi e Jessica Lange, nell’abominevole versione diretta da John Guillermin, offriva al suo personaggio patetiche pulsioni pseudo o tardo femministe, ma la relazione tra lei e il “protagonista” appare spesso inutilmente patetica e irrimediabilmente sdolcinata.

Jack Black, dopo un periodo di relativa oscurità, dà il meglio di sé, con evidente gigioneria, nel ruolo del produttore senza troppi scrupoli, mentre Adrien Brody, nella parte dello sceneggiatore (una delle piccole ma non fastidiose varianti rispetto all’originale) che contende al protagonista l’amore di Ann, è del tutto fuori parte, surclassato in quanto a bravura e quasi soffocato dalla varia fauna in CGI  che si trova ad affrontare.

Gli effetti speciali sono straordinari, gli animali preistorici riescono a essere migliori di quelli visti in Jurassic Park (sembra quasi che, un po’ fastidiosamente, il regista ci esorti a fare da giudici in un confronto ipotetico ma non troppo con Steven Spielberg), Andy Serkis è di nuovo il migliore del cast, sia pure ancora sotto mentite spoglie, ma quello che proprio non funziona è il fulcro centrale narrativo di una storia che, probabilmente, ha fatto il suo tempo.

Da Peter Jackson era forse lecito attendersi molto di più, ma  nell’insieme potrebbe aver giocato un ruolo importante il rispetto troppo reverenziale verso l’ennesima icona fantastica della sua carriera. Il rispetto c’è, anche il purista più intransigente può ritenersi soddisfatto, ma quello che manca totalmente è il calore, non si riesce a essere coinvolti emotivamente; in tutta sincerità, un atto d’amore verso i sogni cinematografici del talentuoso regista neozelandese così lungo e, diciamolo, frammentario e dispersivo poteva esserci risparmiato senza che provassimo particolari rimpianti..

King Kong non è tanto un film malvagio quanto del tutto inutile, si può tranquillamente attendere la versione home video, sempre sperando che i contenuti extra non ne facciano ulteriormente lievitare la durata. Raddoppiare il tempo di proiezione di un remake rispetto a un originale non implica necessariamente aumentarne la qualità e, in barba a quanto strombazzato dalla pubblicità, “the ultimate King Kong”, il King Kong definitivo, resta quello del lontano 1933.

Nelle rubriche un approfondimento del 'regno' di King Kong, di Angelica Tintori  http://www.fantasymagazine.it/rubriche/132  e un'intervista con Carlo Cosolo,  responsabile dell’adattamento e del doppiaggio italiani http://www.fantasymagazine.it/rubriche/133.