La consapevolezza di sé scaturì improvvisamente, come un lampo nell’oscurità. Nella sua mente fu come un’esplosione dolorosa. Fino a quel momento non aveva ricordato nulla del passato, neppure il suo nome, e quel vuoto che ancora persisteva le procurava un’angoscia insopportabile. Ma sapeva di esistere.

A poco a poco, fu in grado di riconoscere ciò che aveva intorno, quasi si trattasse di nozioni sepolte e abbandonate nel profondo della sua anima: terra brulla e grigiastra, rocce, alti alberi contorti, cespugli spinosi, carichi di piccoli frutti che sapeva di aver mangiato, e rigagnoli d’acqua melmosa che rammentava di aver bevuto. E poi la pioggia, fitta, incessante, implacabile, sottile come una nebbiolina che mai si diradava.

E l’esistenza di altre creature simili a lei, che strisciavano nell’ombra, che si riparavano dall’acqua, addossati alle rocce, che portavano rozzi abiti di corteccia e di foglie, che come lei non avevano nome né voce, e vivevano in quel nulla senza suoni e senza uno scopo.

Ora qualcosa stava turbando quel mondo, qualcosa di esterno ed estraneo. Forse era stata proprio quell’intrusione improvvisa a riscuoterla, provocando il suo risveglio.

Li spiò, dietro al suo riparo di rocce e li riconobbe: erano uomini a cavallo, armati e riccamente vestiti, che gridavano e si chiamavano, tenendosi accostati gli uni agli altri per non perdersi nella nebbia. Erano seguiti da altri uomini appiedati, coperti di armature leggere con insegne rosso-dorate.

Le parve che quegli stemmi suscitassero in lei lontani ricordi, ma non le fu possibile spingersi oltre, nell’oscurità della sua mente.

Il corteo si avvicinava. Vide che tutti quei soldati avevano le braccia insanguinate, e trascinavano molte creature come lei, legate fra loro, che a stento riuscivano a seguire l’andatura, barcollando, dondolandosi, e tenendo sempre il capo chino. A tratti, qualcuno cadeva e si rialzava a fatica. Gli uomini tentavano di sospingerli e di radunarli, ma senza risultato.

Camminavano per pura inerzia, e parevano non avvertire né paura né dolore, né le grida e le imprecazioni. I soldati stessi sembravano affaticati, come se lottassero contro il torpore dei sensi.

Il corteo era arrivato quasi a ridosso delle rocce dietro cui si era nascosta. La vista di quei volti umani le provocò una nostalgia insopportabile. Cercò di nascondersi arrampicandosi sulle rocce, disperata, ma le sue mani deformate e biancastre, dalle dita contorte, non avevano forza sufficiente.

Allora tentò di gridare, ma non poté; non ne sortì che un mugolio sottile, che andò a perdersi nella nebbia, inascoltato.

I cavalieri le stavano ormai passando davanti. Per un istintivo timore si raggomitolò ancor di più tra i massi, senza poter vedere altro che le zampe e le gualdrappe dei cavalli.

Poi, un grido diverso dagli altri la spinse a sporgersi dal suo rifugio: un soldato a piedi si stava allontanando dal gruppo. Aveva gettato a terra le armi e camminava a passi rigidi, quasi automatici, in direzione opposta al corteo. Un suo compagno spronò il cavallo verso di lui e gli si parò davanti.

L’altro parve non accorgersene neppure: i suoi occhi, che ora lei vedeva benissimo, si erano fatti opachi, senza luce e senza coscienza.

Quello sguardo privo di espressione la terrorizzò, tanto che si acquattò in un anfratto, senza smettere di tremare e di gemere. Ma non poté far a meno di continuare a seguire la scena. Il cavaliere stava sferzando il soldato, senza alcuna pietà, nell’intento di farlo tornare in sé: ma questi non pareva avvertire i colpi. Continuava a camminare, sempre con lo stesso sguardo assente.

Un altro uomo a cavallo si staccò dal gruppo: era quello che guidava il corteo, e dalle armi e dall’abbigliamento sembrava il capo. Forse il re.

Si pose di fronte al fuggitivo e gli gridò un ordine. Solo a quel punto l’uomo si riscosse, alzando il viso insanguinato. Il cavallo del re aveva gli occhi bendati, ma proprio in quel momento la benda gli cadde e incrociò lo sguardo del soldato. Nitrendo terrorizzato s’impennò, e la sua ombra fu su di lei, incombente.

Un chiarore nella nebbia le mostrò per un istante il cavaliere, e le si stampò negli occhi la visione che le apparve insopportabilmente bella e terribile.

Il re era ancora giovane, forte, dallo sguardo profondo e lineamenti perfetti, con lunghi capelli chiari e la corta barba. Né collera, né spavento alteravano la nobile espressione del suo viso. Sotto al mantello rosso, le sue braccia grondavano sangue, per via degli strani bracciali metallici irti di spine che indossava. Ma neppure questo poteva alterare la sua superiore compostezza.