Con buona pace dei critici cinematografici inglesi, che attribuiscono il primato a un film propagandistico di Halas e Batchelor (Handlin' ships, 1945, la cui durata di soli 59' lo relega però nel settore mediometraggi), La rosa di Bagdad può essere considerato il primo lungometraggio a cartoni animati europeo. Benché uscisse nelle sale soltanto nel 1949, anno in cui vinse il primo premio al festival di Venezia nella categoria Film per ragazzi, la genesi del progetto va fatta risalire al 1941, quando il regista Anton Gino Domeneghini riuscì a trovare finanziamenti e collaboratori.

Domeneghini non aveva alcuna esperienza cinematografica ma era una figura di primo piano, forse la più importante, nel mondo pubblicitario italiano come responsabile dell'IMA dagli anni '30 fino alla morte, avvenuta nel 1966: a lui si deve, tra l'altro, il lancio in Italia della più nota bevanda analcoolica statunitense.

La realizzazione fu lunga e faticosa data la situazione contingente: si dice che Domeneghini dovette realizzarne la maggior parte in solitudine quando alcuni preziosi collaboratori furono richiamati alle armi e, tra l'altro, la prima ripresa del film fu effettuata in bianco e nero perché il nostro paese non disponeva dell'attrezzatura adatta (la ripresa definitiva, in technicolor, venne realizzata in Inghilterra soltanto pochi mesi prima della presentazione a Venezia).

Molti critici storsero il naso per la qualità "disneyana" dei disegni, laddove è forse più corretto parlare di una derivazione dai delicatissimi cartoni animati fantastici di produzione sovietica (un tempo spesso presenti alla leggendaria TV dei ragazzi nostrana e ora misteriosamente scomparsi) e la storia sembrò banale.

A mio parere, l'unica nota stonata è rappresentata forse dalla voce narrante fuori campo, il sia pure ottimo Stefano Sibaldi, spesso utilizzata in seguito per altri film animati di produzione Disney anche quando non risultava niente di simile nella versione originale (i cultori la ricorderanno forse in Saludos, Amigos! e I tre caballeros).

L'opera di Domeneghini, bocciata in patria al botteghino, ebbe fortune alterne: in Olanda risultava, fino a qualche anno fa, ai primi posti negli incassi (limitatamente ai cartoni animati) tanto da ispirare una fortunata linea di cioccolatini… Chi rivalutò il film, tanto da spingere a restaurarlo nella sua forma originale, fu la critica americana, che rimarcò invece la sua originalità e la sua fattura nobilmente artigianale; negli Stati Uniti, dove il film è conosciuto come The Singing Princess, ne circola una versione molto amata in cui l'eroina della storia è stata nuovamente doppiata da Julie Andrews.

La trama del film è molto semplice, quasi scontata, ma quello che colpisce è la sapienza con cui si alternano sequenze romantiche, umoristiche, fantastiche e addirittura orrorifiche (il "cattivo" ha un aspetto quasi vampiresco che non fece dormire sonni tranquilli a parecchi bambini).

Forse il pubblico non era ancora maturo per apprezzare fino in fondo la qualità del prodotto o forse, semplicemente, stava diventando sazio per la sovraesposizione ai film animati (la guerra era finita e le pellicole consimili d'oltreoceano cominciavano ad arrivare anche da noi quasi senza soluzione di continuità); di fatto, il fallimento dell'operazione impedì a Domeneghini di realizzare altre pellicole e sicuramente contribuì, in parte, alle alterne fortune che i lungometraggi animati di produzione italiana hanno sempre vissuto.