«Parla Morgana. Ai miei tempi sono stata chiamata in molti modi: sorella, amante, sacerdotessa, maga, regina. Ora, in verità, sono una maga e forse verrà un giorno in cui queste cose dovranno essere conosciute…»

«Vi fu un’epoca in cui le porte tra i mondi fluttuavano con le nebbie e si aprivano al volere del viaggiatore. Di là dal regno del reale si schiudevano allora luoghi segreti e incantati, siti arcani che sfuggivano alle leggi di natura e si sottraevano al dominio del tempo, territori favolosi dove le più strane e ammalianti creature parlavano lingue oggi sconosciute, avevano gesti, modi e riti oggi indecifrabili; dove nessuna cosa era identica a se stessa, ma poteva mutarsi a ogni istante in un’altra. Con l’andar del tempo, però, passare da una parte all’altra si fece sempre più difficile: reale e immaginario entrarono in netto contrasto, presero a scontrarsi come due opposte visioni del mondo. Spettò allora a Morgana, Igraine e Viviana – Sacerdotesse, Dame del Lago e Maestre di Magia – l’arduo compito di guidare gli ardimentosi eroi della Tavola Rotonda per quel territorio inesplorato e seducente, avvolto tra le nebbie, e chiamato da sempre Avalon…»

 

A vent’anni esatti dalla prima edizione italiana (Longanesi, 1986), Le Nebbie di Avalon (The Mists of Avalon, 1982), volume magno nella produzione di Marion Zimmer Bradley, capostipite del ciclo di Avalon, viene nuovamente ripresentato ai lettori in una lussuosa edizione cartonata – questa volta dalla casa editrice Nord – a conferma che “le nebbie” sono più vive, dense e avvolgenti che mai. Un successo incrollabile, duraturo nel tempo, che solo pochi libri possono vantare fregiandosi del titolo di “classici del genere”. Un solidità mantenuta fresca e sempre attuale da una scelta narrativa che fa del romanzo in questione un raffinato esempio di letteratura fantasy, epica, o storico-fantasica che dir si voglia. Ma da dove arriva tanta fortuna?

Le Nebbie di Avalon si pongono su una scia letteraria ben nota, conosciuta ai più, con un tema di base classico e per certi versi, forse, prevedibile: la Saga Bretone, Re Artù e i Cavalieri della Tavola Rotonda, ovvero, ancora, Camelot e Merlino, Morgana la fata, Lancillotto e Ginevra, la spada Excalibur e il Santo Graal… insomma, un vasto, sterminato insieme di leggende che dal dimenticato Medioevo, attraverso i secoli bui del mondo antico e poi per quelli luminosi della Rinascenza, discende fino a noi, attraverso riletture e riscritture (più o meno fedeli), analisi storiche e romanzate, ricerche e mitologie ben note. Come si spiega, allora, questa fortuna decennale? Come si spiegano, all’apparire del volume, i 4 mesi al primo posto nella classifica americana del New York Times? O la permanenza di un anno nelle classifiche letterarie in Germania e poi in Francia (dove il libro fu diviso in due volumi, vincendo addirittura il Grand Prix du Roman d'évasion) e ancora in Italia, dove al suo presentarsi al grande pubblico, nel giro di un mese, il romanzo della Zimmer Bradley raggiunse quota 50.000 copie vendute?

Forse il mistero di tanto successo sta tutto nel modo di narrare la vicenda, stravolgendone il contesto, ma sempre con cura e considerazione della tradizione su cui quest’ultima si basava. Marion Zimmer Bradley si prese del tempo, molto tempo per fare ciò (quasi un decennio), per raccontarci col dovuto rispetto le storie, le vite, gli eventi, racchiusi in un mondo di tale fascinosa ampiezza: ricercando sul territorio stesso della leggenda e poi del mito i preziosi resti di antichi misteri, noti a pochi, e sussurrati dai più a fior di labbra. Segreti, che l’autrice narrò con la voce di Morgana, svelandoci attraverso le pagine di questo libro i retroscena di un mondo tornato a rivivere attraverso la penna di questa pregevolissima autrice.

La Zimmer Bradley non lasciò nulla al caso. In una trascinante e sapiente fusione di miti greci e romani, egiziani, celtici e orfici, delineò ambientazioni, scene e protagonisti di indiscusso spessore emotivo e psicologico, dove su tutti spicca Morgana. Lei. La strega delle antiche leggende, qui resa in una ricchissima infinità di sfaccettature: sacerdotessa, maga, regina, amate, sorella, allieva e, infine, rappresentazione stessa della Dea Madre (indiscusso tributo dell’autrice alla femminilità intesa come “altra metà del cielo”). 

La trama del romanzo si svolge così con una accuratezza quasi maniacale per i particolari, con un’indagine approfondita delle tradizioni e delle leggende care alla Zimmer Bradley fin da giovanissima. I personaggi si staccano dalla pagina e prendono vita come di rado accade in un libro. Le nebbie ci appaiono allora per davvero fitte, spesse come drappeggi stesi sul mondo, e le spade brillano al sole sui campi di battaglia, e le Sacerdotesse della Dea splendono di niveo candore sotto i raggi della luna… La traduzione di Roberta Rambelli non perde nulla di tutto ciò: fedele come non mai alle intenzioni, ai propositi e al sentire dell’autrice.

Autrice che, nella sua sfida letteraria più grande, più difficile, mise tutta se stessa, tutto il suo essere, senza timori, senza remore. E proprio nel finale del romanzo Marion Zimmer Bradley lo rende palese a tutti i lettori, immedesimandosi per l’ultima volta con Morgana, e accorgendosi quasi con stupita emozione che «la sua opera era compiuta…» La sua opera più grande, diciamo oggi noi.