(Martina Frammartino)

Un incendio nei boschi. Le fiamme che divampano improvvise e violente, minacciando di distruggere tutto. Il calore, il fumo e la sirena dell’allarme che chiama a raccolta tutti gli uomini abili, senza distinzione d’età o di ceto.

È con questa scena, dedicata alla più pericolosa minaccia ambientale sul pianeta Darkover, che si apre La caduta di Neskaya, primo capitolo della Clingfire Trilogy.Come racconta Deborah J. Ross nella premessa, la miniserie, firmata congiuntamente da lei e da Marion Zimmer Bradley, è stata scritta dalla più giovane delle due autrici sulla base di alcune conversazioni fra lei e Marion.

La Ross è nota da tempo agli amanti di Darkover sotto lo pseudonimo di Deborah Wheeler, con cui ha raccontato i fatti avvenuti nei periodi meno noti della storia darkovana. Il risultato della collaborazione, in questo primo libro della trilogia, è positivo. La Ross ha una sensibilità molto vicina a quella della Zimmer Bradley e buone capacità di scrittura. Anche se non possiamo gridare al capolavoro, possiamo almeno guardare al futuro di Darkover con un certo ottimismo. Al futuro, ma anche al passato. Sì, perché questo romanzo, e i due successivi ancora in attesa di traduzione, sono ambientati durante il periodo dei Cento Regni. Abbandonate dunque le astronavi e l’Impero Terrestre torna prepotentemente alla ribalta l’aspetto più fantasy della saga.

Le Ere del Caos sono terminate con l’abbandono del programma di matrimoni fra consanguinei nel tentativo di creare un laran sempre più potente. Ma, al di fuori di ogni pianificazione umana, il laran può a volte svilupparsi in modi imprevedibili, e diventare uno strumento eccezionale nelle mani di chi è abbastanza spregiudicato da usarlo.

Il Patto di Varzy è ancora lontano, e ognuno dei piccoli regni si sente libero di adoperare qualsiasi strumento pur di estendere il suo dominio. Pece magica, polvere che scioglie le ossa e altre armi forse ancora più potenti sono guardate con orrore, ma anche come una risorsa da non trascurare per mutare le sorti di una guerra.

La guerra. Piccoli regni alleati o ferocemente in lotta fra loro. Verdanta, High Kinnally, Acosta, Ambervale e Linn possono essere stati dimenticati col passare del tempo, ma durante i Cento Regni sono territori indipendenti, ciascuno con un proprio sovrano. E spesso distinguere gli odi o le passioni personali da quelli legati al clan, o a decenni di faide, non è facile.

Anche se in diverse occasioni sono gli eserciti a parlare, e a determinare le sorti dei regni, le loro azioni hanno un’importanza marginale nella struttura del romanzo. Gli scontri sono descritti rapidamente, con poche frasi, e servono semplicemente a portare avanti la vicenda, o a dargli una svolta. L’attenzione delle autrici, infatti, è rivolta principalmente all’interiorità dei personaggi e al peso delle scelte che devono compiere.

E sullo sfondo della guerra si muovono i personaggi principali del libro: Coryn, Taniquel, Rafael Hastur e Damian Deslucido.

Anche se si tratta del primo volume di una trilogia, il romanzo è godibile senza problemi anche da solo. Tutte le vicende narrate arrivano a una conclusione, e anche se i personaggi potranno forse ricomparire in altri libri non si rimane con la spiacevole impressione di avere fra le mani qualcosa d’incompiuto.

(Luca Azzolini)

La Caduta di Neskaya, primo volume della Clingfire Trilogy, firmato da Marion Zimmer Bradley (1930 – 1999) in collaborazione con Deborah J. Ross, ci riporta con un balzo indietro nel tempo alle Epoche dei Cento Regni di Darkover. Un momento affascinante quanto oscuro nella storia del pianeta e della saga, dove le guerre tra i reami confinanti potevano gettare un’ombra su di un futuro spesso incerto. Ed è questo che si coglie fin dalle prime battute del libro.  

La saga di Darkover viene inabissata nel buio più fitto, tra dispute fratricide e lotte intestine, fra malumori e sogni infranti che tanto fanno da eco ai giorni nostri. Letteratura e fantasia si compenetrano e sfumano in un affresco che non è solo narrativa, ma è anche uno sguardo ai recenti avvenimenti del nostro tempo. Deborah J. Ross in questo è maestra indiscussa. Recepisce molto bene gli insegnamenti della Zimmer Bradley e, con una voce sola – senza stonature – ci narra con garbo di Darkover, senza snaturarne la complessa e fascinosa natura.  

La Caduta si Neskaya si caratterizza così come un bell’affresco della cultura Darkovana, dove colori, odori e sapori tornano a rivivere in questo longevo ciclo di science-fantasy. I protagonisti e i comprimari del romanzo spiccano dalla pagina, ottimamente caratterizzati, in particolar modo i due centri focali della storia – Coryn Leynier e Taniquel Hastur-Acosta – che lasciano il segno per veridicità espressiva ed emotiva. Ciononostante, ci pare che a questo libro manchi ancora qualcosa rispetto ai migliori volumi della stessa serie (per esempio: L’Erede di Hastur, La Torre Proibita o L’Esilio di Sharra).  

Per quanto lo stile sia curato e impeccabile e la ricostruzione storica interna al ciclo non faccia una piega, il romanzo manca un po’ di mordente. I colpi di scena sono pochi e, a parte il finale – dove si respira un’eccellente Darkover e dove si nota la mano maestra della Zimmer Bradley – il libro si compiace più nel raccontare piacevoli atmosfere e vibranti sensazioni che nel narrare eventi e complesse situazioni. La Caduta di Neskaya restituisce appieno il clima di Darkover, è vero, ma lo fa in modo sobrio, senza strafare, toccando certe corde e certi tasti, e tralasciandone a malincuore altri. A parte una certa staticità, il libro non fa pesare in alcun modo le sue 500 e più pagine: lo si legge tutto d’un fiato, e la traduzione, sempre in mano a Maria Cristina Pietri, è un’altra solida garanzia per la qualità della saga. 

La Caduta di Neskaya è un libro di impalpabili atmosfere. Un romanzo che combina l’oscura e tragica mitologia Darkovana a terrori ben più reali e contemporanei, che gli assidui lettori di Darkover apprezzeranno di certo. Un volume ricco di un messaggio di fondo non banale e assolutamente rispettoso dei pensieri e dei propositi che sempre contraddistinsero Marion Zimmer Bradley.