250 milioni di dollari sono troppi per fare un buon film: si perdono di vista tutti gli elementi che non hanno prezzo. Questa è la lezione che si trae dall’ultimo, quanto mai atteso, lungometraggio sull’Uomo Ragno. Si passano quasi due ore e mezzo con gli occhi spalancati ad ammirare uno strepitoso spettacolo pirotecnico e si esce dalla sala chiedendosi che fine abbiano fatto i buoni vecchi effetti “non” speciali: la sceneggiatura e l’interpretazione. Può un film divertire e deludere allo stesso tempo? No, non può, e il passaggio dalla prima alla seconda sensazione lascia un amaro in bocca difficile da buttare giù. Difficile perché Sam Raimi aveva costruito un personaggio davvero ottimo nei due film precedenti; e difficile perché Tobey Maguire l’aveva interpretato alla perfezione. Era lecito aspettarsi il grande film che i trailer, molto convincenti, avevano promesso, e invece ci troviamo a commentare una pellicola che, ironicamente in sintonia con il tema portante del film, ha tirato fuori il peggio di sé.

La trama è molto ricca e articolata: molte situazioni, molti personaggi, molta azione. Molta inconsistenza, soprattutto. E’ una storia confusa, approssimativa, piena di falle e di episodi messi lì solo per giustificare questo o quell’altro effetto speciale. Messa in altri termini, è una storia troppo ambiziosa per trovare compimento nel pur ampio spazio di 140 minuti. Si vorrebbero portare in parallelo tre grossi temi (la crisi dell’eroe alle prese con il proprio lato oscuro; la crisi amorosa con Mary-Jane; la minaccia di addirittura tre tra nuovi e vecchi super nemici) e si finisce per trascurarli tutti e liquidarli con troppa superficialità.

Se infatti Venom e l’Uomo Sabbia lasciano sbalorditi per la loro resa visiva (soprattutto il secondo), niente delle loro personalità emerge. Eppure è una regola elementare: un cattivo che funziona è un cattivo dotato di carisma, di personalità, in grado di tenere in scacco l’eroe grazie a una spietata intelligenza. Di tutto questo non c’è traccia, neppure in Harry Osborn, il nemico/amico di Peter Parker, la cui complessità costruita nei film precedenti è qui lasciata in balia di alcuni deus ex-machina troppo comodi. Lo stesso si può dire per il rapporto con Mary-Jane Watson, l’eterna fidanzata alle prese con delusioni lavorative e con un’inaspettata e, di nuovo, superficiale, rivalità con l’insipida Gwen Stacy.

Resta l’aspetto che più di ogni altro aveva generato attesa: Spiderman contro Spiderman, ovvero il mistero del costume nero. E’ il tema più riuscito dei tre, almeno a livello di sceneggiatura. Ma in questo caso ci ha pensato Tobey Maguire a rovinare tutto con un’interpretazione a tratti imbarazzante. Un attore irriconoscibile, la cui espressività fa rimpiangere le scene in cui indossa la maschera. Va detto, a parziale discolpa dell’attore, che alcune scene (come il balletto per strada) erano davvero impossibili da rendere credibili.

Tutto così terribile, dunque? Se consideriamo il livello dei due film precedenti il divario è enorme, su questo non ci sono dubbi. Resta tuttavia un film dotato di molta azione, di alcune scene di combattimento davvero memorabili, di una spettacolarità indiscutibile. Si può dire che è il più grandioso brutto film di tutti i tempi, che raggiungerà quell’olimpo delle classifiche riservato ai migliori blockbuster, che rimarrà nella memoria a lungo. Ma che prima o poi, senza troppi rimpianti, si dissolverà come sabbia nel vento.