EDIT: Abbiamo di recente pubblicato una lettera che l'autore ci presentato con le seguenti parole: "mi sono trovato a non riconoscermi più in parte consistente di alcune delle mie posizioni o della loro formulazione. Per onestà intellettuale sarei felice quindi di scrivervi un breve intervento in merito."

Harry Potter e la discussione sul fantasy

Harry Potter e la discussione sul fantasy

Articolo di Edoardo Rialti Lunedì, 27 maggio 2013

Riceviamo e pubblichiamo una lettera che l'autore presenta con le seguenti parole: "mi sono trovato a non riconoscermi più in parte consistente di alcune delle mie posizioni o della loro formulazione. Per onestà intellettuale sarei felice quindi di scrivervi un breve intervento in merito."

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In una recente intervista al dott. Paolo Gulisano, che è un mio amico, sono state fornite alcune informazioni ed interpretazioni della "controversia su Harry Potter" nel mondo cattolico che mi hanno spinto a voler fornire al vostro sito anche un mio piccolo contributo, così da perlomeno controbilanciare talune affermazioni che giudico in alcuni casi da me non condivisibili, in altri semplicemente e gravemente erronee. Questi temi occupano la mia riflessione da tanto tempo e sono molto vicini al mio cuore, giacché devo alle grandi storie fantastiche più di quanto mi sarà mai possibile esprimere. Ai miti, alle fiabe, alle leggende devo la formazione di tanta parte della mia persona. Se oggi insegno Letteratura alle Facoltà Teologiche di Firenze e Assisi è solo perché sono convinto che poche cose aiutino l'uomo nel suo cammino come le grandi storie, da Omero a Tolkien, da Beowulf a "Il cavallo rosso" o "Vita e destino". Offro dunque queste mie riflessioni per un sereno dibattito, nel quale c'è sempre da imparare, qualora si abbia la buona volontà di mettersi in discussione e non di scansare gli argomenti altrui.

Il dott. Gulisano afferma che Giovanni Paolo II avrebbe espresso "per tramite" di Monsignor Fletwood una sorta di implicito apprezzamento per le opere della Rowling. Questo semplicemente non è vero.

Monsignor Fletwood, durante una conferenza stampa dedicata alla pubblicazione di un documento sulla New Age, per la domanda di un giornalista presente su Harry Potter si è limitato ad affermare che a titolo personale "se aveva ben compreso le intenzioni dell'autrice, costei aiuta i ragazzi a discernere tra il bene e il male." Si tratta dunque del giudizio personale di un prelato, senza alcuna connessione con un più o meno fugace contatto di Giovanni Paolo II con i romanzi della Rowling. Giovanni Paolo II non ha mai detto niente su Harry Potter, mentre due suoi fidati collaboratori, padre Amorth e l'allora cardinal Ratzinger, sì. Io non li ho certo citati come fonti del Magistero, come erroneamente mi attribuisce il dott. Gulisano, ma perché il loro parere è quello di due personalità di straordinario spessore nella vita della Chiesa.

Se uno volesse andare a vedere cosa dice davvero il Magistero delle Chiesa sulla magia e l'occulto che costituiscono l'ossatura fondante dei romanzi della Rowling, anche sulla cosidetta "magia bianca" dei personaggi positivi, basterebbe andare a leggere i paragrafi 2116-7 del Catechismo della Chiesa Cattolica:

"Tutte le forme di divinazione sono da respingere: ricorso a Satana o ai demoni, evocazione dei morti o altre pratiche che a torto si ritiene che "svelino" l'avvenire [Cf Dt 18,10; Ger 29,8 ]. La consultazione degli oroscopi, l'astrologia, la chiromanzia, l'interpretazione dei presagi e delle sorti, i fenomeni di veggenza, il ricorso ai medium occultano una volontà di dominio sul tempo, sulla storia ed infine sugli uomini ed insieme un desiderio di rendersi propizie le potenze nascoste. Sono in contraddizione con l'onore e il rispetto, congiunto a timore amante, che dobbiamo a Dio solo.

2117 Tutte le pratiche di magia e di stregoneria con le quali si pretende di sottomettere le potenze occulte per porle al proprio servizio ed ottenere un potere soprannaturale sul prossimo - fosse anche per procurargli la salute - sono gravemente contrarie alla virtù della religione. Tali pratiche sono ancor più da condannare quando si accompagnano ad una intenzione di nuocere ad altri o quando in esse si ricorre all'intervento dei demoni. Anche portare gli amuleti è biasimevole. Lo spiritismo spesso implica pratiche divinatorie o magiche. Pure da esso la Chiesa mette in guardia i fedeli. Il ricorso a pratiche mediche dette tradizionali non legittima né l'invocazione di potenze cattive, né lo sfruttamento della credulità altrui."

Quanto poi ad una maggiore presunta sensibilità di Giovanni Paolo II in materia dei romanzi fantastici della Rowling per le sue doti di poeta rispetto al "freddo" rigore logico-filosofoco di Papa Benedetto, questo mi fa semplicemente sorridere. I pontificati di Giovanni Paolo II e Benedetto XIV sono in assoluta continuità, ed il mio cuore, la mia mente, la mia vita non ha certo il problema di scegliere tra questi due grandi e valorosi pontefici. Ratzinger da papa oggi non legge romanzi, ma basta una scorsa superficiale ad uno qualsiasi dei suoi scritti prima o dopo la salita al soglio pontificio per scorgervi i nomi di Dostoevskij, Bernanos, Omero, Camus, Goethe, Dante, Chesterton e Lewis...

Ma non è su questo facile aspetto che voglio soffermare la mia critica, ma su un altro punto. L'affermazione del dott. Gulisano potrebbe invece far pensare che l'arte e la filosofia, ossia la bellezza e la verità, possano essere in qualche modo disunite. Sono sicuro che il dott. Gulisano non intendesse dire una cosa del genere, ma certamente egli allora concorderà che una cattiva filosofia non possa mai condurre ad una buona e bella e vera espressione artistica. Non ad una compiutamente e profondamente tale, questo è certo, e più grave sarà la menzogna, peggiore sarà la sua resa artistica, peggiore dal punto di vista morale, non stilistico. Mozart ci ha già ricordato col suo genio straordinario che il male può cinguettare con soave dolcezza i crimini più orrendi, e così confonderci, come vorrebbe fare la sua perfida Regina della Notte.

Ogni opera d'arte è anche la rappresentazione visiva di una certa visione del mondo, di un certo modo di guardare alle cose, alle persone, all'universo, al nostro mondo interiore. Una visione filosofica menzognera delle cose produce solo o principalmente una menzogna, magari una bella menzogna, anche nella sua espressione letteraria. Un racconto comunica sempre una certa visione del mondo, non solo nella scelta dei valori e della sua struttura narrativa, ma anche e soprattutto nella scelta delle sue immagini fondamentali. Pensate cosa sarebbe stata la storia di Tolkien senza l'immagine, la semplice immagine degli Hobbit...

L'uomo è un essere simbolico, ed in noi i concetti filosofici non sono mai pure astrazioni, ma hanno bisogno di tradursi in immagini visibili, toccabili, esprimibili. Noi conosciamo per immagini. Nessuno di noi riesce a pensare alla bontà disgiungendola dalle immagini visive con le quali egli l'ha vista messa in pratica: una madre che culla un bambino, un padre che muore per salvare il proprio figlio, un medico che cura un ammalato, il sorriso di un amico, e così via. Le immagini di un racconto, quello che decidiamo di far vedere e come, è sempre l'espressione anche di una scelta fiolosofica, di un certo modo di vedere le cose e il mondo. Una certa immagine condizione il nostro pensiero, forma il nostro modo di guardare le cose.

Per questo i racconti sono così importanti, specie quando si è bambini, perché è proprio allora che plasmiamo le cooordinate grazie alle quali affronteremo tutta la vita. Proporre una immagine sbagliata come positiva- pensate a tante pubblicià di oggi- vuol dire azzoppare, alle volte gravemente, questo percorso di formazione. Questo è particolarmente vero delle fiabe, perché in esse la scelta delle immagini della narrazione risulta ancora più decisiva che nei romanzi d'ambientazione cosidetta realista. Il grande mondo della fantasia getta una luce più forte sulle cose, ed i contrasti emergono con maggiore nettezza.

Tolkien questo l'ha ribadito nel modo più chiaro nel suo saggio "Sulle fiabe" che consiglio a tutti di rileggere e meditare. Un'opera d'arte fantastica, in quanto sub-creazione che attinge le sue ultime possibilità nell'attiva creatrice di Dio, non deve invertire i fondamenti morali della creazione stessa. Ed è precisamente questo che accade in romanzi come Harry Potter; io non sono critico (solo) di certi valori proposti dalla serie nello svolgimento della sua trama, ma della visione del mondo che sta alla base della scelta della stregoneria, della magia, come possibilità positiva per il cammino dell'uomo. Quello che nel mondo secondario della Rowling viene proposto come positivo, l'acquisizione di poteri occulti grazie ad una scuola di magia, che non è affatto un elemento di cornice ma il filo rosso di tutta la serie, nel mondo storico e attuale avrebbe conseguenze orribili e spaventose.

Faccio un esempio estremo: sono sicuro che nessuno di noi apprezzerebbe mai un romanzo, magari ben scritto e avvincente, dove ad un gruppo di "cattivi pedofili", violentatori e sanguinari, si contrapponessero dei "buoni pedofili" miti e gentili, che seducono i bambini, ma senza coercizione, né certo apprezzeremmo uno scontro tra "cattivi cannibali" e "buoni cannibali che mangiano solo i cattivi", nevvero? Capite bene perché: l'immagine alla radice del racconto è comunque sbagliata, sfuma l'assoluto morale e ci fa credere che magari certe cose non sarebbero sbagliate sempre e comunque...

No: certe cose sono sbagliate sempre e comunque: la pedofilia ed il cannibalismo sono orribili e malvagi in sé, e a mio giudizio, e secondo il giudizio della Chiesa Cattolica che certamente anche il dott. Gulisano condivide appieno, la stregoneria, la magia è una impostura terribile per il cammino dell'uomo, una droga che lo rende schiavo, come ci ricordava Tolkien nell'immagine dei suoi Cavalieri Neri o di Saruman e Denethor. I poteri soprannaturali spettano a Dio e a Dio solo. Non sono mai acquisibili con la forza o l'apprendistato. La magia nella fiabe occidentali è sempre una immagine o della Grazia divina dispensata agli uomini attraverso strumenti e messaggeri altri da sè (Propp li chiamava i "doni" o i "donatori": le fate, le spade magiche...), oppure delle forze diaboliche che insidiano il cammino dell'uomo, ma essa non è mai, mai una tecnica da apprendere, pena le più gravi e spaventose conseguenze di quella che gli antichi greci chiamavno "hybris", la superbia di chi crede di poter fare di sé un dio.

Proporre un eroe come Harry Potter vuol dire proporre appunto questa immagine dell'eroe. Egli è il giovane eletto che viene cresciuto in un apprendistato magico, in una scuola dell'occulto. I valori a seguire potranno essere positivi quanto volete (e anche su quelli ci sarebbe da discutere eccome, così come sulla conclusione de "I doni della Morte" che è esattamente l'opposto speculare della fine de "Il signore degli Anelli" e delle "Cronache di Narnia" e del loro messaggio morale), ma il problema sta in questa radice sbagliata, proporre ai lettori come positivo quello che nella vita positivo non è. In Harry Potter la potenza oscura della magia industriale da cui Tolkien ci ha messo in guardia è apparentemente addomesticata a far del bene, ma proprio in questo risiede la menzogna più grave.

Tolkien ci propose qualcosa di grande e vero, perché tutti noi possiamo essere Frodo, e Lewis ci ricorda la stessa cosa con i suoi eroi- bambini. Ogni uomo, così com'è, può cambiare il corso del mondo, perché portatore di un valore infinito, sconosciuto a lui stesso. Proporre un giovane che viene invece addestrato nelle arti magiche è una scelta sub-creativa fondamentalmente, fondamentalmente sbagliata; con essa vengono "sedate" le antiche e fondamentali avversioni che la sana tradizione occidentale ha in noi suscitato per secoli contro la manipolazione violenta delle cose e delle persone che è propria della stregoneria, e vengono invece risvegliati l'ambizione e la sete di un conoscenza elitaria, magari a fin di bene... come direbbe Saruman. I libri della Rowling mostrandoci come buono o neutrale in un altro mondo ciò che è assoluatemente cattivo in questo nostro, generano una grave confusione morale.

Il neopaganesimo di romanzi come quelli della Rowling presenta errori infinitamente maggiori di quelli del paganesimo antico, che nei suoi geni più acuti ci ha consegnato opere struggenti e fondamentalmente vere. In esso invece convivono gli aspetti deteriori della tarda antichità, una commistione di gnosi cristiana e paganensimo degli ultimi secoli, mescolata a nuove e - apparentemente, perchè l'uomo combatte da sempre con gli stessi nemici dentro e fuori di lui - più recenti menzogne: le formule magiche dei maghi rinascimentali, contro cui già il grande Torquato tasso ci aveva messo in guardia, distanziandosi da Ariosto. In Harry Potter manca vera profondità, perché la sua struttura morale è minata alla base.

Una critica ad un romanzo è dunque sempre anche e soprattutto una critica filosofica, giacché bellezza, fascinanzione e verità non sono divisibili né nella vita né nell'arte, pena gravi malformazioni e pericoli. E' sempre il sonno della ragione a generare mostri. Sarebbere bastato questo per dare ulteriore peso alle affermazioni del "filosofo" Ratzinger.

Io sono convinto che un uomo debba vagliare quello che gli sta dinanzi alla luce delle proprie convinzioni e del proprio metro morale. Per quanto mi riguarda sono fortemente persuaso che quanto la Chiesa e le opere più belle della nostra tradizione ci abbiano insegnato sulla magia sia profondamente vero. Insegnare vuol dire trasmettere qualcosa ai volti dei ragazzi che ti fissano, consegnare loro un tesoro bello e vero che viene dal tuo passato, che ha aiutato e illuminato la tua vita e che potra essere decisivo anche per la loro. Queste sono le buone storie che insegno e racconto e cerco di mettere a disposizione in italiano col mio lavoro di traduttore dei grandi scrittori cristiani inglesi e americani, che è la mia occupazione principale e più cara. L'elenco di questi tesori è grande, grazie al Cielo, ma Harry Potter non è certamente tra questi; il suo immaginario simbolico è confuso e pieno di gravi errori. In esso viene proprosto al lettore di parteggiare per una cosa non vera dal punto di vista morale. E questo non è mai un bene, per quanto avvincente possa essere la trama.

Grazie per la vostra cortese attenzione, rimango a vostra disposizione per ulteriori chiarimenti e curiosità.

Edoardo Rialti, Firenze

PS: il dott. Gulisano ha affermato, non discutendo così le posizioni da me espresse, che l'articolo sull'"Osservatore" era solo un taglia e incolla dagli articoli di Michael O' Brien. In questo modo il dott. Gulisano dimostra di non conoscere bene gli articoli di O' Brien stesso. Certamente devo a O' Brien gran parte dell'impostazione del mio pensiero al riguardo, così come devo a Gabrielle Kuby e Mona Mikhail, importanti e decisive illuminazioni e suggerimenti su questo tema ( e sono sempre felice di citarli e ricordarli), ma la struttura argomentativa del mio saggio si basa sulle categorie fornite dallo scritto di Tolkien "Sulle fiabe", le cui fondamentali citazioni presenti nell'articolo sul pericolo del "mago industrioso e scientifico" non sono rintracciabili negli autori sopracitati, così come al questione del disprezzo per i babbani, gli uomini comuni, sottesa alla proposta di un eroe come Harry Potter, e la differenza tra l'opera anti-religiosa alla Pullmann e quella a-religiosa alla Rowling. O' Brien non si è mai pronunciato su "Eragon", sul quale io invece sono stato fortemente critico, legando alcune fondamentali scelte di Paolini ad altri di Pullmann e della Rowling, in una mia mia più ampia trattazione del problema che è possibile trovare sul sito fiorentino di Didattica e Innovazione Scolastica (DIESSE) oppure su "Lineatempo" online, editi entrambi mesi orsono.

Edoardo Rialti insegna Letteratura all Facoltà Teologiche di Firenze e Assisi, dove tiene corsi su Lewis, Tolkien e il valore educativo delle fiabe. E' traduttore e curatore delle opere di Lewis presso le case editrici Marietti e Rizzoli, ed è traduttore delle opere di Thomas Howard e Michael O' Brien. Di sua prossima uscita sono la traduzione e curatela di "Narnia e oltre: i romanzi di C. S. Lewis" di T. Howard, "Dio, l'uomo e Satana" di C. S. Lewis e la traduzione del romanzo "Sophia House" di M. O' Brien.