Prologo: l’Assenza

Nell’oscurità della notte, un lampo trafisse il manto plumbeo delle nubi. Seguì il boato di un tuono, soffocato come un urlo proveniente dalle viscere della terra. Fu allora che le prime gocce di pioggia si abbatterono sui Campi dell’Oblio, l’immenso cimitero all’estremità della Punta Nord di Estasia. Prepotenti e sottili come aghi, colpirono le migliaia di lapidi bianche, graffiarono le statue, frustarono la terra facendone fango. Giunse anche il vento, affilato e gelido. Ululò tra le pietre, sferzò le inferriate arrugginite e si tuffò nella tempesta.

In quel momento, una crepa sottilissima si aprì sulla superficie del Sepolcro dell’Anziano, funesta entrata del Palazzo dell’Inverso. Ci fu una scossa leggera, quasi impercettibile nel caos della bufera. Qualcosa si muoveva nella terra fangosa: una macchia bianca, una mano scheletrica stava riemergendo.

Il Sigillo era spezzato, il Decimo Cancello riaperto.

Improvvisamente le raffiche cessarono, la pioggia si estinse, i lampi si spensero. Il mondo si ammantò di silenzio e restò immobile, perfino la clessidra del tempo sembrava congelata. Poi un rumore secco, il primo passo della creatura nei Campi dell’Oblio.

Non era uomo, non era donna. Non aveva occhi né bocca né volto. Capelli lucenti come l’ossidiana le spuntarono sulla nuca, le coprirono le spalle, strisciarono sul suo corpo e artigliarono il suolo. I suoi movimenti si fecero fluidi, benché continuasse ad avere un incedere lento. Quando raggiunse il cancello, dietro di lei la terra era scomparsa: ogni volta che faceva un passo ciò che restava alle sue spalle era risucchiato nel nulla dai nastri di tenebra della sua capigliatura. Tutto diveniva polvere grigia e la polvere si faceva nulla, e il nulla si trasformava in pura Assenza.

Prima di uscire si chinò lentamente, si fermò quando ebbe appoggiato la fronte sulle ginocchia e rimase in quella posizione alcuni minuti, come se fosse profondamente concentrata, in meditazione. Quando si rialzò non era più sola, c’erano altre tre creature, che fecero un inchino, raccolsero un brandello della sua chioma, si tuffarono nella nebbia blu e scomparvero. L’Assenza era giunta nelle terre di Estasia.

Una delle creature raggiunse la Punta Sud Ovest. Sfrecciò tra colline dimenticate, scivolò leggera tra le steppe, coprì con il suo manto l’Acquitrino del Malaugurio. Ovunque passasse spargeva il sonno della dimenticanza.

Un’altra creatura si diresse verso la Punta Sud Est. Fagocitò il Mare di Globos, annebbiò il Luogo di Amos e oscurò la Foresta del Sud. Nella sua corsa travolse anche la città di Melòdia, dove le propaggini dell’Assenza si insinuarono nei palazzi, soffocando ogni suono e ogni voce.

L’ultima sorvolò le Punte Est del Regno. Inghiottì la Landa dei Ghiacci, divorò la nube in cui fluttuava il Palazzo di Smeriglio, risucchiò la Foresta di Imena.

Quel mondo antico, in cui si erano susseguite numerose Ere, sparì in un vortice di silente agonia. Tutto avvenne in pochi istanti, i suoi abitanti non ebbero neanche il tempo di rivolgere l’ultimo saluto al cielo. Una frazione di secondo, nulla di più, troppo poco persino per poterlo ricordare. E tutto fu assenza. Non dolore, non sofferenza, ma il buio totale dell’anima.

Anche la prima creatura si mise in azione. Scese lungo la Punta Nord, assorbendo il mondo tra le onde dei suoi capelli. Naturalia, il Bosco del Quieto Passo, il Lago dei Sospiri, i Monti Urah, tutto fu tramutato in polvere.

Quando raggiunse la Torre Bianca, era già lì ad aspettarla la Setta delle Ombre, l’ignobile patto del Male che l’aveva generata e che aveva annientato Estasia. Una luna lontana, affacciata dall’ultimo spicchio di cielo emanava un fioco bagliore sulle mura bianche del Palazzo. Intorno, un oceano di carbone liquefatto s’increspava, confondendosi con l’infinita capigliatura dell’Assenza. Mentre lontano rimbombavano voci, sospiri e un’eco trasportata dal vento:

“Sono amore nel dolore.

Sono Paradiso nell’Inferno.

Sono Nemesi.”

Le luci nella Reggia di Darmha si spensero. Il bianco della luna si scompose in guizzi di colore: rosso, verde, blu.

Estasia aveva cessato di esistere.

Una lettura

“Slicha? Ma tu sei una ragazza!” disse Danny tra violenti colpi di tosse.

“Fino a prova contraria. Comunque ho commesso un imperdonabile errore di valutazione. Ti chiedo scusa.” Esitò un attimo, poi continuò in tono pacato. “Posso sapere il tuo nome?”

La gola di Danny era completamente secca, non sapeva più se era stata la battaglia a sfiancarlo o se era l’effetto di quegli occhi smeraldo a farlo sentire privo di forze.