Chi è lo scrittore?

Puoi dirci “chi è” Marco Davide? Dove sei nato, dove vivi, e cosa fai oltre a scrivere?

Sono nato a Roma una domenica mattina del 1976, l’11 gennaio per la precisione. A Roma vivo e Roma ho nel sangue. Sono un ingegnere e lavoro nell’Information Technology.

Come riesci a conciliare la tua attività di scrittore, con il lavoro, la famiglia, figli, ecc. ecc.?

Accetto consigli, più che domande, in proposito! Il tempo è davvero tiranno e io cerco di innestare la scrittura nei suoi ritagli. La sera, nel week-end. Il problema più grosso, quando costringi la scrittura in degli spazi esigui ed obbligati, è che l’ispirazione non sempre ti asseconda. Esistono di conseguenza fasi nella produzione di un romanzo, quella di prima stesura in primis, in cui lo sforzo si moltiplica. Tale sforzo, per quel che mi riguarda, è comunque sempre mitigato dall’entusiasmo che riesco a metterci. Se non c’è quello, diventa tutto più difficile.

Come scrittore, come organizzi la tua giornata lavorativa? Ogni scrittore ha una sua ritualità nello scrivere, quale è la tua

Scrivo la sera e nei week-end, dicevo. In generale, dipende da quanto devo affrontare. Una revisione posso portarla avanti in maniera più discontinua, così come la stesura di appunti o linee guida, mentre se devo buttare giù qualcosa di nuovo, ho bisogno di un intervallo congruente di tempo, in cui lavorare possibilmente indisturbato. Soprattutto se si tratta di passaggi cardine del romanzo.

Senti di avere raggiunto qualche traguardo?

La pubblicazione, per ogni scrittore, è un sogno liberato dal cassetto, e io non faccio eccezione. Con essa sento di avere imboccato un sentiero e, con l’uscita del secondo romanzo, vivo l’impressione di avere raggiunto un primo incrocio. Che è un altro traguardo, a ben vedere. Ma la strada è così lunga, che vale la pena rimettersi in marcia per la prossima tappa, piuttosto che soffermarsi a pensarci.

Leggere

Quali sono i tuoi hobby, il passatempo preferito, cosa ti piace leggere? E quali sono i tuoi autori preferiti?

Pratico sport, negli ultimi anni arti marziali, e coltivo una passione intatta per gli aspetti

ludici della vita. Mi dedico al collezionismo e, per l’appunto, a diverse attività “ricreative”: board-game, wargame, role-playing. Amo i fumetti, sia italiani che stranieri. Dopo diversi anni di manga, ultimamente ho iniziato a riempire i miei scaffali di graphic novel (Moore, Miller, etc.). Quanto alla narrativa, sono un lettore onnivoro. E’ il tempo che mi difetta, non la voglia. Fantasy ma non solo. Romanzi, novelle, racconti, saggi. Ho i miei periodi monotematici, ma in generale mi piace inframmezzare. Tra gli autori preferiti, pongo Stephen King sopra a tutti.

Quando hai iniziato a leggere e cosa? E quando hai scoperto la narrativa fantastica? Ti ricordi i primi titoli letti?

Ho ereditato l’amore per la lettura da mia madre. Se sforzo la memoria a tornare indietro, mi sovviene Gianni Rodari. Assieme a lei ho letto il mio primo vero romanzo, avrò avuto otto anni. Era La Storia Infinita di M. Ende: una porta aperta che non si è più richiusa. Con la biblioteca delle scuole medie ho iniziato invece la mia carriera di lettore autonomo. I primi volumi? I Cavalieri della Tavola Rotonda e La Ricerca del Santo Graal. Ci credete?

Quali autori ti fanno da "guida"? Cosa leggi abitualmente?

In parte ho già risposto prima. Riconosco a Stephen King un ruolo importante nello sviluppo del rapporto che ho finito con l’instaurare con la materia narrativa. Al suo modo di affrontarla, più che al contenuto delle sue opere. In generale, è proprio questo a guidarmi: se leggo qualcosa che mi appassiona, sviluppo nel contempo la voglia di produrre in prima persona. Non mi riferisco a un’ispirazione di contenuti, di nuovo, ma alla voglia di creare, di par mio, qualcosa in grado di appassionarmi allo stesso modo. Scriviamo ciò che desidereremmo leggere, in fondo.

Che libro hai in questo momento sul comodino?

Ne ho due: Il Segreto di Krune di Michele Giannone e Omero, Iliade di Alessandro Baricco.

Per concludere, vuoi darci un consiglio di lettura?

Ho la mia personale lista di “dieci libri da portare assolutamente in caso di soggiorno su di un’isola deserta.” Considerato l’ambito dell’intervista, mi limiterò ad alcuni titoli attinenti. Innanzitutto Dune di F. Herbert, esperienza di lettura unica che a mio avviso nessuno dovrebbe negarsi. Poi dico Io Sono Leggenda di R. Matheson, che avrebbe meritato allori ben prima della riduttiva trasposizione cinematografica. Infine, pur non essendo fantastico, ci terrei a citare Q. di L. Blisset che, a suo tempo, mi ridonò la voglia di tornare a scrivere.

Scrivere

Quando hai scoperto, e come, che avevi qualcosa da dire, che sentivi la necessità di scrivere? E quando hai iniziato e su quali argomenti? Quale è stato il percorso che hai affrontato prima di veder pubblicato un tuo romanzo? Hai ricevuto molti rifiuti?

Fin dall’infanzia, ho vissuto l’impulso di esprimere su carta la mia interiorità. Per anni l’ho fatto tramite il disegno, finché non mi sono reso conto che la parola mi offriva un canale complementare. Undici anni fa, al termine di una fase di crescita della mia vita, mi sono ritrovato dentro un’emozione complessa da esprimere e, dopo averci riflettuto a lungo su, mi sono reso conto di come una pila di fogli avrebbe potuto accoglierla con efficacia.

Nasce così la Trilogia di Lothar Basler. Per anni ho tenuto il lavoro per me e per chi, fra quelli che mi erano vicini, voleva condividerlo. Ho scritto per soddisfare un’esigenza intima, senza pensare alla pubblicazione. Quando, spinto dall’esterno, mi sono deciso a provare, ho seguito la strada più lineare: ho contattato le case editrici che trattavano il genere e, a quelle interessate, ho spedito il materiale. In un tempo relativamente breve ho ricevuto un rifiuto e due proposte, oltre ovviamente ai casi in cui l’editore m’ha semplicemente ignorato. Ho scelto la Armando Curcio e mi sono ritrovato in libreria.