Capitolo Primo

La notte di sangue

La Bruma Sanguigna non mi faceva paura.

Japo, il figlio dello stalliere, era solito dirmi: – Non te ne accorgi perché sei ancora un ragazzo, ma chi non è più tanto giovane, come me, lo sente quanto fa male.

Diceva che rende il respiro affannoso: ogni movimento costa fatica, e per alcuni giorni ci si sente come un po' malati. E non c'era bisogno di respirarla. Rubava la vita anche soltanto a stare troppo vicino.

Ma quella notte dovevo trovare Damiano, il capo dei soldati, quindi non me ne preoccupavo. Correvo verso la casa del Borgomastro, una costruzione a ridosso della palizzata che circondava il villaggio dov'era  anche il nostro presidio armato. I nemici erano lì fuori,  sentivo le loro urla. Tutti si erano nascosti. Mio padre  non voleva farmi uscire, ma ero scivolato fuori: appartenevo alla milizia e dovevo andare a dare man forte.

Arrivai correndo al presidio,  chiedendomi se fosse giunto il momento del mio primo combattimento. Le guardie stavano uscendo veloci e Damiano, con scudo e spada si era messo alla testa del drappello. Quando mi vide gridò: – Gli uomini di Malacresta sono usciti dalla Bruma e hanno attaccato le fattorie esterne! Tu rimani a guardia del cancello e se arrivano altri della milizia dì loro di stare con te. Noi andiamo ai frutteti.

Mi passò una lancia con sguardo preoccupato ma per un attimo sorrise, poi sparì nella notte alla testa dei suoi uomini. Sbarrai il cancello col paletto  e mi arrampicai sulla palizzata per guardare. Vidi scomparire le guardie, la Bruma Sanguigna – sebbene ora un po' meno fitta – non permetteva di scorgere il frutteto. La luce della luna creava un brillio diffuso, la nebbia rossa scivolava sui prati in lente spirali.

Udii le grida, e il clamore del combattimento. Immaginai che Damiano e i suoi compagni fossero in pericolo ma non sapevo cosa fare. Nessun altro della milizia si era fatto vedere, ed eravamo in venti. Non era certo il caso di andare lasciando la cancellata aperta e incustodita, ma potevo facilmente arrampicarmi ancora un po', scavalcare la palizzata e saltare all'aperto, così l’ingresso del villaggio sarebbe rimasto sbarrato.

Avevo paura, ma lo feci. Speravo che la Bruma Sanguigna mi nascondesse, anche se le leggende dicono che il nemico non ne è accecato come noi. Corsi nella direzione dello scontro, chiedendomi se sarei stato in grado di fare la mia parte, e per la prima volta ne sentii l’effetto malsano: mi toglieva il respiro e mi stancava. Ma non avevo tempo per pensarci. Giunsi a una recinzione, il frutteto era poco più in là. Vidi alcuni uomini combattere, due corpi erano già a terra, da una parte le guardie, dall’altra  i “pidocchi,” la marmaglia al soldo di Malacresta, il Barone rinnegato.  

Cercai di sporgermi ma ebbi paura e rimasi dove mi trovavo: gli avversari erano troppi... i nostri combattevano, e tra loro vidi Damiano lottare come una furia contro quello che sembrava il capo. Un suo fendente colpì il pidocchio al volto, sfigurandolo dalla fronte al mento, ma era circondato da una moltitudine e le forze gli stavano venendo meno.

Da dietro, oltre il muro della Bruma, si udivano pianti di donne e grida di bambini: lo scempio che Damiano aveva cercato di evitare.

I vigliacchi lo assalirono da ogni parte, come un branco di sciacalli, e alla fine la lama di uno di loro trovò il bersaglio. Quando Damiano cadde ruggì come una belva ferita, ma il pidocchio che aveva sfregiato poco prima sopraggiunse spostando rudemente i compagni e con un'espressione d'infame soddisfazione sul volto gli conficcò la picca nella schiena, spingendo finché  il soldato rimase immobile.

Era tutto finito, silenzioso. I pidocchi trascinarono via un paio dei loro, morti nello scontro. Anche le grida dei prigionieri diventavano fioche e lontane: li stavano portando verso un terribile destino. Dietro di me il villaggio era rimasto al sicuro, almeno la parte difesa dalla palizzata: non avevo da preoccuparmi per la mia famiglia, però mi vergognavo per essere rimasto lì, paralizzato dalla paura.

Solo dopo un po’ di tempo ebbi il coraggio di muovermi, quando la Bruma ormai si era quasi diradata.

Lasciai cadere la mia inutile lancia e camminai sul letto di foglie secche, guardando i coraggiosi che avevano cercato di resistere. Sei guardie, tutte morte. Damiano giaceva in disparte, fra gli alberi del frutteto. Le case poco più in la erano macchie scure nella notte, silenziose. Una bruciava, gettando bagliori arancioni attorno, ma sapevo che dentro non c'era nessuno: gli abitanti erano stati portati via, verso il sacrificio, dalla marmaglia che ci aveva aggrediti.

Mi avvicinai al  corpo di Damiano. Solo allora mi resi conto che eravamo solo un gruppo di ragazzini, noi della milizia, e nessuno si aspettava davvero che facessimo qualcosa. Damiano non s'era aspettato di vedermi, e mi aveva lasciato a guardia della porta perché rimanessi al sicuro dietro la palizzata. Quanto a lui stesso, forse sperava di poter aiutare quelli delle fattorie, ma probabilmente aveva già capito come sarebbe andata a finire.