La storia che state per leggere non inizia con la pubblicazione di Harry. E nemmeno con la sua ideazione. Comincia, come tutte le fiabe che si rispettino, tanto, tanto tempo fa… È il 1971. Una bimba di circa sei anni ha appena terminato un racconto di cui va molto fiera: un coniglio di nome Rabbit contrae la rosolia e per questo motivo riceve la visita di tutti i suoi amici, compreso un insetto gigante che si chiama Miss Bee.

Joanne Rowling, questo il nome della bimba, capisce da quel momento ciò che vorrebbe fare nella vita: scrivere. La piccola non sa ancora di avere appena infilato, con quella semplice decisione, un piccolo seme dei desideri nel proprio cassetto dei sogni. Non un sedicente Campo dei Miracoli come quello prospettato a Pinocchio dal Gatto e la Volpe, bensì un luogo schietto, al di là di questa nostra dimensione, in grado di fruttificare splendidamente quel seme che ora custodisce. A patto però che la bambina continui a nutrirlo nel proprio cuore.

Infatti, questo è ciò che, inconsapevolmente, Joanne continua a fare negli anni seguenti. Anni difficili e turbolenti, come vedremo. Crescendo, la ragazza ha ceduto alle pressioni della famiglia – che non vedeva la carriera di scrittrice come mezzo per costruire un solido futuro – e ha studiato lingue anziché letteratura, finendo per fare l’insegnante, la segretaria bilingue e l’impiegata per Amnesty International. Ma, nel frattempo, Joanne ha continuato a scribacchiare. Sempre. Nei momenti liberi della giornata, alla sera a casa, e persino durante le ore di lavoro, quando pensa che nessuno la stia guardando (questa pratica le frutta anche un licenziamento). Scrive racconti, due romanzi per adulti mai terminati e si cimenta con vari generi. Per sua stessa ammissione, scrivere diventa una compulsione, e in certi momenti tragici della sua vita, sarà una vera ancora di salvezza contro la follia.

Nonostante l’abnegazione, nessuno conosce il suo segreto. La ragazza non ne ha mai parlato a chicchessia, se non al suo migliore amico Sean Harris, per paura di eventuali commenti negativi che la inducessero a desistere. “Fabbricavo scuse ridicole per non unirmi ai miei colleghi a pranzo”, rievoca la scrittrice riferendosi ai tempi in cui sfruttava persino quegli intervalli per sfogare la propria passione. “Ero così sfuggente su dove mi recassi, che un collega mi chiese se avevo una storia con qualcuno. È stato allora che ho iniziato a scrivere nei caffè e nei pub, e non ho mai trovato difficile escludere il rumore di sottofondo”.

In questo modo l’antico seme, al sicuro per anni nel cassetto dei sogni, avrà modo di svilupparsi, mettere radici e trasformarsi in una pianta con vigorose foglie e piccoli boccioli. Fino ad arrivare al giorno in cui non le resterà altro che schiuderli in magiche corolle. Per farlo, la pianta chiamerà in aiuto, dalla loro dimensione, i suoi naturali alleati: le idee. Veicoli formidabili che dall’alba dei tempi hanno sempre trovato modo di far fiorire le prodigiose piante dei desideri, di farle fruttificare e di esportarne i frutti nel mondo reale. E la pianta di Joanne sa che, anche per aprire i propri boccioli, il procedimento non fa eccezione: ci vuole un’idea, un’idea dannatamente buona.

Diciannove anni dopo l’episodio del coniglio Rabbit, Joanne è seduta su un treno diretto a Londra, dove al momento vive e lavora. Il weekend è appena terminato e lei lo ha trascorso a Manchester, dove risiede il suo fidanzato, cercando un posto dove metter su casa con lui.