Sabato 4 giugno ai DelosDays di Milano si è svolto l’incontro con lo scrittore di fantascienza Robert J. Sawyer. Fra le sue storie vi sono Flash Forward. Avanti nel tempo, opera dalla quale è stata tratta anche una serie televisiva, Furto d’identità e diversi romanzi pubblicati nella collana da edicola Urania, l'ultimo dei quali è WWW 1: Risveglio.

La Convention era divisa in giornate tematiche, con il giovedì dedicato ai generi horror e urban fantasy, il venerdì alla fantasy classica e il sabato alla fantascienza. Davanti al suo pubblico Sawyer ha dato la propria opinione riguardo ai generi.

A suo giudizio la fantascienza è la narrativa mainstream di una differente realtà alternativa. Chi agisce in un romanzo di fantascienza insomma non ha mai la sensazione di vivere in un mondo per certi versi strano. La realtà è quella che lui vive, e non potrebbe essere nulla di diverso. Per questo lo scrittore deve essere estremamente attento a come fornisce le informazioni sul mondo. Come a uno scrittore mainstream non verrebbe mai in mente di spiegarci la funzione dei comuni elettrodomestici che si trovano nelle nostre case, lo scrittore di fantascienza non può spiegare la tecnologia a un lettore che per forza di cose non la conosce, altrimenti la finzione narrativa verrebbe meno. Lo scrittore deve fornire tutte le informazioni necessarie senza mai dirle direttamente: il lettore cioè viene trattato come un abitante di quel particolare mondo che perciò sa già come esso è costituito.

Inoltre, dettaglio fondamentale, mentre dalla nostra realtà è possibile arrivare alla realtà narrata nelle opere di fantascienza, con la fantasy questa è una cosa impossibile perché la magia non esiste, e per quanto tempo qualcuno possa trascorrere al binario 9 e 3/4 l’espresso per Hogwarts non passerà mai.

La spiegazione, esposta in modo brillante, rivela la presenza di quel pregiudizio di superiorità che talvolta colpisce gli amanti della fantascienza quando guardano un genere di narrativa non poi così lontano da loro, la fantasy. Anche se l’intento di Sawyer non era quello di denigrare un genere quanto quello d’illustrare il suo modo di intendere la narrativa – la spiegazione comprendeva anche i motivi per i quali le definizioni fornite da Hugo Gernsback e Isaac Asimov non erano corrette – le sue parole meritano qualche riflessione.

In primo luogo è difficile mantenere una netta separazione fra i due generi, che spesso si mescolano fra loro per dare origine a opere che contengono elementi di entrambi.

Se leggiamo Naufragio sul pianeta Darkover di Marion Zimmer Bradley siamo chiaramente davanti a un romanzo di fantascienza. Un’astronave ha fatto naufragio su un pianeta scarsamente abitato e fuori da ogni rotta commerciale, e i sopravvissuti all’impatto si trovano a dover sopravvivere in un ambiente ostile. Se però leggiamo La signora delle Tempeste della stessa autrice siamo altrettanto chiaramente davanti a un’opera fantasy. La società è di tipo feudale, con una rigida divisione in caste e la tecnologia è praticamente inesistente, a parte quella basata sull’utilizzo di alcuni poteri telepatici che sembrano tanto magia. Sono due romanzi diversissimi ma ambientati sul medesimo pianeta, con gli eventi del secondo che sono successivi a quelli di Naufragio di qualche centinaio di anni. E facendo un altro lunghissimo salto nel tempo c’è un corposo gruppo di romanzi, da La spada incantata a L’erede di Hastur, da La catena spezzata a L’esilio di Sharra, che propone il confronto fra darkovani e terrestri, il cui impero ha riscoperto il pianeta dove 2.000 anni prima era avvenuto quel naufragio. In questi romanzi c’è il constante confronto/scontro fra la civiltà tecnologica terrestre e quella medievale darkovana, o, più semplicemente, fra tecnologia e magia. Definire a quale genere appartengano i volumi, perciò, diventa estremamente complicato.

Per quanto riguarda il discorso che per il protagonista di una storia di fantascienza il mondo in cui vive è l’unico che possa esistere, e tutto ciò che lo circonda è assolutamente normale, questo vale anche per il protagonista di una storia fantasy. Anche per i personaggi fantasy in genere il loro mondo è l’unico che esiste, a meno che lo scrittore non abbia deliberatamente inserito realtà parallele, ma in questo caso le realtà parallele divengono un elemento fondamentale della trama. E anche il protagonista di una storia fantasy percepisce il proprio mondo come normale e non si mette mai a spiegarlo, almeno non se lo scrittore è abile. La regola di fornire le informazioni senza dirle direttamente, mostrare e non raccontare, vale per qualunque genere di narrativa, pena l’uscita per il lettore dallo stato di sospensione dell’incredulità e la noia più totale.