La stagione televisiva americana iniziata lo scorso settembre prometteva bene per gli appassionati di serie tv fantasy e fantastiche, e per una volta non ha deluso. Il fantastico ha trovato spazio non solo nei canali via cavo (vedi Il Trono di Spade, Camelot), che per loro natura hanno nicchie di pubblico verticali e ben definite e propongono più facilmente produzioni di genere, ma anche sui grandi network nazionali (vedi Grimm e Once Upon a Time), che invece cercano i massimi ascolti possibili con produzioni che possano attirare fasce di pubblico diverse. Ora che abbiamo passato la boa di metà stagione è tempo di fare il punto della situazione e vedere cosa ha avuto successo e cosa rischia di non venire rinnovato per il 2012-2013.

Per dare un’idea del contesto del mercato televisivo americano va fatta una premessa: la serie tv oggi in assoluto più vista in America, la gallina dalle uova d’oro della fiction seriale americana, è la serie procedural NCIS, che ha raggiunto e superato i 20 milioni di spettatori. E’ a questo tipo di risultati che tutti i network aspirano, ma numeri alla mano bisogna ammettere che la strada per arrivarci non passa dal fantastico o dalla fantascienza, quanto piuttosto da produzioni che possano attirare un pubblico trasversale. Nel caso specifico, NCIS è un prodotto professionale, ben fatto, con una certa rassicurante ripetitività in termini di situazioni e personaggi. Il risultato è una serie gradevole per un pubblico molto ampio, da cui la chiave del suo successo negli ascolti.

Tenendo presente questi numeri, il successo dell’anno nella serialità tv a tema fantastico è sicuramente Once Upon a Time, che ha raggiunto i 10 milioni di spettatori, risultato insperato anche dallo stesso network produttore, ABC. L’unica critica sollevata da alcuni è stata l’estrema linearità del canovaccio di partenza della serie: in caso di successo, come costruirci sopra una storia articolabile in più stagioni? Una risposta potrebbe essere modificare sostanzialmente la storia in corso d’opera, un trucco difficile da fare senza perdere in ascolti, perché di solito gli spettatori originali che hanno seguito lo show dal pilot non amano che gli si cambi direzione in corsa. Operazione difficile ma fattibile, soprattutto considerando che è già stato fatto con successo in Lost, che partiva come una serie d’azione, thriller e mistery su un disastro aereo, e ha finito con l’essere una serie fantasy sull’esplorazione delle debolezze e delle risorse dell’umano spirito. (Per gli estimatori: per altri invece Lost è il miglior bluff della storia della tv, ma questa è un’altra storia, e la racconteremo altrove). Per inciso, i creatori di Once, Edward Kitsis e Adam Horowitz, erano tra gli sceneggiatori di Lost.

Il Trono di Spade
Il Trono di Spade

In termini di critica invece il vincitore del 2011 è sicuramente Il Trono di Spade, serie estremamente fedele ai libri di George R.R. Martin da cui ha origine. Ha toccato ascolti altissimi per HBO, dimostrando, finalmente, che si può fare un fantasy adulto, complesso, articolato e moralmente ambiguo. La serie è stata uno sforzo produttivo considerevole, con costi che hanno raggiunto i 5-6 milioni di dollari per episodio, ma che evidentemente hanno ripagato visto che la seconda stagione è già in produzione.

Anche Camelot, andata in onda in primavera su Starz, ha avuto un buon riscontro di pubblico, ma è stato comunque cancellato per non meglio specificati “problemi di produzione”, che probabilmente si riferiscono alla gestione del cast – in cui spiccavano Eva Green e Joseph Fiennes – e ai costi di realizzazione (7 milioni di dollari per episodio).

Merita di essere incluso anche The Walking Dead (trasmesso su AMC,) partito nel 2010, che ha aperto il secondo anno con un enorme successo di pubblico: 7.26 milioni di persone, nuovo record di ascolti della storia della televisione via cavo. Lo show è stato immediatamente confermato per una terza stagione e ha tranquillizzato chi si domandava come sarebbe proseguita la serie dopo il licenziamento del suo creatore, Frank Darabont, già regista de Le Ali della Libertà e de Il Miglio Verde. Una fetta di pubblico e appassionati temeva un calo di qualità che, per ora almeno, non si è visto.

Grimm invece è quello che in America chiamerebbero il “black horse” della situazione, ovvero lo sfidante che potrebbe rubare la scena a sorpresa. La serie è partita in sordina ma di settimana in settimana ha guadagnato più pubblico, salvo poi iniziare a perderne proprio poco prima della pausa natalizia, curva negativa proseguita anche al suo ritorno sugli schermi a gennaio, quando ha toccato i 4.62 milioni di spettatori. Se i numeri continueranno a calare la sopravvivenza dello show sarà in forse. Un peccato, perché Grimm sta cercando di coniugare generi diversi (procedural drama e fantastico) con una declinazione adulta, e sembra aver trovato un buon equilibrio tra fantasy, horror e realismo grazie soprattutto alla direzione sicura di Jim Kouf e David Greenwalt, già produttori rispettivamente di Angel e Buffy: The Vampire Slayer. E la parentela con le serie di Josh Wheadon si sente, nelle atmosfere e nei toni delle storie, e soprattutto nell’ambiguità morale dei personaggi, in particolare di Eddie, il Lupo Cattivo (Silas Weir Mitchell), che non a caso ruba sistematicamente la scena al protagonista.