Dopo almeno un anno di attesa, domenica 17 il canale via cavo HBO ha trasmesso il pilot di Game of Thrones, la serie tv tratta dall'omonima saga di George R.R. Martin. Di Game of Thrones si parla da prima ancora che la produzione vera e propria iniziasse; gli autori hanno studiato una campagna marketing estremamente efficace e pervasiva, sfruttando appieno le potenzialità della rete, tra blogger e siti di appassionati di fantasy e fantastico. E hanno avuto ragione, perché la curiosità era tanta: la serie è stata pubblicizzata toccando i tasti giusti per sollevare l'interesse degli appassionati: sarebbe stato un fantasy adulto; avrebbe dimostrato che il genere non deve necessariamente essere infantile (e/o dedicato a un pubblico infantile); che il fantasy non deve essere necessariamente una rilettura semplicista di un passato immaginato; sarebbe stato un Signore degli Anelli per il piccolo schermo. E così via.

Il problema con le alte aspettative è che si corre il serio rischio di deluderle. Infatti, al di là del marketing, del battage pubblicitario e del rumore di fondo, la domanda è: Game of Thrones merita? Sì. Per poter dare un giudizio complessivo bisognerà seguire i prossimi 9 episodi, ma già dalla prima ora il livello generale della produzione è molto alto. Ottimi gli attori, dai bambini ai caratteristi minori. Su tutti svetta Sean Bean, indimenticato Boromir, il cui Ned Stark è un eroe sofferto e appassionato.

Il budget speso per set, effetti speciali, fotografia e costumi si vede e ottiene il risultato sperato, ovvero introdurre lo spettatore nell'universo creato da Martin: dopo i primi cinque minuti la sospensione di incredulità è assoluta. La produzione HBO è un universo complesso, spesso crudemente realistico (le fredde terre del nord su cui comanda la famiglia Stark, la decapitazione del disertore, il banchetto), che non suona falso neppure nei suoi elementi più "magici" ed esotici (Pentos e il matrimonio di Daenerys).

E' facile immergersi nel mondo dei Sette Regni, ed è altrettanto facile dimenticarsi che si sta guardando una serie tv; il pilot ha più il respiro del prodotto cinematografico che della serialità televisiva, e questo è sia il suo pregio che il suo limite: è un pregio perché il ritmo narrativo piuttosto lento permette di inquadrare ognuno dei personaggi principali di una storia incredibile complicata e affollata di protagonisti (come ben sanno i lettori di Martin). I tasselli che porteranno all'azione vera e propria sono collocati con cura, come pedine sulla scacchiera, tanto che il 99% del pilot è preparazione e attesa, chiudendo proprio quando gli eventi si stanno mettendo in moto. Facciamo conoscenza con la famiglia Stark, con re Robert e la sua corte, e se non avessimo il tempo di cogliere almeno qualcuna delle caratteristiche di Ned Stark, della Regina Cersei, di Tyron e Daenerys, solo per nominarne alcuni, il resto della storia non avrebbe né senso né importanza.

Di contro, questa pacatezza è un limite perché gli spettatori abituati a altri ritmi potrebbero trovare la narrazione troppo lenta ed esserne un po' scoraggiati. Sarà interessante vedere se il ritmo cambierà - com'è probabile - mano a mano che la storia proseguirà.

Un ultimo punto non irrilevante: la serie è godibilissima anche per chi non ha letto i libri da cui è tratta. Conoscere la saga di George R.R. Martin aggiunge un livello di comprensione in più al racconto, ma non è essenziale per appassionarsi e lasciarsi coinvolgere dalla storia che si dipana sullo schermo.