L’illusione di essere fiaba: Biancaneve di Tarsem.

Sin dall’inizio lo spettatore è colpito dai colori sgargianti, che quasi accecano le pupille dilatate dal buio della sala. Inevitabile negare che l’immaginario collettivo è influenzato dalla famosa Biancaneve di Disney, da cui è difficile distaccarsi, che è diventata un archetipo della fiaba, surclassando quella letteraria.

Tarsem Singh, il regista, che ha curato la regia di un film assolutamente dimenticabile quale The cell, con Jennifer Lopez, e di un film meraviglioso quale The fall, stavolta accetta la sfida della storia classica, cercando, a detta sua, di ritornare alla fiaba originale. Anche lo sceneggiatore Marc Klein, distintosi per la scrittura di film di cassetta melensi e sdolcinati, emerge con tutte le sue capacità.  Purtroppo neanche l’altro sceneggiatore, Jason Keller, riesce a salvare un barlume di immagine dignitosa.

Poco vale la presenza della Diva Julia Roberts. La pretty woman che fu, nonostante la sua prorompente bellezza, che sminuisce quella, ipotetica, della protagonista Lily Collins (Abduction) non riesce a intrattenere lo spettatore, che a cinque minuti dall’inizio, invoca la pausa per bere un caffè.  Eccellente interpretazione del principe Armie Hammer (The Social Network, J. Edgar), a cui va il consiglio di presentarsi in qualche soap argentina nella speranza di poter emergere fra i ciechi. E proprio di soap bisogna parlare. Il film sembra quasi un’istigazione dei bassi istinti pettegoli e ottundenti. Banali e scontate anche le ricerche di plauso. I momenti ironici sembrano rubati da comiche degli anni ’70. 

Brillano anche i costumi per la loro bruttezza. Se un principe fosse vestito con degli abiti sartoriali di quel tipo, gli consiglierei di provare da H&M, sicuramente troverebbe delle cose che gli cadano con meno difetti.

Lily Collins è pregnante quanto una notizia giunta sei giorni dopo l’accaduto. La si guarda e si vede il nulla. Lo sguardo vacuo e l’inesistente presenza scenica contribuiscono alla caduta verticale delle palpebre delle vittime volontarie in sala. Per non parlare della trovata geniale di trasformarla in un samurai, al fianco dei nanetti che, riprendendo l’originale storia, sono dei banditi. Fastidioso come l’orrorifico Gnomeo e Giulietta, ci si compiace solo di una cosa: la fine. 

Ma ecco la sorpresa: nel momento in cui si pensa di essere salvi, Tarsem, con colpo da maestro, sfodera la canzoncina della protagonista in stile Bollywood, con la partecipazione di tutti gli attori. 

Ed ecco il collasso degli spettatori.