Un aspirante attore catanese (Elio Germano), arriva a Roma in cerca di fortuna prendendo in affitto una vecchia casa nel quartiere di Monteverde vecchio. Scoprirà presto, di non essere l'unico inquilino dell'appartamento, abitato dai fantasmi della compagnia teatrale Apollonio (tra cui spiccano il capocomico Beppe Fiorello, da cui il gruppo prende il nome, la bellissima Vittoria Puccini e la ballerina Margherita Buy). 

Nessuno degli spettri si rende conto della propria condizione, il gruppo continua ad abitare la casa convinto che la guerra sia ancora fuori dal loro rifugio, sebbene siano morti nel 1943.

Il giovane, solitario per natura, instaura presto un rapporto con i suoi spiriti arrivando a una convivenza insolita quanto piacevole e reciprocamente utile: il ragazzo si fa insegnare i trucchi del mestiere di attore e in cambio, come in tutti i classici del genere, gli spettri chiedono aiuto per scappare dai nazisti, scoprendo infine di essere morti con tutte le conseguenze del caso.

Il film di Ferzan Ozpetek, risulta un affresco delicato su un tema complesso come l'accettazione di se stessi e il labile confine tra realtà e finzione che corre in parallelo con la lotta eterna tra essere e apparire. Il regista, ricorre al mondo dell'omosessualità e del travestitismo per un puntuale commento sociale intriso di rimandi al teatro e alle maschere della vita, ormai più finte dei numeri di avanspettacolo della compagnia Apollonio del film, che strizza l'occhio a questi fantasmi tanto quanto ai sei personaggi in cerca di autore e all'opera pirandelliana in generale attraverso le citazioni di I giganti della montagna e dei Quaderni di Serafino Gubbio operatore.

Questo ci riporta ad una domanda, la prima che mi è venuta in mente uscendo dalla sala: sono andato a vedere, come indicato dai giornali e dalla critica, un italianissimo film d'autore oppure ho visto un prodotto diverso dal solito panorama nostrano e che può essere descritto come fantastico? Sarà un omaggio al teatro di Pirandello ma cosa vieta a un film di genere di rendere omaggio al teatro? Non è forse dal mondo dell'immaginario che lo stesso autore siciliano muove gran parte della sua opera umoristica?

Cosa è fantastico e cosa non lo è? Da anni ormai, nel nostro paese, il cinema e la letteratura subiscono una ghettizzazione culturale secondo cui i generi dell'immaginario appartengono a categorie artistiche inferiori. In special modo il cinema di genere, subisce valutazioni negative semplicemente perché legato a tematiche fantasy o sci-fi, intese come morte dei contenuti rispetto al puro piacere commerciale della visione.

Il paradosso italiano vuole che i prodotti chiaramente fantascientifici o fantastici dei grandi registi vengano sminuiti, ignorati o dimenticati. Questo è il caso dei classici di 2001 Odissea nello spazio, Arancia meccanica, Fahrenheit 451 e Solaris.

Più recenti, ma altrettanto significativi sono lavori come Dune di David Lynch o il favolistico Melancholia di Lars Von Trier, senza contare la maggior parte dei lavori firmati da Terry Gilliam con o senza il gruppo dei Monty Python.

In tutti questi, innegabili, casi di pellicole chiaramente legate al fantastico o alla fantascienza, la critica nazionale preferisce glissare, denigrare tali lavori o riposizionarli  nella generica, e sempre utile, categoria dei film d'autore sebbene la parentela di questi film con La storia infinita sia più prossima rispetto a Dogville, AmarcordMulholland Drive.

Eppure l'Italia è il paese di Elio Petri con La decima vittima, di Cabiria e del genere peplum così come di Mario Bava con il suo storico Diabolik.

Perché questa pellicola delicata e agrodolce di Ozpetek non viene inserita nel genere cui appartiene? Siamo sullo stesso piano de Il sesto senso, omaggiato nella pellicola nostrana con una scena citazione. Eppure continuiamo a chiamarlo con un nome che non gli appartiene sebbene sia ascrivibile a prodotti d'importazione come Il Sesto Senso di Shamalayan o il serial Ghost Whisperer: si parla sempre di protagonisti che comunicano e aiutano i fantasmi e i toni a volte farseschi di Melinda Gordon non si allontano molto da quelli a tratti ridicoli della nostra pellicola.

Possiamo girarci intorno, provare a trovare delle differenze nell'ambientazione, nella caratterizzazione, nella tecnica narrativa o nella tipizzazione, ma alla fine, uscendo dalla sala il nostro pensiero non andrà a Mediterraneo, La vita è bella o Le fate ignoranti bensì ai succitati prodotti stranieri cui questa pellicola è certamente legata dalle basi narrative dei media caratterizzanti la componente significante del racconto filmico.