Rapido riassunto. L'ingegnere biomedico Ryan Stone (Sandra Bullock) è alla prima missione nello spazio, fresca fresca di esercitazioni, tra l'altro andate piuttosto male, giusto per enfatizzare il pathos. L'altra presenza di spicco è ovviamente Matt Kowalsky (George Nespresso Clooney), prossimo alla pensione, che a mo' di nonno Mosè allieta le giornate a bordo dello Space Shuttle, raccontando nostalgici quanto triti e ritriti aneddoti della propria esperienza giocando a “celo-manca” con Houston.

Durante una riparazione all'esterno dello Shuttle, dalla base Terra avvertono che una pioggia di detriti russi non intenzionali sta per colpire lo Space Shuttle e, col solito stratagemma del “se non avessi insistito a riparare saremmo ancora tutti vivi”, inizia il dramma.

I due protagonisti, rimasti totalmente soli e isolati nello spazio, cercano di tornare alla prima stazione utile per fare ritorno sulla Terra. Il resto lo scoprirete guardando il film.

A seguire brevi e rapide considerazioni, quasi lapidarie.

Cominciamo da una critica. Di che genere è, Gravity?

IMBD, per esempio, lo definisce drama, Sci-Fi, thriller. Su altri siti troviamo solo thriller e Sci-Fi.

Ma dov'è il thriller? E la Sci-Fi? La morte incidentale di alcuni astronauti professionisti e quelle due, tre gocce di sangue lo rendono un thriller? O forse l'incidente a catena che si genera dal danno dei russi? Una pioggia di detriti nello spazio può essere davvero Sci-Fi? O cosa lo è, verosimilmente è il tentativo di un essere umano di riportare a casa la pelle? O la presa di coscienza del fatto che non serve rifugiarsi nei sogni (o nei fantasmi del passato, nel caso in questione) e dimenticarsi di vivere, giusto per fare una citazione "fantastica"?

Allora, forse, potrebbe essere plausibile definire Gravity un'avventura. James Matthew Barrie, una volta, scrisse che "vivere può essere una fantastica avventura", e in fondo anche Matt Kowalsky- Clooney lo ricorda a Ryan Stone-Bullock: nonostante tutto, anche questa terribile esperienza in cui si rischia di non uscire vivi fino all'ultimo è un'avventura.

Detto ciò preferisco analizzare il film dividendolo per punti, e a ciascuno dare una votazione.

Plot: 3. Canovaccio su cui lavorare estremamente semplice eppure così signfiicativo che la critica rimarrà profondamente divisa come spesso accade, come è successo qui in redazione.

La storia è, in fondo, il viaggio personale di Ryan Stone, che per salvarsi da questa tragedia spaziale affronta soprattutto i propri limiti e fantasmi del passato. Qualcosa di nuovo? No, neanche le riflessioni che vengono proposte nei dialoghi. Brevi ma poco intensi, ecco. Una lunga metafora che, a lungo, risulta un pochino stucchevole.

Qualità della recitazione degli attori e dei doppiatori: 5. Bullock e Clooney sono ormai dei veterani, e sono assolutamente consapevoli di esserlo. Clooney non è poi tanto diverso da Mr Decaffeinato Intenso che vediamo nella pubblicità. È brillante, affascinante, figo, e lo sa. Tanto che ne ironizza pure durante il film, a smorzare le angosce e le paure della collega Bullock, che è in realtà la protagonista del film, ma ne è consapevole? Forse poco. Povera espressività, e il silicone non aiuta. La Stone è un ingegnere biomedico che ha perso la figlia piccola anni prima, non si è mai rassegnata e ha messo la propria vita in stand by, e forse torna a vivere alla fine del film. Il tono sommesso e sensualmente stridulo di Anna Cesareni (voce storica della Bullock) non ha aiutato e manca qualcosa, anche se non si dovrebbe giudicare il doppiatore ma l'attore. Per cui, di conseguenza: la Bullock era l'attrice giusta per questo ruolo? A voi l'ardua sentenza. In questa sede esprimo le mie profonde perplessità.

Tornando a Clooney, come dargli torto in fatto di fascino artistico? In fondo fa il proprio dovere, e lo sa fare. Sarebbe bello vederlo in qualcosa di più impegnativo, questa alla fine era poca roba. Francesco Pannofino, dal canto suo, non fa grossa fatica a permettere allo spettatore italiano di apprezzare la star americana. A differenza della Cesareni è più convincente, dosando all'occorrenza emozioni, carattere, ironia.

Scenografia, fotografia ed effetti speciali: 8. Innegabilmente soddisfacenti. Grande lavoro di squadra tra regista (Alfonso Cuarón), scenografi (Andy Nocholson e Jonàs Cuarón), effetti speciali (come pochi se ne vedono, a cura di Jonathan Bickerdike, Luke Marcel, Matt Wood) e fotografia (Emmanuel Lubezki), quest'ultima, senza esagerare, davvero spettacolare. Ma non era difficile. Si parla di un film ambientato nello spazio, sì, ma anche semplicemente un film prodotto e distribuito dalla Warner Bros. Prodotto, oltretutto da David Heyman, non nuovo a film di portata "fantastica".

La Terra, senza l'uomo, è un posto meraviglioso, ricco, rigoglioso, perfetto. E il fatalista Matt Kowalsky, guardando da lontano il pianeta che gli dà i natali, lo dice più e più volte. E lo spettatore non può che restare a bocca aperta. Cuarón non ha dovuto faticare molto in questo senso, se non a trovare il team tecnico artistico migliore.

Unica pecca il 3D, che non rende ancora più spettacolare il tutto. Anzi, decisamente inutile.

Soundtrack: 8. Voti alti anche a Steven Price, che realizza la colonna sonora del film, empaticamente armoniosa con quanto si dipanerà sulla scena. Ai limiti dell'esaltante, come anche riuscito tutto l'aspetto sonoro.

In conclusione, 3 stelline. Gravity è un film che si lascia guardare con un dignitoso interesse ma non riesce a smuovere chissà quali sconvolgimenti emotivi o catartici, né a farsi ritenere un “mai più senza” della propria videoteca. A parte realizzare di non essere molto più di un “puntolino nell'universo”, non riesce ad avere quella spinta emotiva che ci si aspetta dai viaggi interiori, nonostante la spettacolarità di un viaggio al ritrovamento di se stessi nel bel mezzo dell'universo.

Maria Cristina Calabrese

Gravity è un survival movie realistico. Dimenticatevi la fantascienza. L'ambientazione spaziale è realistica perché basata sull'esistente, non sul futuribile.

Come in tutti i film di questo tipo i protagonisti devono affrontare una serie di prove in un ambiente ostile allo scopo di sopravvivere. Cosa ci può essere di più incompatibile con la vita dello Spazio? Nulla.

Senza anticipare troppo, la catastrofe che darà vita alla corsa per la sopravvivenza di Ryan Stone (Sandra Bullock)  e Matt Kowalsky (George Clooney) non è poi così accidentale e non così improbabile, e ha per principale responsabile l'Uomo e la sua incuria, il suo disinteresse per le conseguenze a lungo termine di quello che fa. Lo Spazio è solo la neutra ambientazione in cui si sviluppano le situazioni drammatiche, non è il nemico in sé, come potrebbe esserlo una giungla o un'isola deserta per esempio.

Detto questo la storia, narrata praticamente in tempo reale, ci porta attraverso una serie di plausibili passaggi narrativi, coerenti sia con l'ambientazione che con le leggi della fisica. Quindi lo Spazio come luogo in cui nessuno può sentirti urlare. Se abbiamo la percezione di rumori è dovuta alla scelta di un punto di vista acustico posto dentro la tuta dei personaggi, che ci porta ad avvertire vibrazioni più che suoni. Complimenti al reparto degli effetti speciali sonori perché siamo a di fronte a un ottimo risultato.

A contribuire all'esperienza immersiva è il 3D, che però ha la sua ragione d'essere solo se abbinato all'IMAX. In questo caso la sensazione di fluttuare nello spazio è reale e forse alquanto disturbante, ma lo scopo è quello. Divertire lo spettatore come se si trovasse sulle montagne russe o lì, accanto ai protagonisti, fluttuando insieme a loro.

Come ogni film che da un certo punto di vista rappresenta un salto tecnico la storia è semplice. La storia non spicca di originalità perché ha dalla sua parte la forza di un'ambientazione poco sfruttata. Chi ha mai visto in un film il quadro comandi di una Soyuz o l'interno della vera Stazione Spaziale Internazionale?

In conclusione siamo davanti a un onesto prodotto d'intrattenimento con tutti i canoni dell'industria hollywoodiana: grande spettacolarità, pericoli a profusione, divi famosi che rispondono con diligenza alle aspettative senza prevalere sul quadro generale; al tutto, perché non fa mai male, aggiungete qualche citazione per soddisfare i cinefili, da 2001 ad Alien.

Se preso per quello che è, una demo un po' più articolata per lo stato dell'arte degli effetti speciali visivi e sonori, allora il giudizio è di 4 stelle.

Emanuele Manco