Le ninfe nascono in Grecia, viaggiano in Italia ma vengono portate sullo schermo in Finlandia, uno strano scambio culturale nel quale una delle serie urban fantasy più discusse degli ultimi anni viene prodotta in uno dei paesi più alieni alla cultura classica. Questa è Nymph, adorata in madrepatria come la svolta del fantastico nelle televisioni nordiche, sempre più influenzate dall'esportazione di prodotti britannici, detestata e discussa in Italia per l'innegabile connotazione erotica e sessuale che la permea, come è giusto che sia visto l'argomento trattato.

Presentata al Roma Fiction Fest 2013 dove ha raccolto montagne di critiche negative, approda in prima serata con doppio episodio su Sky Uno con un doppiaggio "curato", se così si può dire, dalla pur volenterosa Dynit che passa finalmente dagli anime alla televisione internazionale.

Sul trio di Ninfe, Didì, Katie e Nadia, si può parlare molto, sono tutti personaggi complessi nella loro leggerezza dettata da esigenze di regia e fotografia che riescono, con il trucco molto curato, a ricreare quell'aura di "sovrumana bellezza" al di la della mera sensualità delle protagoniste.

Driade la prima, oreade la seconda, protettrice e guardiana del gruppetto, naiade la terza: tre delle ultime Ninfe ormai quasi estinte a causa delle attenzioni sessuali dei Satiri, creati per dominarle e tenerne a freno la condizione di "ninfomania" che porta chiunque, uomo o donna che sia, a provare attrazione verso di loro. I satiri sono cacciatori, predatori sessuali in cerca di prede, una condizione che le protagoniste rifiutano fuggendo per secoli, essendo immortali spiriti naturali, attraverso l'Europa per nascondersi e vivere felicemente la propria vita senza però poter rinunciare alla condizione per la loro incredibile bellezza: l'omicidio.

Come i vampiri, le ninfe posseggono una forte connotazione sessuale, trasferita nella serie con l'assorbimento dell'energia vitale tramite l'atto sessuale che porta alla morte del partner (a meno che non si tratti di un Satiro). Nei secoli è possibile, se si vuole, imparare a non uccidere gli umani durante l'accoppiamento oppure si può rinunciare ai propri privilegi evitando del tutto il sesso ma quando, come nel caso della giovane Didì (nel classico ruolo della ragazza dal passato misterioso e il marchio di predestinata... ancora non si sa per cosa), si è ancora deboli e inesperte, in media a ogni luna piena è necessario nutrirsi. L'accettazione della propria condizione passa per l'omicidio presentato come atto necessario per la sopravvivenza, come ineluttabile condizione delle cose che spinge la protagonista sull'orlo della disperazione fino alla realizzazione di una nuova prospettiva: la scienza può guarire questa condizione naturale del loro stato? Delle tre ninfe, Nadia (medico ed ex assistente di Fleming) sembra l'unica convinta e per questo conduce studi e test in cerca di una cura.

Al di là del valore artistico o tecnico non elevato (certamente la serie presenta degli effetti speciali di bassa qualità e un montaggio quasi imbarazzante), la forte ambiguità non solo sessuale ma anche etica (sono presenti riferimenti alla manipolazione genetica, alla sperimentazione con le staminali, alla legittimazione dell'omicidio nei confronti delle porzioni meno desiderabili della società) della serie, potrebbe essere la principale causa del disprezzo ottenuto da critici ed esperti nel nostro paese.

Certamente non siamo preparati, come non lo eravamo dieci anni fa alla nuova "british invasion" del fantastico, a comprendere le forti differenze culturali con un popolo dalle tradizioni e abitudini radicalmente diverse dalle nostre sia in tema di società, tanto più di libertà dei costumi sessuali.

Trattare l'argomento della bigamia, della sessualità libera e disinibita come viene fatto in Nymphs, provocherebbe non pochi scossoni agli equilibri delle famiglie Martini e Cesaroni, rapporti multipli, rapporti occasionali, rapporti omosessuali, masturbazione, sesso virtuale rappresentano temi delicati, scottanti per noi, ma gli sceneggiatori della serie sono perfettamente riusciti a renderli parte della storia, a inserirli lungo gli assi narrativi in maniera lineare, delicata e quasi frivola senza appesantirli oltre la giusta considerazione e riflessione dettata automaticamente dall'interazione tra la nostra innata capacità critica e il piacere della visione. I nostri "liberi pensatori" che hanno liquidato la serie come "trash all'americana" quando di americano, nella struttura e nella costruzione del prodotto filmico, c'è ben poco, in particolare nei tempi narrativi dilatati propri della narrativa svedese, danese e russa o nella regia legata ancora ai precetti del Kinokismo riformista di matrice post-sovietica.

Tanto più la fotografia che pur valorizzando le belle ma sconosciute attrici, rende gli ambienti involontariamente freddi se paragonati ai nostri ma incandescenti rispetto agli standard televisivi finnici creando una serie oggettivamente difficile da digerire e apprezzare per chi non è un divoratore di letteratura o cinema del profondo nord.

Ai nostri occhi, al di la delle polemiche, resta un prodotto coraggioso, un tentativo notevole e decisamente riuscito dai uscire dagli schemi della televisione nazionale, una lezione che i produttori di casa nostra non sembrano voler ascoltare lasciando ad altri il compito di valorizzare quello che fa parte del nostro patrimonio culturale di ascendenza classica.