La storia di Noah, film diretto da Darren Aronofsky è nota. Ha per protagonista Noé, nipote di Matusalemme, che viene chiamato da Dio a costruire un'Arca con la quale salverà da un imminente Diluvio Universale la sua famiglia e due esemplari, un maschio e una femmina, di ogni specie vivente sulla Terra, eccetto l'Uomo, che deve perire per la punizione divina per i troppi peccati commessi.

Per i dettagli più approfonditi leggere la Bibbia, libro della Genesi.

Il cinema mitologico d'ispirazione biblica è presente nella produzione cinematografica da sempre. In particolare il Patriarca Noè è stato portato in scena 33 volte dal 1920 a oggi, secondo quanto riportato su Imdb.

Ogni lettura di un aspetto così antico della cultura popolare non può quindi che essere filtrata e valutata che rispetto al tempo in cui viene effettuata.

Il Noè interpretato da Russel Crowe è un eroe di un action pre e post apocalittico, la cui ambientazione, più che a un passato remoto, sembra appartenente a un nostro possibile futuro. A tradire questa intenzione è la foggia degli abiti dei protagonisti, dal rozzo ma funzionale montgomery di Noé fino alle corazze dell'avversario Tubal-Cain (Ray Winstone) e del suo esercito.

Il problema di Noah è una disomogeneità di contenuti spiazzante.

Nella prima parte vediamo il mondo violento in cui è cresciuto Noé e come riceva la chiamata. Lo seguiamo nella sua presa di consapevolezza e nella ricerca del Nonno Matusalemme (Anthony Hopkins) e di chi, o cosa, possa aiutarlo a costruire l'Arca.

Il secondo atto, ambientato circa una decina di anni dopo, mostra le fasi finali della preparazione dell'Arca, il conflitto con il resto dell'umanità, comandata appunto da Tubal-Cain, un discendente di Caino che non accetta di non essere stato lui a essere chiamato da Dio per salvare l'Umanità e vorrebbe impadronirsi dell'Arca non per salvare gli animali, ma gli esseri umani. La sua figura, citata nella Bibbia in altri episodi, è stata introdotta nella vicenda per creare una chiara dinamica protagonista-antagonista, enfatizzata dalla discendenza dei due avversari: Noè infatti è addirittura discendente diretto di Adamo, attraverso Set. Lo scontro tra i due è quindi una nuova versione di quello tra Caino e Abele. L'atto culmina con l'arrivo del Diluvio e con una battaglia contro i disperati esseri umani che tentano il tutto per tutto per entrare nell'Arca, in puro stile kolossal.

L'atto successivo è un intimista dramma familiare, che si svolge ovviamente tutto in interno. Scelte drastiche di Noé lo porteranno al conflitto con sua moglie Naameh (Jennifer Connelly)  e i figli  Cam (Logan Lerman) e Sem (Douglas Booth) nonché con la compagna di questi, Ila (Emma Watson).

In pratica l'intera famiglia fa quadrato contro la furia animalista integralista di Noé, convinto che Dio gli abbia affidato non solo la missione di salvare gli innocenti animali, ma anche di sterminare per sempre l'Umanità.

Un Noè psicopatico e paranoico li perseguiterà per nove mesi in modo così ossessivo da fare provare più empatia per Tubal-Cain, rifugiatosi in modo fortunoso nell'Arca e non senza qualche complicità al suo interno, responsabile durante la navigazione dello sterminio di qualche razza animale, visto che per nutrirsi ne ha uccisi un bel po'. 

Tubal-Cain è il personaggio più coerente del film. Ben lungi dall'essere un mero cattivo, è solo un uomo che desidera sopravvivere.

L'ultimo atto, dopo lo scontro finale con Tubal-Cain e i suoi familiari e l'approdo dell'Arca sulla terraferma, vede un Noè solo, povero e pazzo, darsi al bere per dimenticare. Isolato dalla famiglia rivedrà la luce per comprendere che, forse, un nuovo inizio per l'Umanità è possibile.

Quello che alla fine risulta insopportabile dei 138 minuti di Noah non è tanto la sua lunghezza, quanto l'agghiacciante evoluzione del suo protagonista che, presentato come un mite che non vuole neanche recidere un fiore, diventa un animalista integralista disposto a uccidere esseri umani che, in fondo in fondo, animali sono anche loro, pur di vivere secondo valori pseudo-ecologisti. Un fanatico.

Che lo sfruttamento delle nostre risorse del mondo odierno stia diventando insostenibile è un dato di fatto di cui dobbiamo convincerci. Noah cerca di mostrarci l'estreme conseguenze sia del nostro stile di vita, sia dello scontro vegani/carnivori simboleggiato dalla dicotomia Noah/Tubal-Cain. 

La storia di Noah ci vuole dire che i fanatisimi, da ogni lato, sono comunque perdenti e che bisogna trovare una giusta via di mezzo, una sorta di sviluppo sostenibile? Non so. Certo è che la discontinuità di intenzioni del protagonista e una sceneggiatura infarcita di dialoghi banali non rendono un buon servizio a una qualsiasi intenzione di contenuto.

Gli attori, con copioni simili, l'unica cosa che possono fare è recitare al minimo sindacale. Crowe è continuamente sopra le righe, Hopkins sembra preso di peso da Thor e cambiato in fretta e furia. Qualcuno gli dica che deve uscire dal personaggio di Odino per favore.

Da salvare il comparto costumi che in pratica ha immaginato il nostro possibile futuro da disperati, le efficaci musiche e gli effetti speciali all'altezza del budget.

In conclusione siamo davanti un film che, pur presentando una spettacolare messa in scena, alla fine annoia.