Ercole è un cialtrone.

La scoperta non è affatto nuova in realtà, ma in questa produzione diretta da Brett Ratner è resa esplicita dopo i primi 10 minuti da "leggenda".

Tutto deriva in realtà dalla fonte di questa rielaborazione del mito di Ercole, ossia la miniserie Hercules: The Thracian Wars, disegnata da Admira Wijaya su testi di Steve Moore, autore inglese deceduto recentemente, poco noto in Italia ma molto apprezzato in patria, preso a riferimento su come si scrivono fumetti nientemeno che da Alan Moore.

La casa editrice che commissionò a Steve Moore la prima miniserie e il suo seguito, The Knives of Kush, è la divisione comics dell'ex Radical Publishing, un editore che esiste al solo scopo di pubblicare proprietà intellettuali che poi vengano vendute al cinema, tanto da aver cambiato poi il suo nome in Radical Studios, con parecchi progetti cinematografici al suo attivo.

Si tratta dell'editore che ha piazzato a Hollywood Oblivion (1), un fumetto di Joseph Kosinski che in realtà non è mai esistito, e che non lo ha mai realizzato dopo che il film è stato prodotto e distribuito, interpretato da Tom Cruise.

In questo caso il fumetto esiste, raccolto ovviamente in volume, pertanto come è d'uso oggi, leggerete da altre parti, che il film è tratto da un graphic novel. Noi appassionati di fumetto ci teniamo a questi distinguo tra miniserie poi raccolta in volume e romanzo grafico, il non appassionato un po' meno. 

Tutto questo cappello per ribadire che siamo davanti a una rielaborazione di una rielaborazione. Chiunque pensi, dopo più di duemila anni, di avere il monopolio dell'interpretazione autentica di un mito, a mio avviso si sbaglia di grosso.

Non ci sono fatti storici o testi originali a cui essere fedeli o infedeli, ma c'è la incatturabile essenza di un personaggio che nei secoli ha avuto così tante letture che è veramente difficile pensare di aggiungere altro (2).

Questa storia prova a raccontarci la storia di un mezzo cialtrone, perché l'Ercole interpretato da Dwayne Johnson è un abile combattente e dopo l'incipit da leggenda lo scopriamo già nel primo scontro. Magari si fa aiutare dalla sua fama, da buone armi e da un gruppo bene assortito di guerrieri, composto da personaggi con varie abilità: Anfiarao (Ian McShane) abile con la lancia, ma che è anche un profeta, anche se con lui gli Dei si dimostrano tirchi di dettagli; Autolico (Rufus Sewell), veloce con i pugnali; l'arciera Atalanta (Ingrid Bolsø Berdal); il selvaggio Tideo (Aksel Hennie); Iolao (Reece Ritchie), la cui principale abilità è quella di saper bene raccontare le Leggende di Ercole, riuscendo in molti casi a incutere timore negli avversari o a galvanizzare gli alleati del gruppo.

Quando il gruppo viene assoldato dal re di Tracia Cotys (John Hurt) non sta a farsi troppe domande. Una guerra civile sconvolge la regione e il re, nonostante la riluttanza del suo generale Sitacles (Peter Mullan) chiede a Ercole e al suo gruppo non solo di combattere contro l'invasore, l'usurpatore Reso (Tobias Santelmann) ma anche di addestrare il suo male organizzato esercito. Se non bastasse la promessa del doppio del peso del semidio in oro, a convincere Ercole saranno anche i begli occhi della figlia di Cotys, Ergenia (Rebecca Ferguson) che, per non farci mancare anche un bambino nella perfetta storia per famiglie, ha un figlio orfano di nome Ario (Isaac Andrews) che venera Ercole e le sue leggende.

Il gioco, perché di gioco si tratta visto che siamo davanti a un prodotto di onesto intrattenimento, è quello di fare capire allo spettatore, da tanti indizi, che le cose non sono come sembrano, ma di fare brancolare nel buio il protagonista, che sembra essere l'unico a non capire che c'è la fregatura.

Non siamo quindi davanti a una sceneggiatura pensata come piena di colpi di scena e invece prevedibile, bensì a una vicenda che mette lo spettatore quasi sempre un passo avanti ai protagonisti.

Dico quasi sempre perché qualche scoperta c'è. Ercole ha un passato, raccontato piano piano da alcuni flashback. Forse, non si sa, non è veramente un semidio, ma ad Atene un tempo aveva il plauso della popolazione, la stima del suo re Euristeo (Joseph Fiennes) e persino moglie e figli.

Qualcosa poi è successo, che lo ha costretto a una vita da mercenario. Ma non ci viene detto tutto e subito. Anche in questo caso, lo dico sinceramente, dopo qualche battuta, lo spettatore è subito messo nella posizione di comprendere alcuni eventi. Quelli che mancano, come per le sopra dette profezie, sono i dettagli, che per fortuna poi arriveranno, chiudendo il cerchio di una sceneggiatura non geniale, non innovativa, ma scritta da chi sa come annodare i fili pendenti e sa che se un dente di leone entra in scena, prima o poi a qualcosa servirà: Ryan J. Condal ed Evan Spiliotopoulos, validi professionisti, come discreto professionista è Ratner, un classico regista "di produzione".

I 98 minuti del film scorrono verso la risoluzione finale senza noia tra scontri spettacolari e battute ironiche. A livello di stilemi non c'è nulla che non si sia visto nell'ultima generazione di "sandaloni digitali", urla belluine (cit) comprese.

Lo spettacolo e la qualità del girato non sono un salto evolutivo. La resa visiva è coerente con il budget di 100 milioni di dollari ma non sono state inventate nuove tecnologie, né Dante Spinotti (il direttore della fotografia) è ricorso al meglio del suo repertorio da pluripremiato. Non so quanto sia costato il 3D ma in questo caso il film non sembra avvalersi neanche dei vantaggi dell'IMAX.

La migliore peculiarità del film è l'ottima alchimia del cast, con Dwayne The Rock Johnson che ha il fisico del ruolo, un Ian McShane in grandissima forma, anche se non demeritano John Hurt e Peter Mullan. Ma anche tutti gli altri attori britannici del cast dimostrano di sapere fare il loro mestiere, divertendosi a giocare e divertendo gli spettatori. Un cast del genere farebbe fare sold-out a qualsiasi produzione teatrale in Gran Bretagna.

In conclusione Hercules - il guerriero è un film onesto, che propone l'eterna storia dell'uomo che diventa mito in modo divertente, garantendo a tutti gli spettatori un'ora e mezzo di sicuro svago.

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