Chappie, o come è stato battezzato in Italia, Humandroid è un gran pasticcio.

Il film è l'ampliamento di un'idea di Neill Blomkamp che risale al 2004, un mockumentary di un minuto e venti secondi intitolato Tetra Vaal che mostra un poliziotto robot pattugliare le strade di Johannesburg, compiendo arresti e azioni di repressione del crimine.

La didascalia "What if..." sembrava presagire degli sviluppi, qualcosa di più di una mera esercitazione degli effetti speciali.

Di quel cortometraggio nel film rimane il nome del robot, Chappie, e il nome della compagnia che lo produceva, la Tetra Vaal appunto.

Sono tanti gli "e se..." del film.

Cosa accadrebbe se la polizia utilizzasse questi robot in forze?

Da un lato renderebbe la compagnia molto ricca, con la  presidente Michelle Bradley (Sigourney Weaver) molto soddisfatta degli incassi, al punto di non valutare progetti alternativi ma meno remunerativi, ma il successo genera gelosie e invidie. 

Il genio della robotica Deon Wilson (Dev Patel) è troppo giovane e sicuro di sé per non attirare l'invidia di un suo collega anziano e frustrato, Vincent Moore (Hugh Jackman), che lo odia sia perché lo snello e agile robot poliziotto dotato di intelligenza artificiale di Deon funziona, mentre il suo ingombrante robottone teleguidato dalla mente umana è ancora un prototipo, sia perché da fanatico religioso crede che l'intelligenza sia un dono di Dio riservato in esclusiva agli uomini, e non debba essere una roba da macchine.

Altri odiano i robot poliziotto, come il disorganizzato e disfunzionale trio di delinquenti Ninja, Yolandi e America (Jose Pablo Cantillo), che devono parecchi soldi al capo della criminalità di Johannesburg, il più che selvaggio Hippo (Brandon Auret). La narrazione scaturisce dagli obiettivi in contrasto dei personaggi. 

L'intenzione che scatena il tutto è l'ulteriore progetto di Deon, che sta sviluppando in gran segreto un programma di Intelligenza Artificiale definitivo basato sul paradigma teorizzato da Alan Turing (1) dell'intelligenza bambina che apprende. Deon vorrebbe passare al livello successivo innestando il suo programma in uno dei droidi poliziotto, irrimediabilmente danneggiato, pertanto inservibile ad altri scopi.

Già qui la sceneggiatura comincia a scricchiolare. Non è ben chiaro perché non esista altro hardware in cui effettuare una tale sperimentazione che un robot poliziotto potenzialmente pericoloso, una macchina nata per uccidere se è il caso. Quella che verrà narrata dopo è la storia di come le traiettorie dei personaggi s'intersecheranno, intrecciandosi; di come Chappie (questo il nome del droide quando gli verrà caricato il programma chiamato Coscienza) apprenderà, da fonti contrastanti, diversi aspetti della vita, diventando ora un delinquente, ora un eroe e di come riuscirà ad andare oltre i limiti della sua programmazione originale.

La risoluzione degli eventi la lascio alla vostra voglia di seguire i 120 minuti di un film che di problemi di sceneggiatura ne ha molti.

Il desiderio di mescolare modelli di riferimento (da Pinocchio a Robocop, tanto per citarne due), stilemi e argomenti della fantascienza che vanno dalla distopia alla critica ai regimi repressivi, dalle AI al mind upload fino quasi alla singolarità, non si affianca alla gestione accurata di una sceneggiatura che ha diversi salti logici.

Falle non tanto nei contenuti fantascientifici, che maturano in modo coerente con la necessaria sospensione dell'incredulità, ma quanto nelle logiche di comportamento dei personaggi: della immotivata scelta di Deon ho già parlato, ma palesemente contraddittorio appare il comportamento del delinquente Ninja, che proprio non si comprende perché non uccida Deon quando ne ha l'occasione, a un improvviso voltafaccia della presidente Bradley che dopo essere stata irremovibile contro Moore e le sue idee si lascia convincere in mezzo secondo quando invece dovrebbe tenere duro.

Il risultato finale è un film che ha nella resa visiva uno dei pochi punti di forza. Non sto parlando degli ottimi effetti speciali, dello straordinario lavoro di motion capture che ha reso Sharlto Copley, nei panni di Chappie, una presenza tangibile sul set. Ma proprio di una qualità del girato, della narrazione per immagini, ottenuta mediante precisi movimenti di macchina e accostamenti cromatici bizzarri ma funzionali. Uno per tutti, la ripetizione del colore giallo intenso in punti ben precisi, funzionali alla narrazione visiva. Dei passaggi che diventano un percorso da seguire per lo spettatore, condotto con mano abile dal regista.

Peccato anche per lo spreco dell'ottimo cast, non solo per i protagonisti Copley, Patel e persino per un Jackman a suo agio in un ruolo da cattivo.

Un'autentica rivelazione sono l'irascibile Ninja e la materna Yolandi che interpretano i due personaggi come una estensione cattiva (ma forse no) di se stessi, al punto che hanno i loro stessi nomi. Si tratta di un duo hip-pop sudafricano di nome Die Antwoord.

Il campionamento di buone idee derivate, con l'accostamento di nuove e con un punto di vista diverso, stavolta non ha generato un prodotto con una sua freschezza, una sua autonomia, ma solo un'opera derivativa che non convince, lasciando alla fine la convinzione che Chappie, o Humandroid fate voi, sia una occasione persa.

Il corto originale Tetra Vaal

(1) Alan M. Turing, Può una macchina pensare? (Computer Machinery and Intelligence, Mind,1950)