Il mondo è andato avanti.

Con questa espressione - amara e fatalista - Roland di Gilead riassume tutti i cambiamenti intervenuti attorno a lui, nell’universo della Torre Nera. I mutamenti sono tali da far uscire immagini e visioni dalle pagine dei romanzi, dando a personaggi e luoghi un’onirica sostanza di colori e contorni definiti, al punto che il mondo è effettivamente andato avanti, portando la saga nell’universo del fumetto.

La trasposizione è composta da quattro numeri - i primi due già usciti in edicola - e  l’impressione iniziale è di un lavoro stilisticamente espressivo e vigoroso.

Ma perché mutare parole in disegni? Cosa aggiunge al valore complessivo del ciclo?

Citando le parole di Stephen King, padre dell’ultimo pistolero: “...pensavo che una versione grafica delle storie della Torre potesse funzionare tanto quanto un film fatto bene o una bella miniserie televisiva.”

La risposta è tutta in questa frase: lo sforzo creativo è decisamente simile a quello compiuto per portare un qualsiasi romanzo sullo schermo, per donargli vita in una nuova dimensione e mostrare ciò che nemmeno la nostra fantasia è in grado di costruire durante la lettura. Troppo spesso i libri di King sono diventati brutti film, o semplicemente pellicole mediocri, forse toccherà stessa sorte agli albi freschi di stampa, ma a metà del cammino le sensazioni suscitate dalle tavole sono sostanzialmente positive.

Ci troviamo nei primi anni del pistolero, la sua crudele odissea non è ancora cominciata.  L’ inseguimento e redenzione sulla scia dei Vettori che collegano la Torre, perno attorno al quale ruotano tutte le realtà del Creato, è nascosto nelle nebbie del futuro.

I fumetti ripercorrono le vicende contenute nel quarto volume del ciclo,

la Sfera del Buio.

Roland studia le tecniche di combattimento che ne faranno un guerriero dell’Affiliazione, l’alleanza di uomini liberi che difende le ultime vestigia di ordine e giustizia dall’avanzata di Farson il Buono, costante spauracchio ai confini del mondo civilizzato. Marten, consigliere privato del padre di Roland e spia di Farson, vede nel ragazzo una reale minaccia per il successo dei suoi piani e decide di sbarazzarsene.

Con l’inganno rivela all’apprendista di essere l’amante della madre e Roland, accecato dall’ira, sfida il maestro Cort per ottenere il diritto di portare le pistole. Marten è convinto che il giovane fallirà e, come tutti i pistoleri mancati, costretto all’esilio. Tuttavia l’allievo supera l’istruttore e ottiene un insperato successo. Suo padre, per difenderlo dagli oscuri maneggi di Marten, gli ordina di lasciare la capitale e di raggiungere una lontana Baronìa. Lì dovrà occuparsi d’inventariare cavalli e altre attrezzature utili all’Affiliazione ma, soprattutto, tenere gli occhi aperti per scoprire i piani segreti del nemico, interessato ad antiche installazioni petrolifere.

Sarà proprio nella distante Baronìa di Mejis che Roland e i suoi compagni impareranno a essere realmente pistoleri.

Cosa definisce una collana di fumetti se non l’aspetto visivo? L’opportunità preziosa di cogliere quelle sfumature che la lettura non regala, se non in forma di descrizioni, accenni, rimandi spesso difficili da elaborare?

Abbiamo quindi il privilegio di vedere Roland adulto, stagliato contro il cielo al tramonto, l’uomo già cristallizzato nell’ossessione del compito affidatogli dal Fato e poi, voltando pagina, ecco il suo ka-tet, il gruppo di amici e compagni con i quali muoverà i primi passi. Ora è possibile scorgere l’acciaio dietro lo sguardo adolescente e acerbo di Roland, ma anche i guizzi di intelligenza, ironia e coraggio di Cuthbert Allgood e Alain Johns, figure del suo passato, frammenti del suo presente.

Gilead, capitale della Baronìa di Nuova Canaan, appare finalmente come forse non l’abbiamo mai concepita: un evidente e antico splendore, rude maestosità stemperata in edifici fatiscenti erosi dal tempo, consumati dal mondo che continua ad andare avanti.

Il combattimento con Cort, la sofferenza sul suo volto di veterano allorché il falco di Roland ha la meglio sulle sue difese, il trionfo finale soffocato da amarezza e rabbia.

E quello non è forse Marten il Mago? L’icona del male kinghiano che vaga per i suoi romanzi conducendo morte e follia? Le tavole che lo ritraggono trasudano un rosso violento, sanno di perversione e crudele cupidigia, lascivia e maligna soddisfazione, come nell’incontro con il Re Rosso, crudele burattinaio e vero nemico dell’uomo.

Il lettore che ama King può perdersi nell’espressione di atroce tormento e bruciante sconfitta che ammorba il volto della madre di Roland, rea di essersi donata a Marten condannando marito e figlio a perdersi per sempre; è facile sottovalutare questo passaggio cruciale, mentre si divorano i romanzi: è qui che si abbozza il carattere del pistolero, è qui che si forma l’embrione di una volontà terribile e spietata.

Molto espressiva anche la scena al palazzo del Podestà della Baronìa di Mejis: giochi di sguardi, doppiezza, invidia, sospetto e gelosia fanno da sordido contorno alla viva intensità di Roland e Susan, allo sbocciare tumultuoso di un amore destinato a morire troppo presto, apoteosi della rinuncia drammatica.

Nelle pagine dei primi due numeri i colori sono lividi, dominati da chiaroscuri e contrasti cromatici accentuati, tagliati da netti contorni e forme sinuose, quasi grottesche nella deformazione (tronchi d’albero, volti, oggetti sfigurati dalla generale corruzione di un universo morente). E’ facile associare alcune immagini ai tesi primi piani e alle ambientazioni polverose degli spaghetti western, quel parossismo di occhiate e gesti caricati di nervosa violenza.

Come ogni medaglia che si rispetti, tuttavia, anche questa Torre Nera grafica ha il suo rovescio. Era lecito aspettarsi un’integrazione di quanto scritto nei romanzi, storie e vicende non sviluppate precedentemente e non, com’è avvenuto, una rielaborazione del passato di Roland già inclusa nella Sfera del Buio. Possiamo arricchire le nostre impressioni con immagini e figure, tuttavia già conosciamo l’epilogo della storia e questo, forse, è il limite maggiore.

Completano gli albi brevi racconti sulla mitologia del Medio Mondo, la meccanica dei Vettori e la leggenda di Arthur Eld, fondatore del sistema politico delle Baronìe e figura arturiana per eccellenza, a cominciare dal nome.

Occasione mancata per proporre nuove vicende di Roland e compagni? Probabilmente sì, comunque resta profondamente godibile, se non altro per la possibilità di riempire quegli spazi tra le parole che i libri non ci aiutavano a colmare.

Un fan di King si divertirà con questi fumetti?

Aye, si divertirà moltissimo!