“Il più grande mistero della vita è la morte. Cosa ne è di noi? Dove andiamo? Tu credi in Dio, vero? Credi nell’anima? – La ragazza annuì tirando su col naso, e sollevò la testa per incontrare il suo sguardo. – Allora devi credere che Ulcis libererà la tua anima dal sangue. Se l’anima esiste davvero, trai conforto dal pensiero che la tua non andrà sprecata”.

Deepgate: un’antica città sospesa su un tenebroso baratro grazie a un solido groviglio di catene, cavi e reti. Da più di tremila anni i suoi abitanti credono che nell’oscurità sottostante viva il dio delle catene Ulcis, il Raccoglitore d’Anime, sconfitto ed esiliato dalla madre Ayen, dea della luce e della vita. È per questo che i morti della città vengono gettati nell’abisso, dove Ulcis sta formando un esercito di anime per spodestare Ayen e riconquistare il paradiso per sé e i suoi fedeli. Al centro di Deepgate si erge il Tempio, un labirinto di torri, edifici in pietra e sotterranei dove risiedono i sacerdoti della Chiesa di Ulcis e dal quale governano la città in uno stato di assoluto potere fondato sulla fede. E in una cella alla sommità di una delle guglie vive anche il giovane Dill, l’ultimo degli arconti, una stirpe di angeli guerrieri a cui Ulcis avrebbe assegnato la difesa della città. Toccherà proprio a lui, in compagnia di gente pericolosa e imprevedibile, affrontare i dubbi e le incertezze di Deepgate, attraverso un nemico invisibile ma onnipresente nelle menti e nei cuori degli abitanti della città, un nemico che si nasconde proprio nelle celate profondità dell’abisso.

A quanto pare, il celeberrimo videogioco Grand Theft Auto non è l’unico capolavoro di Alan Campbell, che con questo romanzo d’esordio ha già dimostrato appieno il suo talento anche al di fuori dell’ambito videoludico.

In tempi come questi, in cui vampiri dallo sguardo docile sembrano voler catturare tutta l’attenzione dei lettori del fantastico, il Raccoglitore d’Anime dona finalmente una ventata d’aria fresca all’atmosfera gotica e dark fantasy. Le giovani lettrici, questa volta, dovranno fare a meno delle tresche amorose che tanto adorano, ma che, di per sé, poco hanno in realtà a che fare col genere sopracitato, impiegato a mio parere come semplice scenario di sottofondo.

Il Raccoglitore d’Anime si presenta sin da subito come qualcosa di più. Eccetto alcune parti di comprensione non immediata e qualche descrizione un po’ prolissa, ho trovato l’opera di Campbell davvero interessante. Dietro a ognuna delle sue 494 pagine si cela un abisso di emozioni travolgenti, intrighi religiosi, storie di vendetta, affetti e tradimenti incatenati l’uno all’altro in un intreccio di originalità estasiante, complice sicuramente di una trama ben articolata e di una buona capacità descrittiva e narrativa, di cui riporto un breve esempio.

“La città di Deep era stata intagliata nella parete dell’abisso, dove torrenti di sculture nere si levavano ad altezze impressionanti, facciate di figure contorte e volti tormentati. Il terzo inferiore della città risplendeva di luci lontane. Le fiamme si muovevano dietro i muscoli e i tendini scolpiti; attraversano ponti ad arco di spine dorsali, scendevano scalinate di ossa nere fino ai pendii di resti umani. Muri di teschi gridavano silenziosi dalla parete di roccia. Le fiaccole risplendevano attraverso le orbite vuote e le porte incorniciate di denti, oltre le quali scivolavano le figure in movimento. Colonne scanalate sorreggevano grandi sfere di pietra intagliate in scene di impossibili orge di carne, ali, denti e ossa,rappresentazione di innumerevoli angeli a banchetto”.  

Tante le tematiche affrontate dall’autore, che, tramite personaggi convincenti e particolareggiati come l’Avvelenatore Devon, il Razziatore Mr Nettle, l’assassina Rachel Hael, l’angelo rinnegato Carnival e molti altri, affronta con parole dure il tema della fede e della spiritualità, creando una sorta di collegamento tra la religione degli abitanti di Deepgate e quelle della nostra vita quotidiana.

Le domande indirizzate a noi lettori appaiono evidenti: fino a che punto una persona è disposta a spingersi per amore della propria fede? Fino a che punto è disposta a sacrificare legami e affetti in favore di una causa antica quanto il mondo stesso e a cui forse, a questo punto, non si sente nemmeno più di appartenere?