La Compagnia del Corvo è l'esordio nella letteratura "high fantasy" di James Barclay. Il volume è del 1999 ma solo ora arriva in Italia, pubblicato dalle Edizioni Nord.

Il Corvo è una compagnia di soldati mercenari, che fa del proprio codice d'onore un vanto. Uccidere non assassinare, questa è la prima regola. Più che una "compagnia" nel senso militare del termine, parliamo di uno sparuto manipolo di uomini e un mago elfo. Il continente in cui la compagnia agisce si chiama Balaia e le quattro potenze che lo dominano (Xetesk, Dordover, Lystern, Julatsa) si contrastano anche grazie al potere dei loro College, centri di formazione dei Maghi.

I sette membri della compagnia il Guerriero Ignoto, Hirad Coldheart, Ilkar (il mago elfo julatsiano), Sirendor Larn, Ras, Richmond, Talan si troveranno al centro del conflitto tra i College, che verte sul ritrovamento di un manufatto che consente di scatenare un incantesimo, il Ruba Aurora (il Dawnthief del bel titolo originale) che potrebbe permettere a una antica minaccia, i Lord Stregoni, di risorgere e fare piombare l'intero Balaia in una eterna oscurità.

Alla compagnia si uniranno, con motivazioni diverse vari altri personaggi, tra i quali il mago xeteskiano Denser, che vive in simbiosi con il suo felino "famiglio" e la maga dordoveriana Erienne, nonché altri personaggi, più o meno di spicco ma comunque funzionali alla trama.

La principale caratteristica del romanzo è il suo disincanto. Non vengono narrate gesta di eroi senza macchia ma di personaggi che non si fanno illusioni. C'è una minaccia da affrontare, ma anche i guerrieri possono avere paura ed essere stanchi dell'ennesima minaccia, dell'ennesima battaglia. Nella lotta per il potere i Maghi possono scendere a compromessi, anche con le proprie coscienze, con la propria anima nera.

E' il crepuscolo del fantasy, che purtroppo arriva in Italia molto in ritardo rispetto alle tendenze attuali. Più di dieci anni fa questo romanzo era stato salutato dalla critica anglosassone come un lavoro innovativo, pur presentando all'apparenza elementi del tutto tradizionali.

Verrebbe da dire che molti di quei critici dovrebbero ricordarsi di Michael Moorcock, che di "super guerrieri con super problemi" qualcosa ne sapeva. Il problematico Elric di Melniboné non può che essere tra i precursori, mutatis mutandis, di questa opera.

Letto ora, dopo che il Corvo è stato protagonista di due trilogie e di un romanzo fuori ciclo, in un momento in cui i gusti del pubblico, non solo italiano, sono orientati verso il "new-weird" e l'urban fantasy e nel quale anche la fantasy classica si contamina di orrore, bizzarro e mistero, questo romanzo potrebbe sembrare "vecchio".

Ma non può mai essere vecchio, in ogni caso, un romanzo ben scritto, che non indugia nel raccontare fine a sè stesso, ma che mostra l'azione con una sempre apprezzabile asciuttezza. Non troverete mai aggettivi o avverbi fuori posto in questo romanzo. E questo me lo fa preferire a molti sproloqui contemporanei.

Non parliamo in ogni caso di un capolavoro, ma di un godibile romanzo, che forse a qualche purista del "verosimile" farà aggrottare il sopracciglio, in special modo quando mostra duelli efferati che sembrano privilegiare la resa drammatica alla verità. Forse, se cercate realismo dovreste leggere un romanzo storico. In un fantasy è possibile che un guerriero possa usare contemporaneamente un'ascia bipenne e una spada a due mani. Basta che il narratore sia così bravo da farcelo credere. Non è cosa da poco.