È un mondo vasto, quasi un universo quello che Vincent Spasaro si propone di descrivere con Il demone sterminatore.

Una storia che è la somma di tante storie. Intanto dei quattro personaggi i cui destini s'incroceranno. Un pescatore, una zingara, un centauro e un prete, la cui ricerca del demone sterminatore non è altro che la ricerca di se stessi. Un viaggio all'interno di segreti con i quali non vogliono venire a patti, ma che li porterà a comprendere quale sia il loro destino.

Non ci sono solo viaggi metaforici. Il fiume senza rive è un ecosistema complesso, con i suoi equilibri, le sue bellezze e i suoi orrori.

Lo sguardo verso questo mondo è il più delle volte imparziale. E' nella natura delle cose che la lotta per la sopravvivenza sia spietata. Non esistono buoni e cattivi. Ci sono civiltà che crollano, amicizie messe a dura prova. C'è il senso di impotenza dell'umano posto davanti a ciò che è più grande di lui, una Natura la cui potenza non è sfidabile.

Il mondo, lo dice il sottotitolo stesso, è un "fiume senza rive", uno di quei luoghi della mente che solo la fantasia e una affilata penna posso rendere credibili, come le città disvedute di China Miéville in The City & The City o il fiume Teti di Dan Simmons in Hyperion.

In realtà è proprio Simmons, ma anche a Jack Vance e Josè Philip Farmer che la mia mente è andata mentre la complessa visione di Spasaro si dipanava durante la lettura delle 684 pagine di cui si compone il romanzo.

La struttura dei capitoli, brevi e intensi, tesse una fitta trama e consente al lettore di avanzare più velocemente di quanto non si possa credere, accostandosi alla ponderosità del tomo. 

Horror, fantasy, fantascienza. Le atmosfere e gli spunti attingono a piene mani ai generi ma sarebbe ingeneroso classificare il romanzo in maniera manichea.  E' un progetto complesso, così ricco di sfaccettature che ogni lettore troverà il proprio mondo all'interno dei tanti mondi descritti.

Anche la prosa è modellata su tale complessità. Forse in qualche occasione si ha la sensazione che sia un po' sovraccarica.

I dialoghi sono funzionali e raggiungono lo scopo di dare la giusta voce a ogni personaggio.

Non va tutto benissimo. In certi momenti il lettore ha come l'impressione di essersi perso in qualcuno di quegli anfratti paludosi descritti dal romanzo. Altre volte si ha la sensazione che il narratore voglia soffermarsi su punti che il solo mostrare i fatti ha già evidenziato, eccedendo nel raccontato fino alla ridondanza.

Sono interventi che si perdonano a un romanzo generoso di idee e di spunti, ma resta l'impressione che tali idee avrebbero beneficiato di un ulteriore lavoro di asciugatura.

In ogni caso la pazienza del lettore sarà premiata perché si giunge a destinazione comunque soddisfatti. Con tale inventiva e padronanza degli elementi della trama, con un maggiore controllo di alcuni eccessi, Spasaro ha tutte le potenzialità per raccontarci ancora storie interessanti.