Il canto del sangue inizia in un modo abbastanza tradizionale: un ragazzino viene portato in una scuola che forma abilissimi guerrieri attraverso un addestramento particolarmente duro. Senso di abbandono da parte del padre e distacco totale dalla famiglia di origine, cameratismo con i nuovi compagni, insegnanti severi, selezione spietata che, in alcuni casi, provoca la morte di chi non supera l’esame: gli elementi di partenza non sono nuovi, ma quello che li rende interessanti è il modo in cui Anthony Ryan narra l’intera vicenda. La storia è estremamente scorrevole, senza troppi dettagli che ne rallentino il ritmo: quello che viene narrato è interessante e allo stesso tempo funzionale alla trama. Il mondo viene costruito grazie alle azioni dei personaggi, al loro rapportarsi a esso, e man mano che si procede nella lettura si scopre che è molto più complesso di quanto poteva sembrare in un primo momento.

Ci sono gli Ordini, delle guerre da affrontare, duelli, intrighi e personaggi che ricoprono ruoli già visti molte altre volte e che trovano le loro radici negli archetipi, ma Vaelin Al Sorna è un personaggio reale, e se anche è dotato di notevoli capacità questo non significa che non sia attraversato da dubbi o non commetta degli errori. Un po’ meno individualizzati sono i suoi compagni, grazie a una cappa di riservatezza che offusca molti dettagli del loro passato. Il che significa che l’aspetto più interessante di Velin si manifesta quando deve rapportarsi con qualcuno che si trova fuori dalla sua cerchia ristretta come il sovrano o sua figlia, un paio di guaritrici o un compagno il cui cammino da un certo momento in poi si discosta da quanto insegnato dall’Aspetto del suo Ordine.

Con il mondo che si arricchisce, e i personaggi che devono capire quale sia il loro ruolo e trovare il giusto equilibrio, nella trama compaiono misteri insospettabili all’inizio i cui sviluppi potenzialmente enormi sono ancora tutti da valutare.

La narrazione delle vicende di Vaelin è incastonata in una cornice di poco successiva a parte degli eventi stessi, perciò almeno su determinati elementi della trama il lettore si pone interrogativi e aspettative. Le risposte, quando arrivano, sono soddisfacenti. Non così con lo sviluppo della cornice, che nell’ultimo resoconto sembrerebbe non essere all’altezza di quanto proposto in precedenza. Non lo sarebbe, se davvero quella fosse la conclusione che lo scrittore stava chiaramente preparando per i lettori. Ryan però chiude con un ultimo capitolo perfettamente coerente con la trama ma capace di rimettere in discussione ogni certezza e di donare nuova luce a fatti che sembravano già definitivamente acquisiti. Le premesse perché il secondo volume della trilogia, Tower Lord, la cui pubblicazione è prevista per luglio in lingua originale, si riveli un’altra piacevole lettura ci sono tutte.