Nonostante la dichiarazione programmatica del titolo e l’ambientazione nel nostro mondo Questo non è un romanzo fantasy è, a tutti gli effetti, un romanzo fantasy. Fra nerd, cosplayer, fangirl e operatori di settore Roberto Gerilli conduce il suo protagonista, Filippo Mengarelli, nel bel mezzo di Lucca Comics & Games, con l’intento programmatico di rilanciare la sua breve e precoce ma già defunta carriera di romanziere. L’inizio, per lui, non è dei migliori, costellato dalle risposte di circostanza ripetute fino allo sfinimento da editori che vogliono semplicemente liberarsi di uno scrittore mediocre, capace solo di mettere insieme una serie di cliché e di dare ai suoi personaggi una profondità psicologica da gioco di ruolo. Se l’opera prima (e, forse per sempre, ultima) di Filippo, Le cronache di Falcograd, è un polpettone epico preparato con ingredienti scadenti, mal cucinato e terribilmente indigesto, i lettori del romanzo di Gerilli si trovano fra le mani tutta un’altra opera, a partire dal tono della storia.

Per quanto non mancheranno epiche battaglie a colpi di magie e spadoni, questo è un romanzo ironico e divertente che gioca senza pudore con il genere fantasy e con i suoi appassionati, a partire dal riluttante narratore. Se per lo più la storia racconta in terza persona le improbabili avventure di Filippo e dei suoi compagni adoperando un tempo presente che avvicina i fatti al lettore, di tanto in tanto chi la narra fa capolino fra le righe per rivolgere parole di comprensione al lettore stesso che, suo malgrado, si è trovato a leggere una vicenda incentrata su quel genere scadente di narrativa che è il fantasy.

La presa in giro del genere in realtà è un espediente narrativo usato da Gerilli per puntare il dito, divertendosi e divertendoci, contro quella moltitudine di presunti scrittori che pensano che per realizzare un fantasy basti inserire nella propria storia elementi presi a caso come due creature magiche qui, qualche spadone là, un duello con il risultato deciso dai dadi speciali poco più avanti, personaggi con caratteristiche da Dungeons & Dragons e un’aria vagamente medievale con castelli e cavalli, e che il gioco sia fatto. Filippo Mengarelli è senza dubbio uno scrittore che appartiene a questa categoria, come non manca di sottolineare ripetutamente il narratore. Solo che, inaspettatamente, i suoi personaggi prendano vita. Non tutti, solo i grandi eroi delle Cronache di Falcograd, improvvisamente messi in difficoltà dalla mancata pubblicazione del secondo e del terzo volume della progettata trilogia. Il guerriero, il bardo, l’elfo e il mago fanno il loro ingresso in una Lucca festosa, che non si stupisce della loro presenza ma anzi apprezza i costumi ben realizzati, per cercare di raddrizzare le cose nel loro mondo nonostante le inevitabili goffaggini dovute al trovarsi in un mondo, quello dello scrittore, che non possono capire davvero. Al loro fianco, oltre all’incredulo Filippo, Alessandra, l’unica fan del romanzo, e l’editore, coinvolto a forza dagli altri e sempre impegnato nel tentativo di guadagnare qualcosa da tutta la vicenda.

La caratterizzazione dei personaggi è piuttosto semplice. Uno scrittore incapace ma desideroso di fare del suo meglio per aiutare i personaggi a cui lui stesso ha dato vita, una ragazza sveglia e decisamente nerd, quattro personaggi presi di peso da un gioco di ruolo con tanto di schede relative alle rispettive abilità, un editore avido e una manciata di comprimari. Ma non serve una valida caratterizzazione a Questo non è un romanzo fantasy perché la storia è deliberatamente giocata proprio sui cliché, sui continui ammiccamenti rivolti al lettore sulle caratteristiche più famose del genere, caratteristiche che quando sono proposte nella giusta misura e con il giusto tono possono dar vita a opere stupende, ma che se vengono esasperate o inflazionate dal Filippo Mengarelli di turno diventano semplicemente ridicole. Il tono irriverente e i continui riferimenti, più o meno espliciti, a opere famose e a situazioni familiari agli amanti del fantasy giocano sull’autoironia e sul riconoscimento rendendo la lettura scorrevole e divertente. Il ritmo è buono, anche se il modo in cui vengono presentati i salti indietro nel tempo per narrare cosa ha fatto un determinato personaggio mentre noi seguivamo le vicende di qualcun altro risulta rigido e poco naturale. Un difetto minore in un’opera leggera senza prendersi troppo sul serio ha la capacità di strappare al lettore più di un sorriso.