In pochi si ricorderanno Le avventure di Rocketeer, la seconda fatica registica di Joe Johnston, direttore dello sbanca-botteghini Capitan America, che passò praticamente inosservato nelle sale cinematografiche all’inizio degli anni ’90. Ancora meno ricorderanno chi sia questo uomo che si infila uno zaino jet sulla schiena e, miracolosamente, non si brucia mai le suole delle scarpe ma, al contrario, viaggia nel cielo veloce come una palla di cannone e leggiadro come un fagiano.

Per i pochi che invece rimembrano, la domanda può sorgere spontanea quando, guardando i risultati ai botteghini del primo Rocketeer si legge in caratteri cubitali la parola DISASTRO. Forse le similitudini con Iron Man, di cui si sta già preparando la terza avventura cinematografica, potrebbero spiegare questa premura di dare nuova vita a un altro cavalcatore di nuvole. Forse, pensando al pubblico giovane e meno giovane, sempre più alla ricerca di super eroi coccolati dalla settima arte, la scommessa non è del tutto fuori luogo. Il problema, purtroppo, risiede non tanto nel personaggio, quanto nell’ambientazione in cui si svolgono le avventure di Rocketeer: un America che non ha ancora capito bene il costo della guerra e personaggi anacronistici che potrebbero essere un po’ troppo distanti dai gusti moderni. Ma, come insegna Hollywood, tutto è possibile se si vuole farlo.

Ormai gli articoli di reboot e remake si sprecano e con la scioccante scomparsa di uno dei più grandi innovatori del cinema “tamarro ma con classe” come Tony Scott e l’avvento di nuove leve di registi con poca o nulla fantasia come Marc Webb (sua la regia del nuovo The Amazing Spider Man), più abituati a storie indie-grounge sullo spleen esistenziale, è probabile che i reboot non ce li toglieremo dai piedi ancora per un bel po’. Quindi rassegniamoci e cerchiamo di goderci la proverbiale minestra riscaldata.

Non è detto che Rocketeer possa portare invece una ventata d’aria nuova, la speranza è sempre quella, in attesa di quel cambio epocale che non è ancora stato scritto e che nessuno ancora ha immaginato. Ma quello che risulta sospetto è la fretta di produrre progetti tutti invero molto simili, facilmente digeribili e con poche possibilità di proporre un gusto nuovo: il puffo va benissimo, ma alla lunga lascia la lingua blue le papille gustative annientate. Ma anche con questa fame atavica di prodotti-stampino, si sente il bisogno di un qualcosa che possa stuzzicare la fantasia di ritornare nella sala e riguardarsi d’un fiato qualcosa di inaspettato e per questo incredibile. Una cosa che, personalmente, non ho più provato dai tempi di Matrix.

Per ora c’è solo attesa, perché Rocketeer è solo uno dei tanti fascicoli sul tavolo dirigenziale di Hollywood. Non c’è un regista, non c’è una storia e non c’è un protagonista. Solo un’intenzione, che di questi tempi – scusate il pessimismo cosmico - è già grasso che cola.