Quello che mi appresto ad affrontare è un argomento delicato, importante e ancora con tanti angoli bui. 

Da quando esiste il cinema, durante le riprese di un film, lavorare con gli animali è un rischio enorme. Vuoi perché un attore cane lo puoi sempre dirigere ma un cane attore, se non è propriamente addestrato, può rivelarsi un inferno. E questo i registi lo sanno molto bene. 

Lo stesso presupposto vale per ogni tipo di animale perché i ritmi serrati di un set, il meteo inclemente degli esterni e la ferrea tabella di marcia da rispettare potrebbero far chiudere un occhio sulle norme che regolamentano il trattamento degli animali sul set. Regolamenti ai quali animalisti e non guardano come una conquista della civiltà. Ma niente può essere mai dato per scontato durante le riprese di un film, soprattutto dove i numeri sono molto alti, sia di presenze animali che di soldi investiti.

La presunta notizia della morte di 3 cavalli, 6 capre, 6 pecore e 12 galline durante la lavorazione del set di Lo Hobbit: un viaggio inaspettato ha allarmato gli attivisti della P.E.T.A. che sono partiti, lancia in resta, per protestare contro questi "atti di crudeltà" contro gli animali facendo partire una campagna mediatica dal titolo più che mai evocativo: "The Hobbit: an unexpected cruelty", parafrasando il titolo del primo film della nuova trilogia. Un titolo forte, forse esagerato ma quando ci sono delle creature indifese di mezzo ci vuole la massima visibilità e la ferma volontà di fare chiarezza. 

Se la notizia avesse qualche fondamento sì capirebbe subito quanto potrebbe danneggiare l'immagine di un film che uscirà fra meno di un mese, la pellicola sarà nelle sale il 14 dicembre 2012 e che ha alla base della sua filosofia la salvaguardia della natura.

I dubbi di opportunismo mediatico sono subito sorti in ogni angolo della rete e del mondo reale. Secondo i sostenitori di Sir Peter Jackson e dell'intero gruppo di lavoro, è impossibile che si sia anche solo immaginato di voler volontariamente far del male agli animali. Non con tutta la cura che il regista ha profuso nella salvaguardia dell'ambiente in cui lavoravano, arrivando persino a costruire immensi praticabili per non rovinare la flora presente in una location sperduta.

La cosa che sembra più incredibile è che Lo Hobbit, a differenza de Il Signore degli Anelli, fa un uso più modesto di animali, vuoi perché non ci sono assalti di massa con guerrieri a cavallo, vuoi perché la storia è decisamente meno frequentata da animali che non siano strani e digitali.

Un altro dubbio sorge quando molti dei fornitori di animali per il set hanno dato il loro sostegno incondizionato alla produzione, testimoniando di persona la qualità eccellente del trattamento riservato agli animali in affitto.

Per sfatare qualunque dubbio etico, Sir peter Jackson ha voluto rispondere di persona alle accuse in un post sul profilo personale di Facebook.

"La produzione de Lo Hobbit ha sempre istituito indagini rapide e immediate per eventuali problemi di qualsiasi tipo sul trattamento degli animali sotto la sua tutela. E' stata quindi  intrapresa un'indagine rapida e approfondita riguardo le recenti accuse infondate, da parte dell'organizzazione americana P.E.T.A. inerenti la 'zoppicare' di un cavallo durante le riprese del film. Nessuna prova di una tale prassi è stata rilevata in qualsiasi momento della lavorazione. Inoltre, la produzione ha contattato il proprietario del cavallo in questione che ha fornito la seguente dichiarazione: «Sono soddisfatto al 100% con il ritorno di Shanghai e della sua condizione. Nei termini contrattuali dell'affitto è stato preso e restituito a me due volte. In entrambe le occasioni non c'era un segno su di lui e l'animale era sano e felice. Ribadisco che il cavallo in questione non ha mostrato segni di maltrattamento e non esiterei ad affittarlo per il film di nuovo.»"

A oggi, i soli mandriani a cavallo in cui il trattamento degli animali era sceso sotto del livello delle aspettative della produzione, sembrano essere proprio i due che hanno scelto di intentare questa nuova accusa alla vigilia della prima del primo film Hobbit, a causa del loro respingimento dalla produzione avvenuto più di un anno fa. I rapporti delle loro azioni sono documentate in una serie di dichiarazioni scritte che risalgono all'ottobre 2011.

La produzione si rammarica del fatto che la P.E.T.A. abbia scelto di formulare una così grave accusa, che ha afflitto molti dei kiwi dediti al lavoro con gli animali nei film - tra cui mandriani, addestratori con i loro assistenti, lavoratori agricoli con i loro animali e gli operatori sanitari - senza vagliare correttamente la sorgente da cui si ricevono tali informazioni.

La produzione è stato inondato di chiamate di supporto per quanto riguarda tale questione."

Seguono le dichiarazioni di sostegno di tutti i collaboratori solidali con la produzione.

Ora la questione è tutto tranne che risolta perché le due posizioni sembrano essere inconciliabili. Ammettere un errore di queste proporzioni, da parte degli attivisti della P.E.T.A., sarebbe una debacle inaccettabile e un boomerang mediatico che farebbe crollare la loro credibilità. La cosa più probabile è che, una volta che tutta la documentazione sarà a disposizione degli attivisti "l'incidente" sarà lasciato al ricordo senza ulteriori recrudescenze.

C'è da dire però che questi avvenimenti servono anche a mantenere sul chi vive le produzioni che, con il fiato sul collo di organizzazioni così influenti, ci penseranno due volte prima di far del male anche solo a un kiwi.