Si fa un gran parlare in questo periodo della sfida tra Gli Incredibili e Shrek 2 per quale sia il miglior lungometraggio a cartoni animati della stagione, mentre mancano soltanto dieci giorni all'uscita nelle sale di Shark Tale. Insomma, cartoons e cinema formano ormai in binomio consolidato e capace di garantire incassi ricchi e numerosi riconoscimenti.

Ma il 2005 è un anno particolare, in quanto ricorre un anniversario importante per gli amanti del genere. Esattamente mezzo secolo fa, nel 1955, con circa un anno di ritardo rispetto alla prima britannica, uscì in Italia, con scarso successo, il lungometraggio animato Animal Farm, di John Halas e Joy Batchelor, tratto dal celebre libro di George Orwell, amara satira del totalitarismo e del tramonto dell’Utopia Egalitaria. A dire il vero Animal Farm non era, come riportato dalla pubblicità inglese dell’epoca, “Il primo lungometraggio europeo a cartoni animati”, perché il primato appartiene a due film italiani iniziati ambedue nel 1942 e terminati nel 1949, La Rosa di Baghdad, di Anton Gino Domeneghini e I Fratelli Dinamite, di Nino e Toni Pagot, recentemente restaurati e trasmessi da RaiTre; e non era nemmeno il primo lungometraggio animato di produzione britannica, visto che nel tardo 1944 gli stessi Halas & Batchelor avevano realizzato il patriottico Handlin’ Ships.

Era comunque, in un panorama ormai dominato dalle produzioni Disney, il primo lungometraggio che fosse dedicato a un pubblico “adulto”, in grado di cogliere le allusioni politiche della trama. Il film la ricalca fedelmente, tant’è vero che le scene di violenza, esplicite o implicite, spinsero la censura britannica al divieto ai minori di diciotto anni, tolto soltanto cinque anni dopo, quando l’opera fu considerata di interesse universale negli Stati Uniti.

Proprio su questo punto è necessario soffermarsi: il film, stando alla scheda ufficiale, risulta prodotto da Louis De Rochemont in associazione con la British Pathe, ma recenti documenti e informazioni attendibili hanno confermato l’antico sospetto che tra i produttori esecutivi risultasse anche... la Central Intelligence Agency, senza che questo meravigli più di tanto.

All’epoca si era in piena Caccia alle Streghe e la CIA, così come bollava inesorabilmente qualsiasi attività o personaggio in odore sia pure vago di Comunismo, era comunque all’attentissima ricerca di qualsiasi veicolo di propaganda antisovietica. Niente di meglio, quindi, dell’opera di Orwell, il cui ancor più celebre 1984 lo rendeva portavoce ideale. Il fatto poi che lo scrittore inglese fosse, come è venuto recentemente alla luce, un delatore dei suoi antichi compagni di lotta, dopo le sue disillusioni a seguito della Guerra Civile Spagnola, lo rendeva ancor più idoneo agli scopi dei cacciatori di streghe.

Rispetto al breve romanzo, che termina con la celeberrima frase “Tutti gli Animali sono Uguali, ma alcuni sono più Uguali degli altri”, il film aggiunge una sorta di “lieto fine” – che ha però connotati quasi onirici e avulsi dalla narrazione - nel quale gli Animali si ribellano alla tirannia dei maiali, senza però chiarire se la distruzione della fattoria mette fine allo sfortunato esperimento o se c’è qualche speranza di ripresa su basi più democratiche.

Nella versione originale, tutti gli animali sono interpretati vocalmente da Maurice Denham, mentre la narrazione è affidata a Gordon Heath. Nella versione in mio possesso, la voce del narratore sembrerebbe quella di Carlo Romano, celeberrimo per altri cartoni animati, anche disneyani, e per essere stato la voce italiana di Jerry Lewis. Non mi è possibile dire se la frase finale “attenti, compagni! Oggi porci, domani prosciutti...” abbia una corrispondenza altrettanto macabra e di dubbio gusto nell’edizione originale o se sia un interpolazione dovuta alla classe politica dirigente dell’epoca.