Una delle più famose invenzioni fantascientifiche della serie televisiva Star Trek: The Next Generation è stata quella del Ponte Ologrammi, una sala capace di ricreare proiezioni realistiche e interattive di ambienti simulati. Con essa l’equipaggio dell’Enterprise-D poteva generare qualsiasi tipo di mondo, reale o immaginario, e passarci delle ore. Nonostante fossero su un’astronave col compito di scoprire ed esplorare nuovi mondi. Il Ponte Ologrammi mi è venuto in mente nell’ultimo periodo assistendo alla nuova versione online dello SciencePlusFiction, il festival del film di fantascienza che si tiene a Trieste ogni anno a fine ottobre.

Per chi non conoscesse il festival, ecco qua l’annuncio ufficiale della 20a edizione:

Siete pronti per il Trieste Science+Fiction Festival?

Siete pronti per il Trieste Science+Fiction Festival?

Articolo di Martina Grusovin Mercoledì, 28 ottobre 2020

Dal 29 ottobre al 3 novembre torna il Trieste Science+Fiction Festival in modalità on line

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1. Ponte Ologrammi

Sono una ventina d’anni, ovvero da quando esiste il nuovo festival (erede di quello degli anni ‘60 e ‘70) che da bravo appassionato prendo ferie e assisto alle proiezioni nei vari luoghi dove si tengono. Il multisala del centro commerciale le Torri d’Europa, la Sala Tripcovich, il (defunto) cinema Excelsior, il Teatro Miela e il prestigioso Teatro Rossetti. Quest’anno la location delle proiezioni è stata, per me, casa mia: il mio soggiorno o la mia camera dal letto. Ho insomma trasformato casa mia in un Ponte Ologrammi. Non che sia in realtà una grossa novità: grazie alle varie piattaforme (Netflix, etc…) le nostre case sono già da un bel po’ di anni munite di Holodeck. Ma mentre, e qui sta la differenza maggiore, l’equipaggio di Star Trek usava il Ponte Ologrammi tra una missione sul pianeta e la successiva, noi ora siamo costretti a stare chiusi in casa – per la sicurezza nostra e degli altri.

Il ponte ologrammi in Star Trek: The Next Generation
Il ponte ologrammi in Star Trek: The Next Generation

Tutta questa lunga introduzione per dire che per me, quest’anno, lo S+F è stato diverso dagli altri anni. Il bello del festival, oltre ai film, era l’incontro con gli altri appassionati; oltre alla sala dove si proiettava lo spettacolo, il contorno di ristoranti, bevute, chiacchierate: un festival quindi che non si componeva solo dei luoghi ufficiali dove avveniva, ma anche da quelli personali che si creavano spontaneamente. E questo ultimo aspetto è quello che mi è mancato di più. Senza un certo confronto su quello che si vedeva, senza l’aria che si respirava in sala, la visione dei film online non risultava molto diversa da quella di qualsiasi altro contenuto sulle piattaforme sopra indicate.

Ma non vanno trascurati gli aspetti positivi. Avendo i film a disposizione per 24 ore ha permesso di regolarsi molto più comodamente, tenendo conto degli altri impegni che occupano le nostre vite. E non vi nascondo che i film horror me li sono visti la mattina presto, con la luce, che al buio mi hanno sempre fatto troppa paura.

Molte più persone hanno potuto assistere al festival (26000 secondo gli organizzatori) e subito sono state pubblicate recensioni e reportage dell'evento che non ho dubbi avrete già letto. E in effetti con la risonanza che il Festival ha avuto mi è persino venuto il dubbio di quanto questo mio reportage potesse aggiungere a quanto già detto e scritto da molti più capaci di me. Ma visto che certe tradizioni vanno rispettate, ecco qua il Vostro Fedelissimo e le sue riflessioni: infatti anche se molti dei film visti sono stati girati prima della crisi dovuta al COVID, confrontare quanto visto con l'attuale situazione è a dir poco inevitabile. Cosa possono dirci queste pellicole sul mondo che stiamo vivendo ora? Un nuovo stile di vita, al tempo stesso più casalingo e più connesso, è qualcosa che era già da tempo nell'aria ma la cui applicazione è stata accelerata dalle quarantene.

Moltissimi film presentati quest'anno mostravano i protagonisti chiusi in universi stretti e confinati.

2. Chiusi in casa

Meander
Meander

Il caso più estremo è quello del film Meander, dove la protagonista si trova intrappolata in un claustrofobico labirinto e costretta ad affrontare mostri e trappole mortali, al solo scopo di accettare la morte della figlia in un incidente. Il regista francese Mathieu Turi si ispira a film quali Buried, Saw e Cube, ma nella sua opera la protagonista Lisa viene spinta in avanti e quasi sostenuto dagli stessi alieni che l'hanno imprigionata, fino al punto in cui il vero pericolo non solo i meccanismi spietati del Cunicolo ma i rimorsi della madre…

E due donne chiuse nella loro casa d'infanzia sono la madre e la figlia andate a trovare la nonna malata in Relic, film d'esordio della regista giappo-australiana Natalie Erika James. La regista usa bene tutti i trucchi dell'horror classico per raccontare il dolore e la tragedia delle demenza senile, il ruolo del contatto umano all'interno della famiglia. La cosa più terribile è la realizzazione che non c'è (forse?) un vero mostro nascosto nella casa, ma che il nemico è nel proprio DNA…

Benny Loves You
Benny Loves You

Con Benny Loves You abbiamo un altro esordio, quello di Karl Holt, che con il suo film racconta la storia di un mammone, Jack (interpretato dallo stesso regista), che a trentacinque anni abita ancora nella sua cameretta a casa dei genitori e dorme con gli orsacchiotti. Quando i genitori muoiono in un tragicomico incidente, Jack decide di dare una svolta alla propria vita: cambia look e getta via i vecchi giocatoli dell'infanzia, compre Benny, il suo pupazzo preferito. Creatura che però non accetta di farsi da parte, e perseguita Jack uccidendo chiunque gli faccia degli sgarbi: nel modo più splatter possibile. È un film divertente, la cui realizzazione è durata ben cinque anni, e che tra una risata e un fiotto di sangue ci fa prendere atto della nostalgia dell'infanzia.

Néo Kósmo
Néo Kósmo

Una famiglia chiusa in casa, attaccata alla Realtà Virtuale e incapace di comunicare è protagonista del cortometraggio Néo Kòsmos – Nuovo Mondo (dell'italiano Adelmo Togliani): l'androide domestica Alésia vuole proteggere l'ultimo nato della famiglia, prima che finisca anche lui dissociato dalla realtà.

E questo corto ci apre due ulteriori aspetti del futuro approfonditi in altre pellicole: i robot e la i mondi virtuali.

3. Robot e VR

Immortal
Immortal

Immortal, del regista argentino Fernando Spiner, parla appunto di una realtà virtuale che costituisce quasi un universo a sé stante, dove la protagonista Ana ritrova il padre morto. È un film che parte abbastanza lento con l'idea fantascientifica ma che poi si ravviva per l'aspetto thriller della trama.

Coma
Coma

Una realtà parallela visitata solo dalle persone in come è quella dell'omonimo Coma del russo Nikita Argunov. Argunov ha iniziato come creatore di effetti speciali al computer, e si vede: il mondo di Koma, con i suoi frammenti di ricordi che si dispiegano in geometrie non euclidee, fa tranquillamente concorrenza a Inception di Nolan. La trama, con un architetto che deve cercare di uscire da quel mondo virtuale assieme a un gruppo di persone, permette di citare un po' di tutto, da Matrix a Stalker (film e videogioco) senza però appesantirsi troppo.

Archive
Archive

Abbiamo avuto quest'anno due film con protagonisti dei robot: Archive e The Trouble with Being Born. In entrambi i casi il tema del robot va di pari passo con quello dei ricordi. In Archive, diretto da Gavin Rothery, lo scienziato George Almore, nel suo laboratorio isolato sulle montagne del Giappone, sta costruendo dei robot sempre più avanzati. Lo scopo ultimo della sua ricerca è riportare in vita la moglie morta. Rothery in precedenza aveva lavorato come concept artist per il film Moon, e qui crea un mondo futuro molto verosimile, con un forte contrasto tra i primi modelli di robot e quello finale, più amato dallo scienziato. E se la possibilità del robot di amare è stata spesso oggetto di interesse per la fantascienza, Archive non lascia dubbi sulla loro capacità di provare invidia.

The Trouble with Being Born
The Trouble with Being Born

The Trouble with Being Born dell'austriaca Sandra Wollner sposta il rapporto creatore/creato da quello moglie/marito al padre/figlia. Wollner capovolge la storia di Pinocchio: l'androide Elli è priva di qualsiasi volontà e coscienza, è un oggetto alla mercé del suo finto padre. Nella storia si intrecciano i temi della pedofilia e della transessualità, che la regista austriaca affronta senza paure e lontano dagli stereotipi.

Oltre a questi due film con tema robotico, abbiamo avuto anche due cortometraggi dove gli androidi avevano un ruolo rilevante.

In Gabriel, corto spagnolo di Pierfrancesco Artini, una vedova, sola in casa, spia una coppia di vicini che fanno sesso e, spinta dal desiderio, compra un robot-prostituto (il Gabriel del titolo) per riempire alcuni vuoti della sua vita. Lo so, senza una battuta stupida a sfondo sessuale, ma in realtà questo corto fa provare pena per la donna sola, non più giovane, che vuole ancora provare qualcosa.

The Recycling Man
The Recycling Man

L'altro corto che mi è rimasto impresso è The Recycling Man, dell'italiano Carlo Ballauri. In un futuro sovraffollato (49 miliardi di persone, se ben ricordo) fare figli è un crimine e la voglia di maternità delle donne viene soddisfatta da androidi bambini. Anche qui, come in The Trouble with Being Born, il corpo (robotico) viene trattato come oggetto da far sottostare a propri capricci.

(Io sto descrivendo questi film, parlando di persone legate alla, se non chiuse in, casa, attaccate alla realtà virtuale, e ai rapporti familiari e umani che come conseguenza cambiano: il confronto con questo anno di quarantena lo lascio alle vostre considerazioni personali)

E lo stare chiusi in casa ci fa pensare al lavorare da casa, nelle varie modalità di smart working o telelavoro. Uno dei film più interessanti presentati quest'anno è stato Lapsis, dello statunitense Noah Hutton, che tratta l'argomento della Gig Economy e del futuro del lavoro.

Lapsis
Lapsis

Il protagonista Ray Tincelli stende cavi nei parchi nazionali per collegare misteriosi "nodi" di computer quantici. Lo sfruttamento delle compagnie informatiche e azioniste (tanto ormai sono la stessa cosa), la paga a chilometro, la concorrenza con i robot cablatori, l'attività sindacale: forse questo è uno dei film di fantascienza più lucidi sulla tematica del lavoro, argomento spesso non preso in considerazione all'interno di questo genere, negli ultimi decenni. Una delle idee più geniali è stata quella di spostare l'ambientazione dagli uffici di qualche megacorp dall'estetica cyberpunk al verde e alla natura dei boschi. Come a dire che il capitalismo moderno è diventato un fatto naturale, come un fiore che sboccia.

Lapsis

Lapsis

Articolo di Alessandro Villari Venerdì, 6 novembre 2020

Fantascienza sociale o specchio della realtà? La recensione del film di Noah Hutton presentato al Trieste Science+Fiction 2020.

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4. Alieni, zombie, vampiri e supereroi

I grandi classici che non mancano ogni anno allo S+F sono alieni, zombie e vampiri.

Skylin3s
Skylin3s

Skylin3s, il terzo della saga iniziata nel 2010, porta la guerra contro gli invasori cacciatori di cervelli umani sul loro pianeta natale. Un bel po' di Aliens e Starship Troopers, un pizzico di District 9 e il gioco è fatto: non è un sequel del quale si sentiva la necessità, e questo vale anche per il secondo film (del 2017 e diretto anch'esso da Liam O'Donnell), ma visto che l'hanno fatto perché non passare una serata a cervello spento?

Sputnik
Sputnik

Di un po' più spessore è stato invece Sputnik, film russo di Egor Abramenko ambientato negli anni '80. Non riguarda le sonde Sputnik degli anni '50, ma rifacendosi al significato della parola, compagno, parla di un parassita alieno ritornato con un cosmonauta.

Lo si potrebbe riassumere come un clone di Alien in salsa sovietpunk, ma l'interesse nel mostrare la vita in una base segreta sotto il controllo assoluto di un governo militare, e quello per la psicologia dei personaggi, riescono a salvare il film e renderlo memorabile.

The Blackout
The Blackout

Sempre russo, ma dai toni molto più apocalittici e dagli scenari più ampi è stato invece The Blackout, di Egor Baranov. Tutta l'umanità è morta al buio, tranne in un raggio di alcune centinaia di chilometri attorno a Mosca. Due alieni che da millenni controllano l'umanità stanno per scontarsi e i protagonisti faranno da pedine in questa partita cosmica. È un film adrenalinico, dove la posta in gioco è sempre più alta, gli enigmi, una volta risolti, vengono sostituiti da altri ancora più misteriosi, in un crescendo di battaglie, zombie, astronavi che sembra non finire più.

Si ritorna agli anni 80 con il film Dune Drifter, dell'inglese Marc Price. E non perché sia ambientato in quegli anni, ma perché dal cinema di fantascienza di quel periodo prende ispirazione, da Star Trek a Guerre Stellari fino a pellicole di serie B quali I Magnifici Sette Nello Spazio. Gli effetti speciali sono stati realizzati con pochi soldi ma tanto entusiasmo. Anche qui si combatte una guerra contro degli alieni, tra battaglie spaziali e duelli sulla superficie del pianeta dove la protagonista è precipitata. Vedere estetiche ed effetti speciali di una volta fa tornare bambini: è un cosa che ormai, con questo revival anni '80 (Stranger Things, Ready Player One) abbiamo provato tutti – ma non è forse come il giocattolo assassino di Benny Loves You, che legandoci al passato ci impedisce di crescere? Lascio a voi amici la riflessione.

E dopo gli alieni chi se non gli zombie potevano passare a trovarci a casa grazie allo S+F? E con ben due film: Yummy e Peninsula.

Yummy
Yummy

Yummy, pellicola del belga Lars Damoiseaux, prende in giro la chirurgia plastica: "Michael e la sua prosperosa fidanzata partono per una “vacanza di chirurgia plastica” e si ritrovano in un fatiscente ospedale dell'Europa dell'Est. Qui Michael trova una donna legata a un letto, completamente nuda salvo per una museruola. Volendo aiutarla, la libera. E, in cambio, lei cerca di mangiarlo. Questo dà il via a un’epidemia zombi, e scatena l’inferno." Qualche momento divertente, ma tutto sommato abbastanza nei solchi della tradizione.

Molto più interessante Peninsula, del coreano Yeon Sang-ho. Quattro anni fa eravamo rimasti deliziati da Train to Busan, visto in anteprima grazie al Festival. Quattro anni dopo il primo film, gli zombie hanno invaso la Corea e gruppi armati fanno razzie per la penisola. Jung-seok, un ex militare, deve andare in una Seul invasa dai non morti e recuperare un prezioso carico. È inutile che vi dica che le cose non andranno bene. Mentre il primo film, anche grazie all'ambientazione tutto sommato ristretta del treno, aveva un forte focus sui protagonisti, questo sequel, invece di prendere ispirazione da Romero, la prende da Mad Max: i sopravvissuti sono organizzati in bande violente e mettono su gare tra vittime umane e zombie. Aggiungete più azione e sparatorie rispetto al primo film e avrete qualcosa che non lascia del tutto soddisfatti.

Per finire la nostra carrellata di creature, il vampiro Abhartach viene riportato in vita dai lavori per far passare l'autostrada vicino al villaggio di Six Mile Hill. Ad affrontarlo Eugene, un giovane scapestrato del posto che non ha ancora deciso cosa fare della sua vita.

Boys from County Hell
Boys from County Hell

Il regista irlandese Chris Baugh, con questo Boys from County Hell, cala il mito del vampiro nelle zone più sperdute del suo paese, tra rudi operai, coltivatori, e una gioventù che non sa decidere se percorrere la strada dei genitori (seppellendo i propri sogni) o andarsene. E in effetti il film è un'opera molto personale e ironica su cosa succede quando si seppelliscono i problemi senza affrontarli.

Mortal
Mortal

Dopo tutti questi mostri, cosa c'è di meglio di un film di supereroi? Mortal, del norvegese André Øvredal. In poche parole si può riassumere dicendo che il protagonista, Eric, scopre di essere la reincarnazione (o il discendente) del dio norreno Thor. Ma questo film è talmente diverso dallo zio del tuono della Marvel che è quasi una boccata di aria fresca. Thor viene riportato a luoghi dove appartiene: le foreste e le piccole comunità della Norvegia, in una relazione con la natura e gli esseri umani che troppi film di supereroi trascurano. André Øvredal ha esordito nel 2010 con Trollhunter, found footage sui troll norvegesi che aveva vinto qua a Trieste il Méliès d'Argento. Dopo il film Autopsy e Scary Stories to Tell in the Dark, è ritornato portandosi dietro  tutto il fascino scandinavo e meritandosi una menzione speciale come potrete leggere sotto.

5. Nathan Never

Trieste su Nathan Never
Trieste su Nathan Never

Purtroppo, come ogni anno, mi sono perso molte cose. È stata trasmessa la serie televisiva SF8, il Black Mirror coreano, che ho evitato di vedere per il semplice fatto che sono allergico al Binge Watching, ma che mi dicono essere meritevole. Mi sono perso un paio di film che hanno vinto dei premi: Come True e Post Mortem, che spero di recuperare in DVD o su qualche piattaforma.

Il vostro fedelissimo alla Mostra su Nathan Never
Il vostro fedelissimo alla Mostra su Nathan Never

Il fatto è che stando a casa, e non potendo letteralmente sparire per chiudermi in teatro, ho dovuto dividere il tempo tra le proiezioni e le normali incombenze della vita di tutti i giorni: pranzi e cene da preparare, uscire per fare la spesa e così via. Ma un pomeriggio, invece di sedermi davanti allo schermo, sono andato a vedere quella che penso fosse l'unica mostra dello S+F, quella su Nathan Never intitolata Visioni di una Tergeste futura alla Centrale Idrodinamica del Porto Vecchio.

L'occasione è stata la prossima pubblicazione di una storia doppia ambientata nella Trieste del futuro: gli albi La città del vento, e Check Point 23, entrambi realizzati da Romeo Toffanetti, disegnatore storico della serie (fin dal numero 5, Forza Invisibile) e triestino d'adozione.

Piazza Unita d'italia in una illustrazione di Romeo Toffanetti
Piazza Unita d'italia in una illustrazione di Romeo Toffanetti

La mostra, tra le tecnostrutture steampunk della Centrale, espone tavole originali dell'artista e qualche anteprima de La Città del Vento. Per un triestino appassionato di Nathan Never come me era come essere nel paese dei balocchi.

6. Premi

Prima di passare ai premi ufficiali, il Vostro Fedelissimo ha deciso di assegnarne alcuni del tutto personali ad alcuni film e corti, andando a pescare tra quelli che non hanno già vinto qualcosa.

E per il lungometraggio la scelta cade su Boys from County Hell: perché mostra come anche con un tema classico e abusato, in questo caso quello dei vampiri, quello che conta è il contesto, e il regista Chris Baugh rende vivo a noi spettatori lo squallore e la noncuranza della campagna irlandese dove lui è cresciuto.

Apollo 18
Apollo 18

Premio ben due cortometraggi. Il primo è Apollo 18 dell'italiano Marco Renda. Un ragazzino gioca a fare l'astronauta e ad andare sulla Luna, finché in contra un "vero alieno": un immigrato che ha fatto naufragio sulla spiaggia. E per quanto diversi per provenienza, età e contesto, i due si trovano dialogare e capirsi, visto che entrambi sono coinvolti in un Grande Viaggio.

L'altro corto che mi sento di premiare è Frank & Mary, dell'inglese Paul Williams. È una variante della storia di Frankenstein, dove l'anziano Frank resuscita la moglie deceduta. Ma Mary non è più la stessa e Frank dovrà fare una scelta terribile. Piace perché riporta quello che ormai è un Mito in un ambiente piccolo, familiare, casalingo: un Urban Frankenstein che diverte e fa ridere e piangere allo stesso tempo.

Qui di seguito invece i vincitori delle premiazioni ufficiali, secondo l'annuncio ufficiale del festival.

Premio Asteroide

Il Premio Asteroide elegge il miglior film di fantascienza, horror e fantasy riservato alle opere prime, seconde o terze di registi emergenti, raggruppate nella sezione Neon del festival. Il premio è stato assegnato da una giuria internazionale composta dal fumettista e scrittore Bepi Vigna, dallo sceneggiatore e scrittore Javier S. Donate e dal produttore e sceneggiatore Brendan McCarthy.

Vincitore Premio Asteroide TS+FF2020

Sputnik di Egor Abramenko (Russia)

Motivazione

Ad una notevole opera prima che con intelligenza e scene autenticamente spaventose osserva con perizia la burocrazia egocentrica e oppressiva dell'Unione Sovietica negli anni '80, nel fallimento di riconoscere i pericoli dell'arrivo di una creatura aliena.

Sinossi

Nel 1983, in piena Guerra Fredda, nella fase finale di rientro la sala di controllo perde contatto con la navetta Orbit-4, che scompare dai radar assieme ai suoi occupanti. La navetta, tuttavia, riesce ad atterrare: a bordo c'è il corpo mutilato del comandante della missione, mentre l’altro membro dell’equipaggio viene trovato ancora in vita e portato in una base scientifica segreta, tenuto sotto costante osservazione. La neuropsicologa Tatiana Klimova viene incaricata di indagare i motivi dell’amnesia del cosmonauta, ma vedrà presto coi suoi stessi occhi la strana e terribile creatura che si nasconde all’interno del suo corpo.

Menzione Speciale Premio Asteroide TS+FF2020

Come true di Anthony Scott Burns (Canada)

Motivazione

Per le attente e precise scelte espressive, volte a rappresentare la perdita di controllo della protagonista, sospesa tra sogno e realtà, che in alcune scene si traducono in momenti di grande impatto emotivo.

Sinossi

Sogni oscuri perseguitano Sarah, un’adolescente intelligente, premurosa e ribelle. Tutte cose difficili a 18 anni e che le hanno causato problemi a scuola e a casa, dove non può tornare. Non sapendo dove andare, sul muro del bar del suo quartiere legge un annuncio per la ricerca di volontari per uno studio sul sonno. Dopo una sola seduta sotto l’occhio vigile di un gruppetto di scienziati, Sarah comincia a vedere nel periodo di veglia cose che appartengono ai suoi sogni. Le visioni peggiorano e prima che lei, o qualcuno degli scienziati, riesca ad agire… diventa l’inconsapevole tramite verso una nuova e terrificante scoperta.

Premio Méliès d’argent – Lungometraggi

Il concorso è organizzato in collaborazione con la Méliès International Festivals Federation (MIFF) ed è riservato ai lungometraggi di genere fantastico di produzione europea. La Giuria 2020 del premio Méliès d'argent è formata dal compositore Pino Donaggio, dalla direttrice del Far East Film Festival Sabrina Baracetti e dal regista Martin Turk. 

Vincitore Premio Méliès d’argent – Lungometraggi TS+FF2020

The Trouble with Being Born di Sandra Wollner (Austria, Germania)

Motivazione

Un film poetico e controverso, un’opera che parte da una spunto fantascientifico per presto dirottarsi al di fuori delle coordinate del genere inserendosi in un ambito decisamente “d’autore”. Complesso, allusivo, pone molte domande su temi quali la solitudine e soprattutto l’amore in tutte le sue forme (anche quelle più morbose) riuscendo a creare un ritmo e un'atmosfera che affascinano e inquietano allo stesso tempo.  Dopo aver apprezzato tutti i film in concorso, i giurati hanno indicato come vincitore del Méliès d’argento il film diretto dalla regista Sandra Wollner The Trouble with Being Born.

Sinossi

Elli è un’androide che vive con un uomo che chiama papà. Passano insieme l’estate: di giorno nuotano nella piscina, mentre la notte lui la porta a letto. Elli condivide con lui i ricordi e tutto quello che lui le programma di ricordare: memorie che significano tutto per lui, ma niente per lei. Tuttavia, una notte Elli si dirige verso il bosco spinta dall’eco di un vago ricordo. La storia di una macchina e dei fantasmi che tutti ci portiamo dentro.

Menzione speciale Premio Méliès d’argent – Lungometraggi TS+FF2020

Post Mortem di Péter Bergendy (Ungheria)

Post Mortem
Post Mortem

Motivazione

Un horror cupo che si basa su un’ottima messa in scena e una bellissima ambientazione storica. Siamo nel primo dopoguerra ai tempi dell’epidemia della spagnola e il terrore si diffonde in un villaggio di contadini. Il realismo dei loro volti, la macabra e gelida presenza dei morti in mezzo ai vivi sono da brivido. I cadaveri siano i veri protagonisti. La menzione speciale è attribuita ad un film che si inserisce pienamente nel concetto di genere: Post Mortem di Péter Bergendy.

Sinossi

A seguito delle distruzioni causate dalla Prima guerra mondiale e dalla febbre spagnola, innumerevoli spiriti sono rimasti intrappolati nel nostro mondo. Tomas, un giovane giramondo che si occupa di fotografie artistiche di cadaveri, incontra una ragazzina orfana, Anna, e finisce in un piccolo villaggio ungherese durante il gelido inverno del 1918. Mano a mano che impara a conoscere la vita e gli abitanti del paese, sente di dover scappare: solo una visione notturna e la certezza dell’esistenza dei fantasmi lo trattengono. Con l’aiuto degli strumenti a sua disposizione, decide di indagare le intenzioni dei fantasmi e di trovare un modo per liberarsene.

Premio Méliès d’argent – Cortometraggi

Il concorso è organizzato in collaborazione con la Méliès International Festivals Federation (MIFF) ed è riservato ai cortometraggi di genere fantastico di produzione europea. Il premio è assegnato al cortometraggio che riceve il maggior numero di voti dal pubblico.

Vincitore Premio Méliès d’argent – Cortometraggi TS+FF2020

The Recycling Man di Carlo Ballauri (Italia)

Sinossi

In un quartiere suburbano, affollato ma solitario, un ragazzo immobilizzato su una sedia a rotelle combatte la noia spiando i suoi vicini e conosce Sarah. La nuova amicizia viene interrotta quando un uomo minaccia la ragazza con un cacciavite.

Premio RAI4

RAI4, media partner di Trieste Science+Fiction Festival 2020, assegna il Premio RAI4 al miglior film della selezione ufficiale Neon.

Vincitore Premio RAI4 TS+FF2020

Post Mortem di Péter Bergendy (Ungheria)

Motivazione

La ricostruzione storica impeccabile nello scenario della pandemia ‘Spagnola’ che ha travolto il Mondo nel 1919, è potente e sconvolgente per la casuale analogia con l’attuale presente. Il tema di fondo coniuga brillantemente l’immaginario folclorico, la superstizione contadina, l’universo magico-religioso con l’esperienza tecno-scientifica d’inizio 900 tra fotografia e fonografia, per produrre un horror di grande qualità tra realismo ed echi del cinema espressionista. Con questi presupposti, per aver attualizzato sapientemente un genere classico come quello dei fantasmi, il premio RAI4 è assegnato a Post Mortem di Péter Bergendy.

Menzione Speciale Premio RAI4 TS+FF2020

Mortal di André Øvredal (Norvegia, USA, UK)

Motivazione

In un meraviglioso paesaggio scandinavo, il mistero e il soprannaturale irrompono lentamente innescando un viaggio interiore e la fuga di un’insolita coppia dalle minacce degli ottusi inseguitori stranieri. La Norvegia, si riappropria con intelligenza e senza complesso d’inferiorità

della propria mitologia e il risultato è una sorprendente visione che strappa il mantello patinato all’immaginario dominante nell’universo fantasy dei supereroi nordamericani. Per questi motivi e nella speranza che il regista sia capace di resistere alle sirene Marvel e DC, la menzione speciale RAI4 va a Mortal di André Øvredal.

Sinossi

Eric, un giovane escursionista americano nelle terre desolate della Norvegia occidentale, uccide accidentalmente e inspiegabilmente un adolescente, venendo poi arrestato. Prima di essere interrogato, incontra Christine, una giovane psicologa che cerca di capire cosa sta davvero succedendo: è lei l’unica che gli crede e si interessa a lui. Presto si fa viva l’Ambasciata americana che vuole estradare Eric, ma lui riesce a fuggire assieme a Christine. Durante la fuga, braccato dalle autorità norvegesi e americane, scoprirà finalmente chi, o che cosa, è.

Premio Nocturno Nuove Visioni

Riconoscimento assegnato ad un’opera significativa e originale per l’evoluzione del cinema di genere da Nocturno, la principale rivista italiana dedicata al cinema di genere.

Vincitore Premio Nocturno Nuove Visioni TS+FF2020

Meander di Mathieu Turi (Francia)

Motivazione

Ci sono film che ti conquistano perché sanno proiettarti in un'atmosfera claustrofobica e di grande tensione, ci sono film che ami per la bellezza dei loro mostri, quelli che giocano con le aspettative e dagli incubi ti trasportano in un sogno…e poi c'è il film che sa essere tutte queste cose insieme.

Sinossi

Dopo aver accettato un passaggio da uno sconosciuto, Lisa si risveglia in un cunicolo. Al polso ha un braccialetto con un conto alla rovescia: capisce subito che ogni 8 minuti il fuoco brucia una sezione di quel labirinto. Per sopravvivere, non ha quindi altra scelta che strisciare verso le parti sicure. Per scoprire perché si trova la e come uscirne, Lisa dovrà affrontare i ricordi della figlia morta…

Premio CineLab Spazio Corto 

Il premio è organizzato in collaborazione con il DAMS (Discipline delle arti della musica e dello spettacolo), Corso di studi interateneo Università degli Studi di Udine e Università degli Studi di Trieste, ed è riservato al miglior cortometraggio italiano presentato nella sezione Spazio Italia | Spazio Corto. Il premio è stato assegnato da una giuria composta dagli studenti Davide Beraldo, Mattia Cantarutti e Alessandro Dambrosi.

Vincitore Premio CineLab Spazio Corto TS+FF2020

Guinea Pig di Giulia Grandinetti e Andrea Benjamin Manenti

Motivazione

Guinea Pig
Guinea Pig

Dopo una lunga discussione e analisi di tutti i cortometraggi presentati si è deciso di premiare Guinea Pig di Giulia Grandinetti e Andrea Benjamin Manenti. Secondo la giuria il cortometraggio spicca per maggior completezza rispetto alle altre opere presentate, ciò si è deciso prendendo in considerazione l'ottima fotografia, un compartimento di design audio e colonna sonora davvero ottimi e delle interpretazioni notevoli. Non si manca di sottolineare l'apprezzamento nei confronti dell'idea, molto buona e perfettamente in linea con lo spirito fantascientifico del Festival. È stato inoltre apprezzato lo spirito artistico con cui si è deciso di procedere.

Sinossi

In un mondo dove il governo ha abolito ogni sorta di contatto fra essere umani, da quello visivo a quello sessuale, i cittadini sono sottoposti a un test annuale di controllo per verificare il progresso dell’empatia e dell’attrazione sessuale.