La vicenda che, da un lato, vede contrapporsi in un'aula di tribunale l'autore (Steve Vander Ark) e l'editore (RDS Books) dell'enciclopedia Harry Potter Lexicon , e dall'altro lato J.K. Rowling e la Warner Bros da un altro, sta mettendo in luce alcuni peculiari risvolti 'sociologici' appartenenti al cosiddetto popolo della Rete.

E' infatti interessante osservare il comportamento del web dinanzi a quesa diatriba sul copyright, a prescindere dalle questioni legali sottese (che comunque non sono così pacifiche, visto che entrambe le parti possono vantare dei precedenti a sostegno delle proprie tesi e visto che lo stesso giudice investito della causa ha consigliato di trovare un accordo fuori dall'aula).

Per quanto riguarda la stampa on line, moltissime testate stanno optando per stigmatizzare la scrittrice, accusandola - lei bookstar miliardaria - di voler fare la voce grossa, in nome dell'avidità, con un povero bibliotecario disoccupato e devoto ex fan. Una ripercussione in termini di pubblicità negativa che era del resto facilmente prevedibile e che la Rowling avrebbe dovuto mettere in conto.

Vediamo in dettaglio qualche estratto, che permette di avere un'idea dei vari registri adottati, dal velatamente ironico di certe allusioni all'apertamente polemico di autentici attacchi frontali:

CNN

"Persino la Rowling ha ammesso di essere una fan del sito [di Lexicon].   [...] Sfortunatamente, non è più una così grande fan dello stesso. Non da quando Vander Ark ha deciso di trasformare il sito in un libro".

http://www.cnn.com/2008/CRIME/04/22/sunny.potter/

The Independent

"C'è qualcun altro che pensa che J.K. Rowling stia diventando un po' isterica a proposito della causa legale in cui sta citando un fan - leggermente ossessionato, va detto - per aver prodotto un libro che spiega tutto l'oscuro linguaggio di Harry Potter? [..]. Che differenza fa oggigiorno se uno accede a un libro on line o su carta?[...]. [La Rowling] ha dato il via libera a tutte le tazze, le cartelle, le bacchette e i costumi che hanno fatto una fortuna per le società di marketing. E quest'anno si inizia a costruire un parco a tema a Orlando, in Florida. Con la sua benedizione".

http://www.independent.ie/entertainment/books/jk-rowling-and-the-trouble-with-harry-1355187.html

The Guardian

"Dove diavolo sta la differenza fra della roba che sta su Internet o che è disponibile da comprare sotto forma di libro? L'autrice può asserire che, nell'ultimo caso, il denaro va in tasca a qualcun altro che non è lei, ma il sito [di Lexicon] ha avuto a lungo inserzionisti, quindi questo sembra legalmente irrilevante. L'editore di Vander Ark voleva pubblicare una tiratura di 10.000 copie; se la Rowling dovesse pubblicare un'enciclopedia, si stima che la prima tiratura sarebbe di tre milioni di copie"

http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2008/apr/19/harrypotter.harrypotter

The Telegraph

"Ho comprensione verso i sentimenti feriti della Rowling - in particolare perché ha annunciato di voler produrre una sua enciclopedia e posso capire che la Warner Brothers sia ansiosa di tracciare una linea di demarcazione legale di qualche tipo. Ma questo [caso] ne farebbe tracciare una del tipo sbagliato. Dovrebbe restare chiaramente legittimo che la gente pubblichi e tragga profitto da lavori accademici su qualuqnue scrittore all'interno o all'esterno [dei confini del] del diritto d'autore. La stessa Rowling, in passato, ha mostrato grande buon senso e generosità con i suoi diritti d'autore. Per esempio, dà  la sua benedizione a un vasto numero di fan che scrivono on line le loro Potter-storie per divertimento e ha permesso che parecchie parodie a scopo di lucro passassero scevre da minacce. [ll giornalista del Telegraph ignora evidentemente che le parodie, a differenza delle fan fiction, non violano il diritto d'autore- NdR]. Questo mi sembra un esempio in cui il signor Vander Ark è deciso a non tirarsi indietro per fare un favore alla donna il cui lavoro egli professa di ammirare e lei farebbe meglio a stringere i denti e a sopportarlo. "Siamo o no i padroni del nostro lavoro?" - chiede lei. Una volta che il lavoro ha viaggiato per il mondo, mi dispiace, la vera risposta è: non interamente".  

http://www.telegraph.co.uk/opinion/main.jhtml?xml=/opinion/2008/04/19/do1903.xml

Ciò che però appare strano è che invece la Warner Bros, che è parte in causa esattamente come la Rowling ed è sospettata anzi di essere la più forte promotrice del contenzioso, viene tirata in ballo raramente, denotando da parte dei giornalisti un modo preconcetto di fare informazione. Eppure la Warner ha dalla sua, sotto questo profilo, un gran brutto precedente potteriano, visto che in passato mobilitò i propri legali affinché inviassero lettere ad alcuni bambinetti 'macchiatisi' del reato di aver registrato, per i propri siti dedicati alla saga, un dominio Internet contenente il pluriprotetto nome del maghetto.

Una delle poche voci che si è levata contro la  politica da schiacciasassi del colosso cinematografico è di nuovo il Guardian, che scrive con caustico sarcasmo: "Naturalmente, non sarebbe la prima volta che la Warner Bros viene coinvolta in un caso di diritto d'autore grettamente protezionista. Ricordiamoci quella geniale lettera che Groucho Marx vergò all'indirizzo dei produttori di Casablanca dopo aver ricevuto un "minaccioso documento legale" che diffidava i fratelli Marx dal chiamare il loro film A Night in Casablanca: "Non avevo idea che la città di Casablanca appartenesse esclusivamente alla Warner Brothers" obiettò impassibile. "Sono sicuro che il cinefilo medio col tempo sarà in grado di distinguere fra Ingrid Bergman e Harpo.... Che cosa mi dite invece della Warner Brothers? Possedete anche quello? Probabilmente avete il diritto di usare il nome Warner, ma che mi dite del nome Brothers? Professionalmente, noi eravamo fratelli da molto prima di voi... "

Per contro, molti dei comuni blogger si schierano a fianco della scrittrice, specialmente se si tratta di altri scrittori o di musicisti. Anche qui però va sottolineato che il giudizio non è mai obiettivo, cioè non si basa su fondati rilievi legali ma è unicamente dettato dalla preoccupazione delle ripercussioni, in direzioni più morbide, che l'esito della causa potrebbe avere in materia di copyright. Un allarmismo ingiustificato, visto che - lo ripetiamo - le questioni legali sul tavolo e i loro risvolti non sono affatto pacifici come i blogger vorrebbero e comunque, se è vero come è vero che la maggior parte degli esperti americani  di Proprietà Intellettuale sembra schierata a favore di Lexicon, ciò avviene in ragione di  precisi parametri che regolano la materia da molto tempo e che non hanno mai inficiato i legittimi diritti degli autori. Ne accenneremo più diffusamente in fondo al presente articolo.

Fra l'altro, curiosamente queste preoccupazioni sembrano essere denominatore comune solo di artisti alle prime armi, mentre autori come Philip Pullman, Stephen King o Neil Gaiman, che addirittura ha recentemente preso espressa posizione sulla vicenda, sono a favore delle 'pubblicazioni secondarie'.

Se si passa poi alle reazioni dei 'semplici naviganti', cioè ai fruitori di forum, mailing list oppure occasionali commentatori di articoli laddove esiste uno spazio apposito, si notano i risvolti più sociologicamente interessanti in merito alla percezione degli argomenti sottesi a questa causa, una percezione che viene inficiata da numerose  'leggende metropolitane'.

La prima leggenda che emerge è che, per moltissimi, la violazione del diritto d'autore rileva solo se perpetrata attraverso un supporto fisico. In altre parole, anche se il contenuto di Lexicon violasse il diritto d'autore, finché l'enciclopedia è disponibile solo online, essa non viene percepita come lesiva di tale diritto. Si può supporre che questa convinzione sia alimentata in parte anche dalle dichiarazioni della Rowling, la quale ha affermato di non avere alcun problema con un Lexicon in Rete (che anzi ha, per sua stessa ammissione, più volte utilizzato e lodato) ma di averlo con la sua versione cartacea.

Questa convinzione è in ogni caso, una percezione distorta della legge, la quale non opera discriminanti basate sul mezzo attraverso il quale il diritto d'autore viene violato: se violazione c'è, c'è sia che avvenga su carta (o su qualsiasi altro supporto fisico), sia che avvenga 'incorporeamente' sul web.

La seconda leggenda metropolitana è rappresentata dal fatto che, secondo una estesa percentuale di persone,  finché l'eventuale violazione non avviene per scopo di lucro, allora è del tutto tollerabile, o addirittura lecita.

Questa convinzione è figlia della percezione, altrettanto falsata, che tutto ciò che è on line sia, ecumenicamente e utopicamente, libero patrimonio di tutti. Una forma mentis che in molte persone è supportata da malafede e si fa forte della difficoltà di perseguire le violazioni on line, dato l'elevatissimo numero di siti, blog e utenti. In molte altre invece, specialmente nei casi di giovani che - appunto per questioni anagrafiche - non hanno mai vissuto una vita senza Internet, questa concezione è semplicemente figlia della disinformazione oppure dalla confusione con la disciplina del copyleft e/o dell'incapacità di comprendere le ragioni per cui è stato creato il diritto d'autore (anche se va detto che le attuali leggi, specialmente quella nostrana, andrebbero abbondantemente riviste e ricalibrate in senso più obiettivo e in relazione agli sviluppi tecnologici della società).

La terza leggenda metropolitana si concentra infine sui libri-corollario alla saga finora editi in tutto il mondo. Molti si domandano infatti, e a ben ragione, perché numerosi volumi, incluse moltissime enciclopedie simili a Lexicon, non siano state bloccate in base alle medesime contestazioni. Il quesito è legittimo e trova due sole possibili risposte logiche (il che non significa necessariamente sensate): o Lexicon, per la sua maggiore notorietà rispetto ad altre enciclopedie, è percepita come concorrenzialmente rilevante, oppure la violazione contestata non esiste in Lexicon come non esiste nelle altre enciclopedie. Di certo l'ambiguità del comportamento della Rowling e della Warner, scaturita da questa plateale disparità di trattamento, contribuisce a fomentare sospetti. D'altro canto è comunque disorientante pensare che la scrittrice possa davvero pensare che Lexicon causerebbe danno alla vendite della sua enciclopedia sul mondo di Hogwarts, visto che quest'ultima pubblicazione svelerebbe interessantissimi retroscena inediti in quantità industriale, schiacciando qualsiasi possibile concorrente.

Ma a prescindere da tutte queste considerazioni, la Rete si dà le proprie, autonome risposte, ancora una volta palesemente distorte. I navigatori sono infatti convinti che le altre pubblicazioni attualmente sul mercato abbiano avuto l'assenso della scrittrice, oppure che la Rowling, bontà sua, abbia deciso di non perseguire quei libri, magari perché lusingata dal fatto che venisse tributata tanta attenzione accademica alla sua creazione. Oppure ancora, la Rete ritiene che questi libri abbiano anch'essi violato il diritto d'autore e l'abbiano fatta franca, ammantando così  di un'ombra ingiusta e infamante gli autori e gli editori di tali opere.

Quello che la gran parte dei netizen evidentemente ignora è proprio i concetto di 'fair use' (uso leale) di qualsiasi lavoro protetto da diritto d'autore, il quale legittima la pubblicazione di tutti i lavori di analisi, di critica e di approfondimento basati su un altro libro, a prescindere dall'espressa autorizzazione dello scrittore del libro 'primario' o dalla sua presunta magnanimità nel non bloccare la loro pubblicazione. Si tratta di una norma a tutela della libera circolazione delle idee, che dalla notte dei tempi arricchisce il patrimonio culturale dell'umanità anche se le idee 'sopraggiunte' figliano da altre idee 'precedenti'. Del resto, nell'arte, nessuno inventa mai nulla di nuovo - così come la Rowling non ha inventato i maghi e i castelli incantati, o le scuole di magia e i lupi mannari, o gli ippogrifi e le manticore - ma elabora solo nuovi modi per esprimere determinati concetti.

Ed è proprio sull'istituto del fair use che stanno facendo leva i difensori di Lexicon affinché le istanze della Rowling e della Warner vengano rigettate. La loro tesi è infatti che Lexicon non sia un mero re-impasto parafrasato e/o un mero riassunto delle vicende e dei personaggi descritti nei romanzi (nel qual caso ci sarebbe certamente violazione dei diritti della Rowling), bensì uno strumento di appoggio per aiutare il lettore a comprendere meglio la saga, attraverso il coordinamento delle informazioni, l'indicazione delle possibili fonti, le speculazioni accademiche su certi punti nodali dell'universo potterico, l'inserimento di notizie e/o dichiarazioni sulla e della Rowling che fanno ulteriore luce su determinate parti del suo lavoro etc. etc.

E ci sono dei precisi parametri in base ai quali verificare se un testo è incasellabile nella cornice del fair use, i quali esulano dallo scopo di questo articolo. Ma ci riserviamo di esaminarli in dettaglio nel caso in cui si giunga a una sentenza. Discuterne prima avrebbe poco senso: sarebbe pura accademia. Ancorare invece la disamina sul caso concreto sarà molto più proficuo e godibile.

Tuttavia è molto probabille che una sentenza del genere non verrà mai pronunciata, se le parti, dimostrando solido buonsenso da ambo i lati, risolveranno di accogliere il consiglio del giudice addivenendo a un accordo. Un passo che, se fosse stato fatto prima, avrebbe risparmiato un bel po' di figuracce e umiliazioni ai contendenti, bollati adesso, a seconda delle fazioni, come ladri e arpie. In un carosello di tristezza infinita...