– E che diavolo sarebbe questo? – domandò brusco il Generale dell’Esercito Gnomico, strappando il foglio dalle mani del suo sottoposto. 

Si allontanò qualche passo per leggere indisturbato, aprì la missiva e proruppe in una risata glaciale.

– Un’offerta di pace? – Squadrò sprezzante la Fatina in piedi ai margini della radura: si sforzava di restare dritta senza sbattere nervosamente le ali, ma le labbra contratte e gli occhi semichiusi tradivano perfettamente la sua agitazione. Era carina, così esile e delicata… Grugnì, tornando a esaminare la pergamena, sulla quale le parole si delineavano con tratto aggraziato ma incerto.  

 – Già, proprio un’offerta di pace, che sciocchezza!

Gettò a terra il foglio, che sparì tra l’erba alta, poi si avvicinò alla Fatina, sovrastandola di una spanna. 

– Senti, dolcezza… – esordì con finta gentilezza – che cosa mai vi è venuto in mente, eh? Voi che parlate di pace… Proprio voi! Non mi pare adeguato… – La sua voce si fece dura.   

– Io…noi… – incespicò incerta la Fatina – noi pensiamo che sarebbe meglio per tutti. – Sembrò infine aver trovato il coraggio – Se non accettate, sarà un…

Non terminò la frase: la mano pesante del Generale Gnomo l’aveva afferrata per il corpetto e la scuoteva brutalmente. Le Fatine che assistevano alla scena seminascoste nel sottobosco fecero per avanzare, ma si arrestarono subito, cogliendo il minaccioso click delle balestre degli Gnomi appostati dalla parte opposta della radura.

– Bella mia, – ruggì il Generale – a che gioco stai giocando, eh? Tu e le tue amichette fareste meglio a tenere a mente che siete state voi le prime ad attaccar briga, con l’incendio dei Funghi Alti e con l’attentato al Direzionale Roveto! 

– Per l’esasperazione! Per le angherie che continuamente subiamo da parte vostra e che vanno avanti da lunghissimo tempo! E ora siamo pronte alla guerra, ve lo abbiamo dimostrato!  Ma se firmate la pace e vi ritirate dai nostri territori…

– I vostri territori? – Il Generale la guardò incredulo – I nostri territori, vorrai dire. Voi non avete alcun territorio, la Foresta è degli Gnomi. Degli Gnomi e basta, capito? – le urlò in faccia, mentre la strattonava ancora, per poi scagliarla con forza a terra.

La Fatina sbatté la schiena e si rialzò dolorante, le ali ammaccate.

– N…non sapete a che cosa andate incontro! – Strillò fuori di sé, tremando di rabbia e terrore.   Si ritrasse di un passo, quando lo Gnomo protese il collo per squadrarla minaccioso: aveva occhi infossati e una barba ispida che gli punteggiava il viso butterato; ma ciò che faceva più ribrezzo alla Fatina era il grosso bubbone verde-bluastro che gli cresceva alla destra del naso e che pulsava intensamente.

– Ah, no? Non lo sappiamo? – Ironizzò il Generale Gnomico – Beh, quindi forse dovrei proprio riconsiderare la vostra offerta. Vediamo…

La Fatina attese tremante, sperando che lo Gnomo rammentasse gli ultimi Razorblade Vorticanti che avevano distrutto il corpo uffici gnomico nel Direzionale Roveto.

Il Generale parve soppesare per un attimo un pensiero indecifrabile, poi si girò di scatto e ritornò indietro tra le file dei suoi. 

– Schiacciatele! – Ordinò seccamente, facendo un gesto sbrigativo verso le Fatine assiepate dietro i primi arbusti – Lei per prima! 

La Fatina era rimasta inchiodata sul posto, tremante di terrore e incapace di muovere un solo passo. Si udì un cigolio accompagnato da alcuni schiocchi acuti: grossi massi volarono fuori da un gruppo di felci e si diressero inesorabili su di lei e le sue compagne. 

Un singolo grido strozzato, e tutto ciò che restò della Fatina fu un mucchietto di ali frantumate, membra spappolate e sangue ancora caldo. 

- Stupido esserino – sogghignò il Generale.

* * *

La guerra però non stava andando come il Generale Gnomo aveva previsto.

Era convinto che sarebbe stato più facile spegnere nel sangue le insurrezioni terroristiche delle Fatine, invece si erano ritrovati impantanati in uno stillicidio di attacchi mirati e ritirate precipitose. Le Fatine colpivano rapide per poi rifugiarsi al sicuro nelle loro basi ben difese. Ma quel giorno le cose sarebbero cambiate, lo sentiva.

Osservò con attenzione il tronco della grande quercia: distava poche decine di passi dalla loro trincea e si slanciava verso il cielo, dividendosi più in alto in differenti diramazioni nodose.

Dietro a quel tronco si trovava la più importante delle roccaforti delle Fatine. Se avessero conquistato quella base, avrebbero avuto la strada spianata verso la vittoria. 

Attese a lungo, facendo segno ai soldati di non muoversi. Gli Gnomi sbuffavano: la pazienza non era certo tra le loro doti principali. Per tenerli buoni fece passare ben più di una tirata di pipa ai Funghi; normalmente non approvava l’utilizzo di stupefacenti, ma l’euforia che davano i Funghi poteva risultare utile in una manovra d’assalto pericolosa come quella che stavano per compiere. 

A un tratto, le Fatine sbucarono da dietro il tronco, volando più in alto che potevano, e si misero a bersagliarli sparando fitto con le Cerbottane di Bambù, per poi scatenare la furia dei loro Razorblade Vorticanti. Il Generale Gnomico imprecò. Si aspettava quella mossa, ma finire sotto il tiro incrociato delle Cerbottane non era affatto gradevole, per non parlare delle insidiose lame dei Razorblade. Gli Gnomi in trincea alzarono gli scudi, quindi attivarono le loro Catapulte come contraerea.

Le Fatine furono colte di sorpresa; occorreva approfittarne per uscire da quel buco maledetto.

– Fuori! Fuori di qui! – Il Generale si sbracciò ripetutamente percorrendo la trincea. Un proiettile di Cerbottana gli sfiorò il viso, atterrando a pochi passi. Alzò una mano e si tastò la faccia: per fortuna la rasatura era ancora omogenea. Sorrise compiaciuto, prima di tornare a spingere i suoi soldati fuori dal fossato. 

La battaglia infuriava sempre più feroce. Le Fatine sbucavano numerose da dietro il tronco, rimpolpando le loro file con energie sempre fresche; dall’altra parte, la trincea continuava a vomitare sulla piana circostante l’esercito gnomico, che ben presto si organizzò in formazioni ordinate e contrattaccò con le Catapulte a lunga gittata.

Il Generale comprese il rischio di una situazione di stallo, che avrebbe portato al lento, reciproco sterminio di entrambe le parti. Dannazione, quando sarebbero arrivati i rinforzi?

All’improvviso, una specie di tuono solcò l’aria da settentrione e nugoli di frecce volarono compatti in direzione della roccaforte. Le Fatine furono colte dal panico e cercarono disperate di rientrare nella loro postazione per difenderla. Il Generale Gnomo sorrise soddisfatto: “finalmente” pensò. Il resto del suo esercito era arrivato. Incitò la fanteria ad avanzare, stringendo il nemico in una morsa a tenaglia. 

Ben presto non sarebbe rimasta viva una sola Fatina.

* * *

– Ehi, capo…

– Che c’è? – Rispose brusco il gigantesco Ogre che guidava la fila. 

– Pensavo, forse potremmo accamparci al riparo di quel boschetto, per la notte. – L’Ogre Soldato indicò un piccolo folto d’alberi a poca distanza da loro, che emergeva solitario spezzando la piatta monotonia della Pianura Sterminata.

L’Ogre Comandante si fermò, alzando gli occhi al cielo e scrutando lontano, verso occidente, dove si stava accalcando un gran numero di nubi scure in rapido avvicinamento.

– Forse hai ragione – convenne – proviamo a vedere se là in mezzo riusciamo a trovare un posto decente per passare la notte. Trovarmi in aperta Pianura sotto un temporale è un’idea che non mi solletica affatto.

– Giusto! – Approvò il sottoposto, girando prontamente i suoi passi verso gli alberi. 

– Un attimo – lo trattenne un terzo compagno, di corporatura più esile ma con lo sguardo intelligente – Ho sentito parlare di quel posto. Alcuni lo chiamano “La Piccola Foresta di Workh” e si dice che sia in mano a un popolo di Gnomi piuttosto bellicosi.

L’Ogre Comandante ridacchiò divertito, dopo un istante di silenzio.

– Uh, Gnomi! E bellicosi, per giunta… Che paura! – Rise ancora, imitato dai compagni – Bene, amici, bisogna sperare in un’accoglienza entusiastica. Altrimenti, – scrutò gli altri a uno a uno – dovremo annientare quegli stupidi Gnomi come delle pulci.

Qualche risatina sommessa si levò ancora dal gruppo. Il Comandante si lasciò sfuggire un sorriso, poi si diresse risoluto verso la Foresta.