Tipo: Gioco da Tavolo

Di cosa parla: Della quest di Frodo e compagni per la distruzione dell’unico anello

Qualità componenti/grafica: buona, molto colorata e con belle illustrazioni tolkieniane

Numero giocatori: 2-5 (3-6 con l’espansione Sauron)

Complessità: media

Chiarezza e completezza delle regole: inferiore alle attese, con punti fondamentali per lo svolgimento del gioco spiegati in un solo passaggio, esempi insufficienti

Durata media: 1 ora o meno

Assomiglia a: molto atipico come gioco da tavolo: ha schemi simili a un videogioco e caratteristiche simili al gioco di ruolo

Elemento fortuna: sostanzioso,

Consigliato a: collezionisti tolkieniani, per giocatori di ruolo in cerca di qualcosa di diverso, per le famiglie

Rigiocabilità: buona

Prezzo: 48 euro

Rapporto qualità/prezzo: buono

Giudizio complessivo: mediocre (buono con l’espansione Sauron)

Uscito prima ancora che il primo film della trilogia di Peter Jackson raggiungesse le nostre sale, questo gioco da tavolo del celeberrimo disegnatore di giochi tedesco Reiner Knizia è il tentativo, creativo ma maldestro, di portare l’epos della saga fantasy per eccellenza sulle nostre tavole di giocatori. Adatto a 2-5 giocatori di età superiore almeno agli 8 anni (probabilmente per giocarlo da soli servono almeno un paio di anni in più, ma con fratelli più grandi o genitori si può facilmente coinvolgere anche un bambino di quell’età), Il Signore degli Anelli si presenta molto attraente a un primo esame delle componenti, salvo restare poi abbastanza delusi dalle strane dinamiche del gioco.

Ognuno dei giocatori rappresenta uno degli hobbit della compagnia dell’anello (salvo un quinto intruso, aggiunto per avere un maggior numero di giocatori) e l’obbiettivo comune è portare l’anello a Monte Fato e distruggerlo, prima che il portatore dell’anello cada preda della corruzione del Male. La principale caratteristica che salta subito all’occhio è la mancanza di avversari diversi dal sistema di gioco: in pratica, i giocatori collaborano fra loro per raggiungere la meta avendo come ostacolo soltanto il gioco stesso. I pericoli e le insidie del percorso, che è sempre lo stesso (ovvero il percorso della compagnia nel romanzo di Tolkien), sono rappresentanti da un doppio sistema di eventi aleatorio, guidato da un mazzo di carte e da una serie di tessere. Mentre in alcuni punti del percorso (Gran Burrone e Lorien) i giocatori prendono soltanto carte utili alla bisogna, nei quattro passaggi rischiosi del percorso (Moria, Fosso di Helm, Tana di Shelob e Monte Fato) le tessere del fato guidano lo sviluppo del gioco, costringendo i giocatori a reagire alle richieste del sistema. Dal momento che ognuna di queste tappe, pur identica di partita in partita, viene risolta attraverso la pesca e il gioco di tessere e carte rimescolate casualmente prima dell’inizio del gioco, la variabilità viene data soltanto dalla sequenza dell’estrazione di queste carte e dal diverso gioco che ne fanno i giocatori (per questo motivo, ognuno dei quattro mini-giochi finisce per essere una sorta di schema di un videogioco, che bisogna capire come risolvere, con l’aggiunta di un elemento aleatorio che lo rende sempre almeno un po’ diverso dalla volta precedente).

Lo svolgimento del gioco, dunque, prevede il corretto utilizzo delle risorse a disposizione degli hobbit per il completamento della loro missione e questo può portare all’eliminazione di alcuni giocatori purché l’anello possa proseguire il suo cammino: durante il gioco, infatti, molti degli eventi forzati dalla pesca delle tessere spingono gli hobbit verso Sauron (rappresentato da una minacciosa pedina nera) sulla tabella della corruzione o l’Oscuro Signore verso gli abitanti della Contea. Quando uno degli hobbit e Sauron condividono la stessa casella, l’ometto dai piedi pelosi è tolto dal gioco; se questo è il portatore dell’anello, la partita finisce e tutti i giocatori hanno perso. Per questo motivo uno degli aspetti fondamentali del Signore degli Anelli è il comprendere quando sia strategicamente importante cambiare il portatore dell’anello e quali giocatori sacrificare perché l’anello possa continuare la corsa verso la vittoria. E proprio per questo, il gioco è assolutamente anomalo nel panorama dei giochi da tavolo: il suo autore, infatti, pur riuscendo a cogliere molto bene lo spirito di sacrificio e di compartecipazione che anima la trilogia tolkieniana, e anzi proprio per questo motivo, finisce per creare un gioco assolutamente privo di competizione e strutturato in modo che i giocatori debbano necessariamente votarsi all’eliminazione – generalmente per vincere bisogna perdere almeno un paio dei partecipanti – e al non considerare che effettivamente porti l’anello a Monte Fato.

In pratica, si può considerare il gioco come una sorta di solitario a più giocatori, dal momento che più partecipanti ci sono, maggiori sono le possibilità di sconfiggere Sauron, ma anche che se non si gioca come una sola persona è impossibile vincere.

Accettato questo (e non è cosa facile per la maggioranza dei giocatori che conosco, compresi quelli che sono soliti dilettarsi nei giochi di ruolo), si può probabilmente divertirsi abbastanza con questo gioco, almeno per qualche partita, prima che la ripetitività delle situazioni abbia la meglio sulla curiosità. I punti deboli del progetto sono sostanzialmente due, quindi:

1) la mancanza di competizione.

2) il ripetersi infinito delle stesse situazioni.

Alla prima limitazione l’autore e l’editore hanno posto rimedio pubblicando l’espansione Sauron, una scatola aggiuntiva che inserisce un nuovo giocatore come rivale degli hobbit, rendendo improvvisamente tutto più interessante. La seconda, invece, dipende dalle meccaniche scelte e può anche piacere a un certo tipo di giocatori.

In definitiva, Il Signore degli Anelli di Knizia è, come tutti i progetti di questo vulcanico autore di giochi teutonico, un gioco che o si ama o si odia, senza particolari vie di mezzo, ma con l’espansione Sauron può diventare qualcosa da rigiocare di tanto in tanto.