Era una goccia di pioggia di medie dimensioni, né troppo limpida né troppo inquinata, che scendeva da un cielo ancora solcato da qualche nube residua. Le successe una cosa strana: smise di precipitare e rimase sospesa, come un ragno diafano trattenuto dalla propria ragnatela. – Ahia! – si lamentò. – Quale presunzione! Quale sgarbatezza! Ahia! E ancora, ahia!

- Eh, quante storie! – la rimbrottò il raggio di sole. Era un raggio di media luminosità, né troppo accecante né troppo pallido, che viaggiava alla solita velocità di 300.000 chilometri al secondo. E per questo, come si può bene immaginare, nel suo campo d’azione i</em />l tempo si era fermato. – Dobbiamo realizzarla o no, la Grande Opera? E se dobbiamo, lo sai come funziona, no? Devo colpirti almeno in tre punti.

- Bé, a dire il vero il meccanismo preciso non l’ho mai ben capito. So soltanto che fa un po’ male.

- Ma non mi dire! Capisco che singolarmente, voi gocce d’acqua, avete vita breve: dal cielo alla terra, e splash</em />. Ma poi risalite in forma di vapore, vi riaggregate… Che fine ha fatto la proverbiale memoria dell’acqua</em />? Dovreste ricordare le precedenti esperienze. O no?

- Fate presto a parlare, voi raggi di luce. Io invece non ricordo un bel niente. Forse perché una cosa così non l’avevo mai sperimentata. Sai, non capita mica a tutte le gocce!

- E va bene, riassumo il meccanismo a tuo beneficio. Funziona così: io colpisco la tua superficie in un dato punto e, per rifrazione, subisco una deviazione e proseguo al tuo interno lungo una traiettoria modificata fino a incontrare di nuovo la tua superficie, che mi blocca l’uscita, mi riflette e mi fa tornare indietro; così incontro la superficie per la terza volta, subendo una seconda rifrazione che mi fa ancora deviare. Tre piccoli scontri, insomma. Il risultato finale corrisponde a una deviazione con valore medio di circa 138°, cosicché l’Opera si modella su un cono avente angolo al vertice di 42°. Capito?

- Mica tanto – rispose la goccia di pioggia. – Con valori così fissi viene da pensare che, in uscita, i componenti della tua luce rimarrebbero sovrapposti, mescolati. E allora da dove salta fuori il ventaglio dell’iride?

- Tu non sei stata abbastanza attenta, cara la mia goccia. I 138°, come ti ho specificato, costituiscono un valore medio; in realtà, l’angolo di deviazione è funzione della lunghezza d’onda della luce. Per il violetto, ad esempio, la deviazione finale risulterà di 139°, e di 137° per il rosso. L’angolo, insomma, varia con il variare del colore, e così ognuna delle componenti che formano la mia luce viene deviata in modo leggermente diverso, e la luce bianca si divide nei colori dell’iride.

- Ah! Adesso credo di aver capito.

- E non è tutto – riprese il raggio di sole. – Il meccanismo che ti ho descritto modella la Grande Opera che i Terricoli definiscono arcobaleno primario</em />. Esistono altre possibilità, però. Al tuo interno, tanto per dirne una, potrei subire anche una riflessione doppia, e in questo caso la mia deviazione finale sarebbe di circa 129°, e la Grande Opera prenderebbe forma su un cono avente angolo al vertice di 51°.

- E cosa cambia?

- Cambia, cambia. In questo caso, la mia traiettoria uscente incrocerebbe la mia stessa traiettoria entrante, con il risultato che la sequenza dei colori dell’Opera risulterebbe invertita.

- Forte! Uno spettacolo, per i Terricoli.

- Già. Queste varianti di manifestazione loro le definiscono arcobaleni secondari</em />. Ma non dimenticare che per i Terricoli non è facilissimo assistere alle rappresentazioni; se, metti caso, papà Sole ha un’altezza sull'orizzonte superiore a 42°, per un loro osservatore l'arcobaleno primario</em /> non è più visibile, e se oltrepassa i 51° non è visibile nemmeno il secondario.</em /> Lo spettacolo a beneficio dei Terricoli, in altre parole, non è realizzabile, orientativamente, da tre ore dopo l’alba e fino a tre ore prima del tramonto; è per questo che la Grande Opera si modella più facilmente nelle ore pomeridiane, dopo il passaggio di un fronte freddo, o in estate durante i temporali improvvisi.

La goccia di pioggia fu colta da repentina malinconia. – Guarda! – disse al raggio di luce. – Inizia a prendere consistenza. Che meraviglia! E che dimensioni! Pensare che noi siamo così piccole, e destinate, ahinoi!, a un’esistenza tanto effimera!

- La larghezza delle bande e la loro intensità variano con il variare del vostro diametro – commentò il raggio. – E se fossi in te, metterei da parte la tristezza. Voi siete piccole, sì, ma tante, e tu sei una goccia fortunata fra le gocce, ti è stato concesso l’onore di collaborare alla realizzazione di un’Opera strabiliante. Le nostre rappresentazioni sono tenute in grande considerazione dai Terricoli, che nei secoli ne hanno intessuto le lodi attribuendo loro alti valori simbolici.

La goccia sembrò essersi rincuorata. Guardò in giù. Il tempo interrotto le impediva ancora la discesa, la ragnatela invisibile la teneva sospesa, immobile nel cielo. – Raccontami – disse al raggio di sole. – Fin quando il campo d’azione</em /> che mi circonda subirà l’influenza della tua luce non precipiterò.

- D’accordo. Ti dico quello che so. – Si capiva che quello era un raggio loquace, uno di quelli a cui piace trasmettere alle gocce attraversate occasionalmente le proprie conoscenze. – Intanto devi sapere che in tutte le tradizioni dei Terricoli l’Opera viene adottata come espressione simbolica della Via di comunicazione tra il Cielo e la Terra; l’Arcobaleno, per loro, rappresenta la Luce Perfetta e il complesso dei colori, dove ogni colore genera armonia, manifesta la Verità Assoluta. Basti ricordare che la mitologia greca chiamò Iris la divinità dai piedi alati, sorella di Tauma e di Elettra, che assicurava i collegamenti tra l’Olimpo e la Terra, servendosi dell'arcobaleno come ponte; e che il fiore dell'iris, messaggero di buona novella, fu così chiamato proprio perché la bellezza dei suoi colori ricordava i colori dell’iride. Per gli indiani l’Arco di Idra simboleggia l’attività delle sfere celesti, che si manifesta nella pioggia, nei tuoni e nei fulmini; per l’Islam i colori dell’Opera rappresentano il riflesso delle qualità divine, e per i Terricoli occidentali costituiscono, in genere, presagio di eventi felici, in ricordo del patto con il quale Dio promise a Noè che né lui né i suoi discendenti avrebbero più perso la terra a causa di un diluvio.

- Grande! – commentò la goccia in un moto d’entusiasmo che rischiò di farla esplodere.

- Hai ragione: grande! – continuò il raggio. – Pensa che anche il Santo Giovanni, quando nell’Apocalisse descrive la gloria di Dio, dice:  ”Colui che stava seduto era simile nell’aspetto alla pietra di diaspro e di sardonico; e intorno al Trono c’era un arcobaleno che, a vederlo, era simile allo smeraldo”.

- E qual è la funzione dell’Opera intorno al Trono?

- Bé, si ritiene che in questo caso Giovanni la utilizzi per simboleggiare il patto che Dio fece con la Chiesa per mezzo del Cristo. Ma, come ti dicevo, tutti i popoli della Terra hanno riservato all’Opera un posto d’onore, e di lei hanno persino cantato. Senti questa: "Avanza sulla scia dell'Arcobaleno, avanza sulla scia di una canzone, e tutto sarà bello per te. C'è una strada fuori da ogni oscura foschia, oltre la traccia dell'arcobaleno."

- Bella, cos’è?

- Un’antica ballata dei Terricoli Navaho, popolo pellerossa d’America. E senti quest’altra: “Hai incominciato il tuo cammino sulla terra buona, hai incominciato il tuo cammino con mocassini buoni, mocassini con lacci creati dalle luci dell’Arcobaleno. Con mocassini creati dai raggi del sole hai incominciato il tuo cammino… Nell’abbondanza hai incominciato il tuo cammino”.

- Bella anche questa.

- Così cantavano gli Apache, altri Terricoli di pelle rossa, in occasione delle cerimonie per il passaggio all’età adulta. E per dirla con gli anziani dei pellerossa Hopi, “l’Arcobaleno è il segno dello spirito che vive in ogni cosa”.

La goccia guardò in basso e sembrò assalita da improvvisa frenesia. – Continua, ti prego! Racconti di cose davvero interessanti, ma sento che il non-tempo</em /> che sospende la mia caduta esaurirà presto i suoi straordinari effetti.

- Hai ragione, l’epilogo si avvicina – la rimbeccò il raggio di sole. – Osserva! Laggiù, ai piedi dell’arco. Il folletto di turno è già arrivato, tirandosi dietro pala e pentola piena di monete d’oro. Ecco che comincia a scavare. E sì, la fine è ineluttabile, ma non te ne dolere. Lo ripeto: devi ritenerti già fortunata per aver potuto partecipare alla creazione della Grande Opera. E poi, non è detto che anche laggiù tu non possa incontrare un destino diverso da quello delle tue sorelle. Un destino speciale.

- Mmm… – brontolò la goccia poco convinta. – Cosa vuoi che mi riservi la sorte? Mi spiaccicherò al suolo, come tutte le gocce. Per questo, ti prego ancora, raccontami di altre meraviglie.

- Bé, per restare ai Terricoli di pelle rossa, posso dirti che molte profezie delle loro nazioni affermano che, quando la Terra sarà vicina alla distruzione a causa della stupidità dei suoi figli, i Guerrieri dell’Arcobaleno si uniranno per condurre il mondo in una nuova era di armonia.

- Ci siamo! – esclamò la goccia di pioggia. – La Grande Opera è quasi completamente formata. Guarda che colori! Guarda che bande! C’è il rosso e il verde e il giallo e l’arancione e il blu e il violetto… e poi… qual è il settimo? L’indaco?

- Eh, senza volerlo hai toccato un tasto delicato – disse il raggio, agitando i corpuscoli. E i raggi di sole, si sa, agitano i corpuscoli quando c’è qualcosa che non li convince. – Normalmente, anche per i Terricoli i colori dell’iride sono sette, gli stessi che tu hai individuato. Sette, come i chakra che custodiscono l’energia dei corpi, come la Scala dei Sette Colori utilizzata da Buddha, come i giorni della Creazione. Insomma, il simbolismo dei Terricoli ha inteso collegare ai colori dell’Arcobaleno il Settenario, numero sacro per eccellenza, somma della Trinità Creatrice e del Quaternario elementare, collegato ai sette pianeti, alle sette note, ai giorni della settimana.

- Ma…?

- Bé, il fatto è che tale accostamento al Settenario ha tutte le caratteristiche di una forzatura. I colori dell’iride, in realtà, sono solo sei</em />; tre fondamentali</em />, il rosso, il giallo e il blu, e tre complementari</em />, il verde, l’arancione e il violetto. La combinazione di due fondamentali crea il colore complementare al terzo fondamentale; ad esempio, combinando giallo e blu, si ottiene il verde che è complementare al rosso. L’indaco, che si elenca fra i sette colori dell’arcobaleno, è in realtà una sfumatura intermedia tra il violetto e il blu. Settimo colore</em />, a voler essere puntigliosi, può considerarsi solo la mia luce bianca</em /> che comprende tutte le altre. Il Bianco, il mercurio per i Terricoli alchimisti, contiene in sé gli altri colori, come l’Uno contiene il Molteplice, e la considerazione di un settimo colore che non sia il bianco contrasterebbe e con le regole di simmetria stabilite dalla fisica e con l’interpretazione simbolica più pura; così, come il Centro, settima entità, contiene in sé l’origine dei sei semiassi spaziali, nella Genesi, il settimo giorno, il giorno del riposo, conteneva in sé l’opera di creazione degli altri sei.

- Perbaccolina! – esclamò la goccia di pioggia. – Possibile che i Terricoli siano incappati in un errore così pacchiano?

Il raggio aveva smesso di agitare i corpuscoli. – Non tutti. Fra loro c’è chi ha saputo distinguere correttamente i colori della Grande Opera. E chi ha persino deciso di prendere in considerazione soltanto i colori fondamentali</em />, come l’antico popolo dei Celti, che volle il Bifrost</em />, il ponte tremante che collegava alla divinità, composto di soli tre colori, con il rosso in fiamme per impedire ai Giganti della Montagna di utilizzarlo per salire al cielo… Ma adesso preparati: vedo che laggiù, ai piedi dell’Arcobaleno, il folletto ha finito di seppellire la pentola piena di monete, e che i colori dell’Arco cominciano già a sbiadire. Presto precipiterai.

- Oh no? – si lamentò la goccia. – Proprio adesso che il discorso si stava facendo oltremodo interessante. Sai cosa? In questo momento darei tutto per essere immortale.

- In fondo lo sei già. Sai come sono usi dire i Terricoli che si occupano di fisica? “Nulla si crea nulla si distrugge”. Ma forse non intendevi proprio in questo senso.

- Già.

- Bé, abbi fede, esistono molte vie per l’Immortalità. Personalmente, ti auguro di trovarne una.

- Prima di spiaccicarmi?

- Prima o dopo, che importa? – concluse il raggio. Ciò detto passò oltre, e il frammento di non-tempo si dissolse. La ragnatela invisibile mollò la presa, e la goccia di pioggia riprese a cadere. Sempre più veloce. Sempre più veloce. – Povera me! Povera me! – piagnucolava.

Si spiaccicò in un recipiente di terracotta già pieno fino all’orlo di acqua piovana.

E l’acqua tracimò.

Fu così che, come le aveva augurato il raggio di sole, quella piccola goccia di pioggia incontrò il suo destino speciale, imboccando contro ogni possibile previsione una delle migliori vie che conducono all’immortalità: la via della memoria. E questo perché nel ricordo perpetuo dei Terricoli fu per sempre “la famosa goccia che fece traboccare il vaso”.