Gamescom 2016. Konami grazia il suo pubblico con un trailer a sorpresa; le immagini mostrano Metal Gear Survive, un inatteso sequel/prequel di Metal Gear Solid V nel quale scene tristemente familiari vengono vissute da una prospettiva inedita. Big Boss, il leggendario soldato specializzato nell’infiltrazione, si allontana dalla sua base ormai ridotta in macerie fumanti mentre i pochi uomini sopravvissuti lo vedono allontanarsi consapevoli che presto giungerà la loro ora. Dal nulla sbuca un wormhole, soldati e macerie ne vengono risucchiati finendo scaraventati in una piana desertica e desolata, quindi si passa alla sopravvivenza contro orde di zombi, il tutto arricchito dall’ululante accompagnamento musicale dei fan sofferenti. Per capire come mai tanto sdegno vale la pena fare un passo indietro.

Metal Gear Survive
Metal Gear Survive

In occidente abbiamo un'immagine estremamente bohemienne del creativo. Un tempo bastava un papa qualsiasi che si poteva mettere becco sul come affrescare o non affrescare una cappella in un monastero. Sembrano usanze remote se inserite nella nostra prospettiva “post-barocchiana” per cui l'artista viene vestito di panni messianici e lo spettatore può, al massimo, esercitarsi nell'essere un uomo di gusto. Non sorprende pertanto che nella recente diatriba tra il noto game director Hideo Kojima e la potente azienda Konami i più si siano schierati dalla parte dell'uomo che ha dato i natali alla saga di Metal Gear e che è stato vessato dai propri commissionari fino al giorno del suo allontanamento. Per chi non avesse seguito assiduamente i sanguinosi battibecchi basti sapere che si è ricreata la classica alchimia dell'azienda priva di scrupoli che schiaccia le idee progettuali per adattarle a modelli capaci di portare sicuri profitti.

Konami VS Kojima e la cancellazione di Silent Hills

Konami VS Kojima e la cancellazione di Silent Hills

Articolo di Carmen Brucato Lunedì, 4 maggio 2015

L'apparente diatriba tra la casa di sviluppo nipponica e Hideo Kojima sembra aver portato alla rimozione di Silent Hills.

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Oramai i videogiochi di alto profilo hanno rischi comparabili, se non maggiori, a quelli del cinema hollywoodiano, le grandi aziende corrono ai ripari riproponendo anno dopo anno nuovi capitoli delle loro serie più popolari (EA, Ubisoft e Activision, ne sono un esempio lampante). Vedendola con gli occhi del timoniere d'azienda i “capricci” legati all'integrità artistica di Kojima dovevano essere assolutamente stomachevoli. Konami, capeggiata dal settantacinquenne Kagemasa Kozuki, non ha fatto segreto di essere disillusa dai profitti derivanti dal mercato videoludico, giustamente considerato compromesso, e negli ultimi anni ha investito molte delle sue risorse nel creare pachinko (le “slot machine” orientali) che fossero in pari con le nuove normative statali, finendo col guadagnarsi un ruolo di tutto rispetto nel ben più remunerativo settore del gioco d'azzardo.

Resta il fatto che i fedeli giocatori, tra demo vendute a prezzi esorbitanti e viscide introduzioni delle microtransazioni in prodotti già interamente pagati, poco hanno apprezzato questa nuova rotta e l'abbandono del vascello da parte di Kojima non ha fatto altro che esacerbare un malessere palpabile da tempo. Quali potrebbero essere gli oscuri disegni di Konami ora che l'ultima virtuosa risorsa è scomparsa lasciando spazio ad avidi burocrati? Il mistero è durato poco: gli avvoltoi hanno preso il volo e sono stati diramati video dei nuovi pachinko a tema Snake Eater e del nuovo, già menzionato, Metal Gear Solid, battezzato per l'occasione “Survive”.

Apriti cielo! I fan, già sul piede di guerra, hanno iniziato a tartassare i profili mediatici dell'azienda con parodie e insulti, accusando chi di dovere di aver prostituito una saga storica per ottenere facili quattrini da un titolo privo di ispirazione. Anche Robert Allen Peeler, sfortunato individuo al quale la branca statunitense della Konami ha delegato le comunicazioni social, ha relativamente gettato la spugna, rispondendo alle critiche con un lapidario “Molte persone hanno diverse aspettative per i loro titoli preferiti”.

Non voglio rincarare la polemica cavalcando il fin troppo comodo tsunami di sdegno, piuttosto preferisco far risaltare come l'attuale situazione Konami sia una vera e propria cartina tornasole che evidenzia il malessere dei grandi produttori videoludici nipponici. Il mercato dei videogioco giapponese, contrariamente a quanto si crede, è in declino; l'allontanamento mondiale dalle sale giochi, il sopramenzionato lievitamento dei costi tecnici e un'ottica sociale di clausura ai limiti della xenofobia hanno stroncato le casse di realtà un tempo imponenti quali Sega, Capcom e, appunto, Konami. Dall'avvento della Xbox, inoltre, i programmatori occidentali sono riusciti a sdoganarsi dall'universo PC, riuscendo in poco tempo a estendere il proprio dominio  grazie a titoli generalmente visti come maggiormente vendibili e sferzando un colpo tremendo a dei nipponici troppo abituati a crogiolarsi in una bambagia imbottita di monopolio.

Ecco dunque gli sviluppatori del Sol Levante che piangono l'avvento degli spara-tutto in prima persona, denunciando con una certa leggerezza una recente incompatibilità di gusti e immaginari che li bulleggerebbe inibendo loro una diffusione su scala planetaria. Qui mi permetto di aprire una parentesi, dissentendo visceralmente con quello che sembra essere un vittimismo in parte mal riposto. Il successo di giochi di ruolo spiccatamente giapponesi (JRPG, se vogliamo essere tecnici) quali il recente Bravely Second sono dimostrazione empirica di quanto il pubblico sia aperto a questo genere di esperienza; semmai il problema è un altro: nella realtà contemporanea questi format non vendono abbastanza da poter autosostenersi.

Bravely Second

Bravely Second

Articolo di Carmen Brucato Lunedì, 2 maggio 2016

La recensione dell'atteso gioco di Square-Enix.

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Che si voglia accettare la teoria calimeriana o si opti per quella biecamente finanziaria, la situazione cambia poco e le grandi aziende cercano di salvare il salvabile stravolgendo i propri brand per renderli appetibili al pubblico esterno dell'arcipelago giapponese. Gli esempi più eclatanti ci sono sicuramente forniti da Capcom, la quale da anni cerca di sparare alla cieca nella speranza di ottenere un pastone capace di rubare i clienti abituali di Call of Duty. Tra i tanti flop catastrofici ricordiamo il confusissimo Resident Evil 6, un tiepido Devil May Cry delegato a sviluppatori inglesi e, più recentemente, un Umbrella Corps che sembra non aver imparato niente dal disastro che fu Operation Raccoon City.

Proprio durante lo sviluppo di Operation Raccoon City è stata rilasciata un'intervista imbarazzante quanto sintomatica. Masachika Kawata, il supervisore che Capcom aveva mandato a controllare i canadesi di Slant Six Games, ha candidamente ammesso di essere stupito gli occidentali non fossero dei pantofolai fanfaroni, ma che fossero in grado di lavorare duramente per ottenere dei risultati. Il Devil May Cry citato poco fa? Capcom ha comunicato nei propri resoconti che sia stato fiaccato da “eccessiva esternalizzazione”, dando ad intendere le colpe debbano ricadere sulla stirpe di albione. Pure Square-Enix, desiderosa di allargare la propria influenza grazie a un inedito dinamismo, ha proposto il mal accolto Final Fantasy XIII, il quale, secondo i dirigenti,  si sarebbe spogliato di tutti quei meccanismi d'ostacolo per la fruibilità straniera… ovviamente si sono dimenticati fino all'ultimo di formare dei focus group e le urla di agonia degli occidentali a cui avevano chiesto delle opinioni sono arrivati troppo tardi per poter arginare il disastro.

Metal Gear Survive
Metal Gear Survive

Vi è, insomma, una certa confusione figlia di chiusura e ignoranza che, se mescolata con le necessità aziendali, da vita ad aberrazioni che non soddisfano effettivamente nessuno. Ai miopi occhi della Konami la soluzione più ragionevole per fare soldi sulle spalle dei fan mondiali è stata modificare un gioco esistente per mutarlo in un survival zombi, genere che dai tempi di Left 4 Dead si è diffuso fino a divenire stucchevole e fastidioso. Metal Gear Survive sembra essere l'ennesimo passo falso di un mondo disperato che finisce con lo sbattere la testa contro ogni parete, incapace di ascoltare le richieste dei fan e mosso da claustrofobiche pressioni economiche, incarnazione definitiva di un mercato che deve decidere se cambiare o estinguersi. Ora non resta che attenderne l’uscita per vedere quale sarà la risposta concreta dei potenziali acquirenti (quella virtuale è ben esplicitata dalle decine di migliaia di dislike su YouTube), frattanto fateci sapere cosa ne pensate della questione sollevata o sfogatevi come preferite per le scelte Konami, vi meritate un po’ di conforto.