Saetta McQueen, una rossa e smagliante automobile da corsa, ha l’occasione di vincere l’ambita Piston Cup, traguardo che gli sfugge all’ultima corsa a causa del suo egoismo e della totale mancaza del senso di 'gruppo’: rifiutando il cambio gomme, rischia di perdere gara e coppa nonostante l’enorme vantaggio di un giro.

Tutto è rimandato a una settimana dopo e alla gara di spareggio che lo vedrà confrontarsi con gli altri protagonisti della Piston Cup ancora in testa a pari punti: il campione veterano Maestà, una Plymouth Superbird del 1970 nonché leggenda delle piste (alla sua ultima gara), e lo sleale Chick Hicks, alla caccia della sponsorizzazione milionaria che la vittoria gli consegnerebbe (voce di Pino Insegno).

Il viaggio di trasferimento, con inappropriato ma atteso incidente, lo porta a percorrere le strade della Route 66 e a fare la conoscenza degli abitanti di Radiator Springs (cosa che potete fare anche voi leggendo lo speciale di FM: www.fantasymagazine.it/notizie/5956), un tempo fiorente cittadina al centro della grande arteria di scorrimento, e ora tagliata fuori dal traffico e dalla memoria dalla nuova autostrada.

La linfa vitale era il traffico e gli abitanti vivevano di questo flusso di passaggio. Ogni mattina si svegliavano senza sapere chi avrebbero incontrato quel giorno, certi però che ogni giorno sarebbe stato speciale. Non avevano bisogno di viaggiare, perché era il mondo che veniva da loro, ma per la causa del progresso, tutto ciò gli è stato tolto. Dieci minuti di tragitto in meno per i viaggiatori erano più importanti della loro vita, della loro sopravvivenza, della loro città.

Le numerose infrazioni del codice stradale costano a Saetta giorni di lavoro per il rifacimento del manto stradale che lui stesso ha rovinato.

Una sosta forzata in una valle piena di insetti dalle sospette cromature e ali che somigliano a sbatacchianti portiere, odorosa di polvere e solitudine, dove il massimo divertimento è avvicinarsi di soppiatto a sonnacchiosi trattori e suonare il clacson per spaventarli e vederli ribaltarsi.

Nessuno sceglierebbe per meta un paesino sperduto in una vallata dove non si conosce anima viva e ci andrebbe solo per la semplice ragione di andarci, o almeno questo è quello che Saetta pensa all’inizio.

Ma le importanti lezioni di guida e di vita guadagnate, gli fanno trovare un vero amico e l’amore. Nel ruolo di ‘professori’ di vita: Sally, una raffinata Porsche del 2002; il Dottor Hudson, una Hudson Hornet del 1951 con un misterioso passato, e Carl Attrezzi, un carro attrezzi un po' arrugginito ma ancora affidabile.

Se all’uscita del cinema sorriderete alla vostra vettura, e vi sorprenderete a darle una pacca sul posteriore, non preoccupatevi, è l’effetto Cars.

Il suono dello scontro fra uomo e l’ispirazione è quello di motori rombanti. 4 anni e mezzo di lavoro e 260 persone al lavoro hanno prodotto l’ultimo capolavoro della Pixar. Mentre le altre case di produzione sono ancora alle prese con animali parlanti, Pixar si dedica all’antropomorfizzazione delle automobili. Cars racconta una storia brillante e allegra, venata da un malinconico senso di perdita.

Nessuna originalità in questo, se non nella stupefacente corsa tecnologica alla perfezione. Sapete esattamente cosa aspettarvi, e guai se fosse diverso, sarebbe come se i film western mancassero del duello finale. Ciò che rende diverso ed eleva Cars dal resto dei film d’animazione è la sua anima: Lasseter ama gli oggetti inanimati che decide di animare, e lo dimostra in ogni meraviglioso fotogramma.

Probabilmente nessuno può eguagliare l'abilità di Pixar di estrarre emozioni senza sgualcirle. La misura della riuscita del film è che ci si dimentica di guardare un gruppo di automobili con bocche al posto dei radiatori e occhi per fanali, e si pensa a loro come personaggi. Acciaio, sì, ma la materia con cui sono fatte è di ben altra tempra: cuore e arte.

Gli abitanti di Radiator Spring
Gli abitanti di Radiator Spring

Tecnicamente, lo abbiamo detto, non si può che applaudire al nuovo parto della Pixar. Vernice scrostata, strade piene di smog, oggetti impolverati e panorami a perdita d’occhio. Particolari curati nei minimi dettagli grazie al “ray tracing”, una tecnica già sperimentata in parte negli Incredibili, qui usata in modo massiccio e che dà il meglio di sé nei riflessi delle automobili. Tutto l’ambiente circostante si deve riflettere in ogni momento sui vetri delle auto: l’ambiente intero, gli alberi, le foglie, le rocce, i ruscelli. E tutti i particolari devono essere ripresi sulle ruote, sui paraurti cromati per una resa spettacolare e realistica.

La colonna sonora è indovinata, e il brano trascinante, che è la filosofia del film, Life Is a Highway, era già stata una hit dell'autore canadese Tom Cochrane nel 1992. Ripresa dal trio country rock Rascal Flatts, ci guida dritti con brio a Radiator Spring, dove le cose scorrono al diverso ritmo di James Taylor, Chuck Berry e Randy Newman.

La caratterizzazione dei personaggi è di rara efficacia e l'interpretazione di Luigi e Guido, una cinquecento pazza per le Ferrari e un carrello che sogna di fare un pit-stop in corsa, viene colorata da espressioni dialettali (i doppiatori sono Marco Della Noce e Alex Zanardi) là dove nell'originale si esprimevano in un inglese italianizzato. Bravi comunque tutti i doppiatori (tra cui Sabrina Ferilli), fatta eccezione per Ivan Capelli, adatto per le telecronache sportive, ma fuori personaggio in questo caso.

Luigi e Guido
Luigi e Guido

Una curiosità: nel suo divertente intervento, Michael Schumacher, voce di una fiammante Ferrari, si esprime in italiano corretto nella versione inglese, meno in quella italiana.

Il messaggio del film è evidente e malinconico: oracoli elettronici (telefonini o computer) hanno cambiato il valore del tempo (quanto impieghi per passare da zero a cento? Tre anni?) e ci hanno fatto perdere il gusto del viaggio, affannati come siamo a raggiungere la meta.

Lassiter & Company cercano di ricordarci ciò che già Peter Weir aveva fatto con il suo Attimo fuggente: Carpe Diem, afferra l’attimo, e prova a cogliere il suono che ci si aspetta faccia il bagliore del sole quando viene riflesso dalle cromature arroventate in un’accecante giornata d’estate.

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