Galileo e la Luna, un amore tanto forte da travalicare i secoli. E la testimonianza di questa passione dello scienziato pisano si arricchisce ora di un nuovo tassello.

Sono infatti appena stati riconosciuti come autografi cinque acquerelli realizzati per il Sidereus nuncius, acquerelli nei quali per la prima volta in nostro satellite mostrava il suo vero volto.

Era in 1610, e la scienza non sarebbe più stata la stessa.

 

Si dice che spesso la fantascienza parli di mondi possibili, collocabili in un imprecisato futuro. Gli autori fantascientifici perciò sarebbero, fra l’altro, dei visionari, capaci d’immaginare ciò che non è ancora la nostra realtà e di raccontarcela in anteprima.

Ma un modo insolito di osservare la realtà, e il tentativo di capire e di plasmare, il futuro, è anche alla base della ricerca scientifica.

La curiosità è ciò che spinse il quarantacinquenne Galileo Galilei ad indirizzare nei cieli uno strumento, in cannocchiale, già noto da almeno un secolo. Forse non fu neppure il primo a volgerlo verso il cielo, ma fu certamente il primo a comprendere il significato dello spettacolo che gli si presentava davanti. Dalle sue osservazioni nacque, non senza problemi con il tribunale ecclesiastico dell’Inquisizione, l’astronomia.

 

Oltre alla descrizione dello strumento da lui utilizzato, nel breve trattatello Galileo descriveva la superficie lunare, e riferiva della scoperta di quattro satelliti di Giove, che, in onore del suo protettore Cosimo II Granduca di Toscana, aveva battezzato Stelle medicee.

 

La sera del 30 novembre 1609 Galilei aveva puntato il cannocchiale verso la Luna e notato le irregolarità presenti sulla sua superficie. Questi rilievi facevano definitivamente crollare la già scricchiolante teoria aristotelica che vedeva nel nostro satellite una sfera, perfetta e armonica in ogni sua parte.

Nei successivi diciotto giorni Galileo aveva realizzato diversi disegni per registrare ciò che vedeva. Da questi disegni furono tratte le stampe che corredavano il Sidereus nuncius, pubblicato a Venezia nel successivo mese di marzo.

 

Ora, a distanza di quattro secoli, gli acquerelli nei quali lo scienziato aveva per la prima volta tracciato il volto reale della Luna, sono riapparsi. In cinque disegni sono accuratamente delineati crateri, mari di polvere e montagne fino ad allora sconosciute, ombre di rilievi che donano al satellite un volto vivo. Ad aggiungere fascino a questi disegni contribuisce anche la scelta del color ocra, che, maneggiato da una sapiente e amorevole mano, avvicina molto l’indagine scientifica alle opere d’arte.

 

La scoperta del volume contenente gli acquerelli originali, di proprietà dell’antiquario neworkese Martayan Lan, è stata comunicata a Padova dal professor Horst Bredkamp, direttore dell’Istituto di storia dell’arte della Humboldt Universitat di Berlino durante l’annuale Lettura galileiana. Al suo fianco il professor William Shea, titolare della Cattedra Galileiana di Storia della Scienza.

La presentazione ufficiale del volume si svolgerà a New York nel prossimo mese di settembre.