Last Man 1 è il primo volume di una serie di sei.

Le note ufficiali lo definiscono un fumetto di "arti marziali esistenziali".

Se il problema è dare un genere al fumetto, devo dire che la generica definizione "avventura" forse gli sta stretto.

Adrian Velba è un dodicenne che ha più determinazione che prestanza fisica, eppure è ben deciso a partecipare al torneo di arti marziali della sua città.

Una città dall'aspetto medievaleggiante. L'intera ambientazione sembra calata in una realtà senza tempo che ricorda molta della fantasy a noi nota.

Le aspirazioni di Adrian sembrano frustrate quando il suo compagno di squadra nel torneo Vlad rinuncia, dandosi malato.

Fortuna vuole che un misterioso straniero, venuto anch'egli per gareggiare, si trovi da quelle parti. Il suo nome è Richard Aldana. Più che da un altro luogo sembra a dire il vero venire da un altro tempo.

Nonostante le resistenze della bella madre di Adrian i due s'iscriveranno come squadra al torneo, nonostante i mille dubbi sulla provenienza di Richard.

Ma non c'è tempo per i chiarimenti. Pur non padroneggiando le tecniche mistiche Richard si rivela ampiamente dotato di tecnica muscolare e forza bruta, mentre il piccolo Adrian ha seri problemi con gli avversari.

A rafforzare la convizione di essere davanti a un pastiche con un base fantasy non è solo l'ambientazione, ma anche il fatto che le arti marziali descritte hanno anche dei momenti in cui vengono evocati dei veri e propri incantesimi.

Lo scontro diventa anche culturale, perché Richard non sembra capire il perché sia necessario interrompere il combattimento e rimanere fermo in attesa che l'avversario scagli l'incantesimo!

Ma qual è il mistero di Richard? E perché l'addestramento di Adrian non sembra così efficace?

Le oltre 200 tavole del fumetto non chiariscono tutto, si tratta solo della prima parte di una lunga vicenda, raccontata con gli stilemi del fumetto giapponese.

Pertanto le tavole sono composte da sequenze molto veloci, il tratto della figura è stilizzato e la griglia è irregolare.

Il formato è quello dei Tankōbon, ossia dei volumi giapponesi, per lo più brossurati, che raccolgono gli episodi prima serializzati di un manga. La somiglianza è tale che, come è d'uso in Giappone, le prime tavole sono a colori (in questo caso nove) e le successive in bianco e nero.

Una tavola di Last Man
Una tavola di Last Man

La storia è agile e veloce. I disegni, sia pur stilizzati, sono espressivi e immediati. Come in molti manga si passa da momenti drammatici alla farsa quasi senza soluzione di continuità. 

In conclusione Last Man è un felice incontro tra la ligne claire e il manga che, con molta ironia e autoironia, sfocia in un prodotto dalla lettura piacevole e divertente.