- Sinossi
- Sex, Dreams, Love
- La costruzione di Sex
- Dalla gravità emotiva alla forza di gravità
- Giudizio finale
Sinossi
Ci troviamo sulla skyline della Oslo dei giorni nostri: tra i palazzi del centro cittadino, le centinaia di gru rosse dei cantieri dei palazzi in costruzione, il porto con le navi da crociera e un mare azzurrissimo quanto vicino da poterlo toccare.
Aggrappati a tetti e comignoli, con cavi da scalata e imbragature tecniche, a volte sfoggiando in abbinato alla uniforme nere con i bottoni dorati un elegante cappello a cilindro in tinta, si muovono con disinvoltura, spazzole e scovolini, gli spazzacamini. Come supereroi o gargoyles, “vegliano” su Oslo e i fumi dei suoi comignoli. Osservano la città dall’alto, in modo pratico e professionale, rimanendo saldamente in bilico tra cielo e terra. Ma capita spesso che si sentano più “leggeri o pesanti”, spavaldi o accorti, a secondo dell’umore.
Davanti alla macchinetta del caffè del loro ufficio, due spazzacamini si sentono ancora “leggeri”: felici e in vena di confessioni, su quanto di “bello e piccante” gli è accaduto di recente. Uno di loro (il “baffuto” Thorbjorn Harr) racconta di uno strano sogno ricorrente: si trova in un appartamento pieno di gente, ad una festa con David Bowie. La star, rediviva, lo osserva con uno sguardo particolare, fino a che i due si ritrovano insieme nel bagno. Lui si spoglia e fa una doccia mentre Bowie continua a fissarlo con passione, fino a che si avvicina. Stanno per baciarsi e lui riesce a scorgere il suo stesso riflesso attraverso le retine bicolore della rockstar. Con sorpresa, nel riflesso ha il corpo di una donna. Prova a parlare ed esce una voce femminile. Il sogno si interrompe prima che le labbra si uniscano, ma nel pieno di una tensione erotica i cui effetti permangono al risveglio. Lo spazzacamino prova a interpretare a suo modo. È felicemente sposato con moglie e prole e non ha mai avuto fantasie omosessuali, ma nel sogno la cosa non gli dispiace, ama sentirsi desiderato da Bowie. Sta giusto preparando uno spettacolo musicale per il fine settimana, in cui si esibirà a fianco del figlio: forse “Bowie” rappresenta qualcosa di vicino all’amore che sta provando per la musica in quel momento. O forse quel sogno strano è colpa di quell’acchiappasogni, indiano e decisamente brutto e spelacchiato, che ha insistito la moglie (l’attrice teatrale Brigitte Larsen) per appendere sopra il letto. Ad ogni modo invita l’amico allo spettacolo. Il collega (interpretato da Jan Gunnar Roise) sorseggia in caffè. Ascolta, conferma con gioia la presenza all’evento e “rilancia” con una sua confidenza, se vogliamo più “sostanziosa”. Anche lui si è di recente sentito “fortemente desiderato”, anche se non da Bowie. È avvenuto in maniera inaspettata a seguito di una chiamata per il controllo di una canna fumaria: il cliente lo ha guardato intensamente e lo ha invitato a fare sesso con lui. L’uomo era tarchiato, non bello ma affascinante. Tutto si è svolto con estrema naturalezza in pochi minuti, a seguito dei quali si sono rivestiti e tutto è finito come era iniziato. Nessuno strascico sentimentale, solo un fortissimo desiderio erotico: appagante anche se un po’doloroso per inesperienza. Non aveva mai avuto fantasie gay ma ha provato un senso di liberazione. A casa ha riferito con entusiasta la sua esperienza alla moglie (l’attrice teatrale Siri Forberg): lei sicuramente ha capito la situazione e tirato avanti. Le confessioni finiscono insieme al “senso di leggerezza”. Entrambi gli spazzacamini iniziano ad accusare il “peso della colpa” in modi diversi.

Lo spazzacamino che sognava Bowie inizia a provare disagi a livello fisico/psicosomatico. Quando si trova davanti a uno specchio la sua immagine sembra riempirsi di chiazze rosse, appare quasi squamata. Durante una lezione di canto non riesce più a raggiungere la sua estensione vocale e tutto ciò che produce è uno strano gridolino strozzato. Inizia a fare esercizi di massaggio alla laringe, ma la situazione non migliora mentre si avvicina la data dello spettacolo. Il figlio, che sembra molto appassionato al mondo del make-up ed è gasatissimo alla prospettiva di confezionare personalmente, con una macchina da cucito, gli abiti di scena per il loro spettacolo, cerca di stare vicino al padre e supportarlo, ma tutto pare inutile. L’altro spazzacamino inizia invece ad avere dei dubbi sul fatto che la moglie abbia capito e perdonato il suo estemporaneo desiderio erotico. Nonostante ore e ore, giorni e notti, a “specificare e rassicurare” sul fatto che per lui quel sesso occasionale è stato solo qualcosa di passeggero, che non sono in discussione matrimonio e sentimenti, che “tutto è come prima” e proprio per il senso di “fiducia e trasparenza” è stato giusto condividere con lei questa “avventura”. La moglie dice di capire, ma “non fino in fondo”. Iniziano a dormire in stanze separate. Lei alterna ai silenzi la richiesta di dettagli sull’accaduto sempre più intimi, che in qualche modo “lo fanno stare male”.
I dubbi sulla reciproca identità sessuale assalgono e confondono entrambi, fino a che si trovano come ubriachi insieme su di un tetto, come supereroi durante una avventura in team-up. Uno è venuto in soccorso dell’altro rispondendo a una chiamata urgente di aiuto, ma ora provano un comune senso di vertigine. Forse per la prima volta. Forse una malattia professionale da spazzacamini. Sanno però che possono contare almeno l’uno sull’altro, nel caso le rispettive mogli e il resto del mondo non li capiscano più. Sanno che in entrambe le faccende ha avuto un particolare peso sentirsi prima di tutto “osservati e desiderati”. Forse è da lì che devono partire per capirci qualcosa.
Sex, Dreams, Love
Il regista e sceneggiatore norvegese Dag Johan Haugerud, acclamato dalla critica per lavori come Beware of Children, The Light from the Chocolate Factory e I Belong, nel 2024 inizia la realizzazione alla sua personale “Trilogia delle Relazioni”, suddividendola nei film Sex, Dreams e Love. Tre opere autonome e separate, ma tutte unite dal desiderio di raccontare la ricchezza emotiva dei diversi modi “di amare e sognare”, con intuizioni felicemente non troppo distante dalla trilogia Tre Colori di Krzysztof Kieslowski. Dando vita a una narrazione sensibile, intelligente e ironica, con cui esplorare soprattutto il “mood of love” degli abitanti della Oslo dei giorni nostri: tra passioni e pulsioni, sogni e bisogni, libertà e legami.
Sex, presentato in anteprima il 17 gennaio 2024 alla 74esima edizione del Festival Internazionale del Cinema di Berlino, è cronologicamente il primo dei tre capitoli, anche se di fatto arriva in Italia per ultimo, per essere adeguatamente riscoperto e “completare l’esperienza”, dopo i riconoscimenti internazionali ricevuti da Love (selezionato per essere in concorso nella Mostra del Cinema di Venezia nel 2024) e da Dreams (premiato con L’Orso d’Oro al Festival di Berlino nel 2025), giunti da noi sempre grazie all’etichetta Wanted – Cinema Ricercato.

Dreams raccontava la storia romantica e disincantata della adolescente Johanne (Ella Overbye) e del suo “amore sognato” nei confronti della giovane insegnante di inglese Johanna (Selome Emnetu). Un amore scritto all’interno di un diario, che viene condiviso con una nonna famosa scrittrice, Karin (Anne Marit Jacobsen), all’oscuro della troppo emotiva mamma Kristin (Ane Dahl Torp), più che altro nella prospettiva che possa diventare la base per un romanzo. In questo film, quasi del tutto declinato al mondo femminile, Haugerud ci parlava con molta ironia della “possibile capitalizzazione” delle emozioni, ma anche, sempre giocando con la stessa suggestione, di come un sentimento possa essere inteso come “un patrimonio del singolo”: un bene emotivo comunque acquisito e reale, anche se in fondo non corrisposto.

Love ci metteva invece a contatto di una Oslo notturna, dove per l’infermiere Tor (Tayo Cittadella Jacobsen) era possibile sull’ultimo traghetto della sera, grazie una applicazione per incontri con geolocalizzazione di pochi metri, fare qualche avventura clandestina con degli sconosciuti. Su quella tratta “fuori orario” Tor incontrava la solitaria e pratica urologa Marianne (Andrea Braein Hovig), motivandola a prendere le relazioni con più leggerezza, ma entrambi sarebbero finiti in storie personali “appaganti” proprio perché molto più complesse rispetto alle aspettative. Qui Haugerud, senza mai dimenticare la vena ironica, raccontava di come il sentimento di gioia e la ricerca di uno “sguardo complice”, proprie dell’erotismo delle primissime fasi di una relazione, anche accidentale/occasionale, potevano di fatto, attraverso la condivisione della quotidianità, diventare la base di un rapporto più profondo e “ricco”. A patto che venisse superato lo stigma di percepirsi reciprocamente solo come “amanti occasionali”.
Sex sa “entrare in dialogo” con le altre due pellicole, per temi e suggestioni, in un modo originale quanto sofisticato.
La costruzione di Sex
Nelle interviste Dag Johan Haugerud descrive Sex come una pellicola divertente, stimolante e riflessiva: un mezzo utile per affrontare con il sorriso le “sfide inaspettate” legate a temi tutt’oggi spigolosi come il sesso e il genere. Il regista nella realizzazione puntava a portare alla luce il modo spontaneo con cui nella quotidianità può verificarsi una “variabilità dei confini morali”. Affrontare senza facile retorica la “(im)possibile disconnessione” tra amore e sessualità: croce e ragion d’essere di molte coppie. Raccontare come anche “una sincera amicizia virile” tra spazzacamini, pur dovendo affrontare “aspetti (attualmente percepiti) poco virili”, potesse favorire e stimolare la ricerca di una maggiore libertà di esprimersi, in modo fisico quanto emotivo, pur nel rispetto e senza ferire le persone che si amavano. Voleva fotografare, dai tetti dove operano abitualmente gli spazzacamini, una città che tra paure e speranze era in costante crescita: una Oslo intenta con fatica (ma anche coraggio) a conciliare cantieri quanto ponti relazionali tra le persone.

La scelta per il regista di lavorare con Jan Gunnar Roise e Thorbjorn Harr, entrambi già protagonisti del suo Beware of Children, era avvenuta fin dalla prima fase di scrittura, anche in ragione del clima cameratesco che ha sempre caratterizzato la loro relazione lavorativa. Harr ha particolarmente apprezzato cimentarsi con il ruolo del suo “spazzacamino che sogna Bowie”: per la capacità di mettersi continuamente in discussione e ascolto, unita alla predisposizione a “imparare a comprendere le emozioni degli altri”, osservandole con un senso di novità e curiosità. Roise è invece stato conquistato dalla “ingenua incoscienza” del suo personaggio: un uomo che vive emozioni forti a cui non riesce a dare un nome, forse celando anche a lui stesso le radici e conseguenze di questo atteggiamento. Anche le attrici Siri Forberg e Brigitte Larsen hanno in passato già collaborato con il regista, ma Sex rimane per volontà di Haugerud una pellicola che predilige portare sulla scena l’amicizia maschile: assumendosi anche il rischio conseguente di raccontare il silenzio dell’incomunicabilità domestica. Nel ruolo del figlio dello spazzacamino che sogna Bowie c’è il giovane e già bravissimo Theo Dahl.
Dalla gravità emotiva alla forza di gravità
Haugerud li porta sulla scena intrepidi come supereroi. Sui tetti di una Oslo radiosa e immensa, fotografata con dovizia di particolari, da droni e telecamere in alta definizione (bellissimo il lavoro della direttrice della fotografia Celice Semec). Hanno una loro uniforme nero tenebra con bottoni lucenti dorati, gadget da arrampicata tecnica e rampini come Batman, spazzole stura-fuliggine retrattili trattate con dignità di alabarde. Sognano di riuscire a sedurre David Bowie, ma anche solo la loro prestanza fisica gli consentirebbe facili conquiste amorose. Non cantano come in Mary Poppins, anzi hanno proprio “problemi alla voce”, ma volteggiano ugualmente eleganti, almeno fino a quando la loro “leggerezza emotiva” non cala.

È in quel momento che incombe sulla loro testa e le loro gambe, come una maledizione, la forza di gravità. Allora il ballo diventa un barcollare, le tegole dei tetti cedono, loro stessi scivolano. Serve l’intervento di un amico che virilmente risollevi gli animi e il collega e questo arriva, deciso ma comprensivo, come in un action movie anni’80 stile Arma Letale. Un’amicizia che va oltre ai tabù, non si pone problemi di etichetta e si siede sullo stesso tetto davanti al baratro, a fianco, per risolvere o almeno cercare di capire insieme il problema. Magari scoprendo che chi si sente più abbattuto dalla gravità è alla fine quello che sta meglio, così poi toccherà a quest’ultimo risollevare l’amico.
Ci appaiono così: eroici, divertenti ma anche “sensibili” e umanamente fragili, i due spazzacamini senza nome di Haugerud. Quello dell’“amore pensato”, con i baffi, timido e amante di David Bowie, interpretato da Torbjorn Harr. Quello dell’”amore consumato e (forse) già dimenticato”, senza baffi e senza troppi freni emotivi, ma forse meno forte di quanto appare, interpretato da Jan Gunnar Roise. Entrambi solidali quanto confusi e infelici. “Traditori”, davanti all’algida Brigitte Larsen o alla delusa Siri Forberg. Forse traditori proprio perché da troppo tempo in cerca di qualcuno, uomo o donna che sia, che li osservi di nuovo: con passione e amore. Una ricerca di amore a 360 gradi. Magari sperando di ritrovare quello stesso amore che il figlio, interpretato dal bravo Theo Dahl, senza preoccuparsi degli “stereotipi di genere”, riversa sui trucchi per il make-up e i vestiti da cucire.

Eroi di quartiere troppo ingenui o troppo preoccupati, con cui è facile simpatizzare, tifando per un buon esito delle loro vicissitudini.
Haugerud esplora bene l’animo dei suoi personaggi nella quotidianità. Sceglie un punto di vista ravvicinato a volte scomodo: documentaristico ma troppo pressante. Quasi puntasse a mettere a disagio pure l’osservatore, “calandolo nei loro panni”. Disegna una storia carica di afflati di libertà e humor, ma che spesso per eccesso di pudore cerca di “nascondendosi”, all’intimità complessa della vita di coppia e forse dagli “sguardi inquisitori” della società. Indugia con sapienza dietro la macchina da presa tra i vertiginosi comignoli di Oslo e le claustrofobiche stanze delle abitazioni, alla ricerca di “spazi di felicità” che sembrano sempre più stretti e soffocanti. Si affida a bravi attori che cogliendo le molte sfumature della trama riescono con incredibile naturalezza a esprimere un ampio ventaglio di emozioni: uniti da un senso di vicinanza che gli permette di sostenendosi titanicamente, tanto sul piano fisico che emotivo, alle molte “intemperie” del racconto.
I formidabili spazzacamini di Sex sanno davvero parlare di amore e passione, danzando tra i tetti della capitale norvegese come supereroi. Forse, contrariamente al titolo, di “Sex” nella storia non c’è moltissimo. Ma nella economia di insieme è un peccato davvero veniale, perché la pellicola riesce davvero nell’intento di risultare fresca e coinvolgente, originale quanto molto “sentita”.
Giudizio finale
Grazie alla bellezza dei paesaggi e della messa in scena, alla buona prova di ottimi attori e a dialoghi brillanti, Sex sa far commuovere, ridere e riflettere. Haugerud dimostra ancora una volta la grande sensibilità e attenzione con cui sa maneggiare temi attuali quanto urgenti, andando a creare un cinema pieno di spunti e riflessioni, sarcastico ma gentile.
Potremmo quasi dire che Sex, attraverso i suoi due personaggi principali, “anticipi” i temi di Dreams e Love, contribuendo a creare un affresco di umani vizi e virtù interessante quanto sfaccettato, unico nel suo genere.
Se cercate una pellicola in grado di palare della natura dei sentimenti quanto della società odierna, Dag Johan Haugerud è un regista da annotare.
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