C’è una cosa che mi stressa più d’ogni altra: pianificare le vacanze.

- Figurati! Ce ne sono di situazioni veramente stressanti! – mi canzona il mio Spirito Guida, un certo Orfeo.

Sono d’accordo. Ma che ci posso fare? Fra le possibili fonti di stress, la voce organizzazione vacanze io la metto ai primi posti della virtuale classifica. E sì, perché lo sapete come funziona, no? Uno non si decide – mi aggrego a quel gruppo o quell’altro? vado a nord o vado a sud? resto in Italia o vado all’estero? spendo di più o spendo di meno? – cincischia, e poi va a finire che si avvicinano i giorni fatidici e il tapino è ancora lì che si arrovella le circonvoluzioni, che tenta improbabili immersioni totali in rete, che contatta agenzie, che telefona ad alberghi mezza pensione. Così, quando il mio amico Orfeo mi ha suggerito l’idea… per tutti i diavoli! mi s’è aperto un orizzonte.

- Guarda, – mi dice, – la vuoi fare una vacanza davvero intelligente? Davvero diversa? E allora, per quest’anno, dammi retta: una bella discesa agli inferi è quello che ti ci vuole.

- E quanto mi costa?

- Poco, qualche centesimo di anima. E se hai l’accortezza di procurarti un biglietto di andata e ritorno, finirai per rientrare in città persino arricchito.

- Ma tu ci sei stato?

- Certo. A me non è andata benissimo, ma è stata comunque un’esperienza indimenticabile. Prova e mi saprai dire.

Convinto, mi reco presso un’agenzia specializzata e baratto un’ostia di anima con un biglietto di andata e ritorno per l’Inferno. Mi accompagnano a un ascensore e mi mandano giù. Molto giù. Ma, sul display, i piani si susseguono in ordine crescente, quasi si salisse, e l’ascensore si ferma al 666°. La porta si apre ed esco in una piazzola fumosa. Di fronte, un portale di bronzo lavorato, imponente, sovrastato da una targa digitale con l’iscrizione Quando in tua domo nigri corvi parturiente albas columbas tune vocaberis sapiens. Non sono solo sulla piazzola, ci sono dei ragazzi, sette in tutto, molto giovani. Uno di loro, che stringe gelosamente una videocamera di ultima generazione, mi si avvicina.

- Sa cosa significa? – mi chiede.

- Che cosa? La scritta? No. E in realtà me ne aspettavo un’altra, tipo per me si va nella città dolente… e quello che segue.

- Passano anche quella, di tanto in tanto. Qui, per le scritte, hanno adottato il sistema dei banner pubblicitari: funzionano a tempo. – Indica l’iscrizione digitale. – Questa, se interessa, significa più o meno: quando nella tua casa i neri corvi partoriranno le nere colombe allora sarai chiamato sapiente. E’ una roba ermetica, una roba da iniziati.

- Conosci di latino?

- Per niente. La verità è che sono imbottito di ketamina.

Mi viene da porgli altre domande, ma il portale si spalanca di colpo e un diavoletto dall’aria simpatica invita i ragazzi a entrare. Faccio per accodarmi, ma lui mi si para davanti e blocca il passaggio. Così, quando siamo faccia a faccia, lo riconosco: è Geppo, il diavolo troppo buono, quello dei fumetti.

- Ehi, ho il biglietto! – Lo sventolo sotto il suo naso a patata.

- Niente da fare, tutto esaurito – mi dice, e fa per ritornare dentro.

- Un momento! Come sarebbe? Orfeo, il mio Spirito Guida, mi aveva parlato di una località turistica esclusiva, non inflazionata.

- Orfeo? Sì, mi ricordo di lui, poveretto! Eh, ma è stato tanto tempo fa! Venne giù a riprendersi Euridice. Ma da allora le cose sono cambiate, sa? Tutta colpa di filosofi bislacchi, di sedicenti iniziati, di psicanalisti improvvisati… Gente fuori di testa, mi capisce?

- Eh, mica tanto!

- Be’, mi spiego. Quest’accolita di esaltati ha improvvisamente riscoperto l’acqua calda, e s’è messa ad analizzare la storia della discesa agli inferi da un punto di vista simbolico. Così, ha rispolverato tutti gli antichi miti che trattavano di morte e resurrezione, compreso quello del suo amico Orfeo. E per giustificare le teorie ha tirato in ballo, di volta in volta, personaggi eccellenti, quali l’egiziano Osiride, Eracle, il tracio Dioniso, Gesù di Nazaret, Dante Alighieri, Teseo, il frigio Attis, Apollonio di Tiana, il siriano Adone, il dio mesopotamico Tammuz, Ishtar, Enea… e chi più ne ha più ne metta. Tutta gente che è venuta in vacanza qui da noi per periodi più o meno prolungati. E che poi se n’è tornata di sopra, naturalmente.

- Ho capito – gli dico. – Ma poi nemmeno tanto, a pensarci. Di quali teorie parla?

- Ah, le più disparate. Ha letto la scritta, no? Quella, per esempio, è riservata agli alchimisti. Fa riferimento alla successione dei colori nell’Opera: il nero seguito dal bianco, che poi sfocerà nel rosso. Il nero, dicono loro, rappresenta il cadavere putrefatto del Dragone, o del “Re nero” come lo chiamò quel tale Rosenkreutz nelle Nozze chimiche, che deve essere decapitato e fuso con gli altri metalli all’interno dell’uovo filosofico, per permettere all’uccello miracoloso di rinascere.

- Mi ricorda la Fenice che risorge delle sue ceneri – gli dico. – Ma continuo a non capire: questo che cosa c’entra con il sovraffollamento?

Il diavolo Geppo non la prende nemmeno in considerazione la mia domanda. Piuttosto infervorato, segue ormai il filo dei suoi pensieri, e le gote hanno assunto una tonalità rosso corallo. – La Fenice? Sì, esatto. Oppure il Cristo risorto. Ma i corvi e le colombe ricordano anche i messaggeri di Noè, inviati a cercare la terra dopo il diluvio: “prima venne spedito un corvo che non tornò, poi una colomba che fece ritorno all’arca con un ramoscello d’ulivo nel becco”. Ed ecco che per gli alchimisti la discesa agli inferi corrisponde all’Opera nigrendo: come Gesù, tutti coloro che desiderano la Realizzazione devono organizzarsi un viaggetto qui sotto. Andata e ritorno. Solo dopo, a sentir loro, il fuoco solare può splendere nella coscienza purificata, rettificata, riappacificata. Insomma, per dirla in parole povere, sono convinti che per il raggiungimento dello Stadio Alto, della Saggezza, e in alcuni casi della Divinità, occorra imbarcarsi nell’irrinunciabile discesa agli inferi. Passaggio obbligato: morire e superare la morte nella resurrezione. Alchimisti a parte, poi, una folla eterogenea di pensatori ha rincarato la dose e si è divertita a rilevare, in rappresentazioni rituali d’ogni genere, allegorie ammiccanti al salutare viaggetto.

- Sarebbe a dire?

- Pensi al Carnevale, per esempio. Secondo alcuni, collocato fra la nascita di Gesù e il periodo di quaresima che prelude alla Passione, costituirebbe il momento in cui, mascherandosi e lasciandosi andare, gli uomini diventano qualcos’altro, il loro opposto, per incontrarsi con il lato oscuro, l’inferno del profondo, e per prepararsi al pentimento della Quaresima e poi alla Resurrezione. Discesa nell’abisso e rinascita, appunto.

- Non avevo mai pensato al Carnevale in questi termini.

- Immagino. E forse nemmeno al Battesimo, dove l’atto dell’essere immersi nell’acqua e del risalire viene associato, da alcuni, proprio alla discesa agli inferi e alla successiva purificazione.

- Ah, ecco. Le dirò, tutto questo, se ancora non spiega il sovraffollamento, mi ricorda un romanzo di un certo Frank Herbert. Sa, sono appassionato di narrativa fantastica.

- Frank Herbert? Quello di Dune?

- Ah! Lo conosce anche lei?

- Be’, capirà, qui sotto ci interessiamo di tutto quanto tratti di Mistica, aspiranti Messia e cose simili. Ma nella saga di Dune non ricordo…

- Non nella saga. Dove, oltretutto, il protagonista un bel viaggetto iniziatico se lo fa comunque. No, non tanto nella saga, quanto in un romanzo dal titolo The Godmakers, dove Herbert fa recitare al manuale di Amel: “Per diventare un dio, una creatura vivente deve trascendere le realtà fisiche. I tre gradini di questa scalata al trascendente sono ben noti. Primo, deve essere ben conscia dell’aggressività nascosta. Secondo, deve saper discernere la finalità della forma animale. Terzo deve sperimentare la morte. Quando avrà fatto ciò, il dio nascente dovrà trovare la propria rinascita in una ordalia che gli consentirà di scoprire colui che lo ha evocato”. Ma torniamo al sovraffollamento. Non mi ha ancora dato una spiegazione esaustiva.

- Non ha ancora capito? E’ semplice. Aggiunga alla schiera degli alchimisti tutto il codazzo di sedicenti iniziati, metta dentro anche lo sciame di psicanalisti, che ha identificato il termine inferi con subcoscienza, utilizzando questa storia della discesa a suo uso e consumo, e faccia un po’ di conti.

- Anche gli psicanalisti?

- Soprattutto loro, di questi tempi. Il giochino è facile: traduca inferi con subcoscienza, e gli altri passaggi vengono consequenziali. Il subcosciente diventa il contenitore ove sono depositati nuclei solidificati di qualità, che trattengono la parte di Anima incarnata. A sentir loro, questi nuclei sono formati dall’elemento femminile, negativo-ricettivo, di cui l'Anima demiurgica rappresenta la polarità maschile-positiva. E così, per tornare all’esempio del suo Spirito Guida… A proposito, la conosce la storia, no?

- Sì, credo di sì. Grosso modo. Orfeo, poeta e musico, perde la sposa, la ninfa Euridice, che per sfuggire a un corteggiatore sgradito, Aristeo, viene morsa da un serpente nascosto nell’erba alta e muore. Orfeo allora scende nell’Ade per riprendersela e ammalia con la sua musica Caronte e Cerbero, fa piangere le terribili Erinni, muove a pietà il dio Ade e sua moglie Persefone e ottiene la restituzione di Euridice. A un patto, però: Euridice deve seguirlo lungo la strada buia dell’Ade, e lui non deve mai voltarsi a guardarla prima di arrivare nel mondo dei vivi. Orfeo non ce la fa, si volta troppo presto, ed Euridice viene risucchiata indietro. E’ più o meno così, no?

- Sì, la storia è questa. Bene, ecco che per la psicanalisi Orfeo diventa l’Anima demiurgica che deve scendere nel contenitore, recuperare Euridice, che diviene rappresentazione dell'Anima imprigionata, liberarla dallo stato di costrizione e riportarla alla luce, e cioè ricomporla nel conscio per eliminare la dualità. Il giochino, naturalmente, può allargarsi dal subconscio individuale al subconscio collettivo, con la complicanza che occorrerà una discesa agli inferi, o se vuole al contenitore, integrale, per liberare l'Anima anche dalle stimolazioni che provengono dalle istanze sociali. Da angolazione spiritualistica, corrisponde al suggerimento indiano del Vedanta Advaita: risolvere tutte le sovrapposizioni velanti.

- Lo sa, diavolo Geppo, che lei mi ha veramente sorpreso? Non la ricordavo sotto questo aspetto colto. E, le dirò, le spiegazioni che mi ha fornito mi hanno fatto giungere alla conclusione che, al momento, varcare quel portale non mi attira poi tanto. Magari torno in un’altra occasione a salvare la mia Euridice. Per ora il biglietto lo strappo e me ne torno di sopra. Credo che opterò per una spiaggia in Toscana.

- Non posso biasimarla per la sua decisione. E per quanto mi riguarda, lei forse ricordava il Geppo un po’ svampito che ha divertito la sua infanzia. Ma come spiegarle?… Potrei fare il verso a una illustre collega che lavora nel ramo cartoons, e dirle che io di natura non sono svampito, è che mi disegnano così.