Papà, mamma, i fratellini e la sorellina

La storia della Chimera (o Chimaera) parte da uno dei draghi più famosi della mitologia: Tifone dalle cento teste.

Il nostro mostruoso amico era uno dei Titani, quei giganteschi bestioni antidiluviani che tentarono di fare le scarpe a Zeus, giusto qualche tempo prima che le capricciose divinità greche decidessero di stabilirsi sul monte Olimpo.

Figlio di Gea e Tartaro, Tifone è rimasto imprigionato per eoni in Asia Minore. Da quelle parti non è che in quei tempi prima del tempo bazzicassero chissà quali bellezze. Non c’erano mica in giro le beauty farm e i centri commerciali. E poi il nostro mostro, alto più delle montagne, con cento teste di drago che sputavano ogni genere di fuoco e fiamme, non poteva certo candidarsi come miglior protagonista per un film sulla vita di Brad Pitt. E così non riuscì a trovarsi di meglio (e già gli andò bene) di Echidna, detta la vipera, per metà donna dalla bellezza sfolgorante, per metà terribile rettile maculato.

I due erano uno più cattivo dell’altra e finirono per andare d’accordo.

La bella fu circuita direttamente nel focolare domestico, una caverna nelle terre di Lidia (un'antica regione dell'Asia Minore occidentale, secondo Erodoto patria originale degli Etruschi), dove era solita passare il tempo sgranocchiando le ossa di chiunque avesse avuto la cattiva idea di passare da quelle parti.

Come scattò la scintilla fra i due non ci è dato di saperlo, fatto sta che entro poco tempo furono sfornati una certa quantità di pargoletti. Il gene del papà si fece sentire, e nessuno dei figlioli aveva una sola testa. Qualcuno fece carriera e qualcun altro meno.

Cerbero, mostruoso cane gigante a tre teste, finì per trovare un buon impiego come guardiano dell’Ade.

L’Idra di Lerna era l’orgoglio dei genitori: nove teste (secondo alcune versioni cinque), di cui quella centrale immortale; se una testa veniva tagliata, subito ne ricrescevano due. Aveva preso dalla mamma, perché il corpo era quello di un mostruoso serpente. Aveva alito e sangue velenosissimi.

Prometteva una sfolgorante carriera, con tutta la gente che si era già mangiata, là dalle parti di Lerna, appunto, a qualche chilometro da Argo. L'Idra infestava una foresta vicino alle sorgenti del fiume Amimone. Inutile dire che da quelle parti il popolino non se la passava granché bene. Leggenda vuole che l'Idra sia stata allevata da Era, iraconda moglie di Zeus.

Purtroppo la degna figlia di tanto padre fece una brutta fine: Eracle se ne liberò durante le sue Fatiche. Lui tagliava la testa, e il nipote Iolao cicatrizzava la ferita col fuoco. La testa immortale fu tagliata e sepolta per sempre.

Ortro, feroce cane a due teste, ebbe un’esistenza piuttosto tranquilla, come guardiano del gregge del gigante Gerione. Purtroppo anche lui incontrò Eracle sulla sua strada, che lo uccise nella sua decima fatica.

Ultima ma non ultima della graziosa cucciolata è proprio la nostra Chimera, personificazione della tempesta. L’urlo agghiacciante che emette, in lontananza diventa il rumore dei tuoni.

Tutte le bestie e nessuna

Nella mitologia col termine Chimera (dal greco Χιμαιρα;;;;;, Chìmaira, che in latino è diventato Chimæra), viene indicato generalmente una creatura che è composto da parti di animali diversi, e quindi le sue interpretazioni sono molteplici. Tuttavia, la Chimera figlia di Tifone ed Echidna, ha una sua storia e almeno di un paio di interpretazioni precise.

La prima la vuole con la testa di leone, una testa di capra sulla schiena e la coda che termina con una testa di serpente o di drago.

Così la troviamo nell’Iliade, dalla penna (si fa per dire) del leggendario Omero:

Lione la  testa, il petto capra, e drago la coda;

e dalla bocca orrende vampe vomitava di foco

(Iliade, VI, 223-225 nella  traduzione di V.Monti)

Bellerofonte combatte la Chimera, 
<br>Marble, Österreichische Galerie, Belvedere, Vienna-1821
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Bellerofonte combatte la Chimera, <br>Marble, Österreichische Galerie, Belvedere, Vienna-1821 <br>

La seconda interpretazione vuole il nostro patchwork di creature con tre teste frontali: leone, capra e drago, e la coda sempre di serpente. A quest’ultima versione si ispira il poeta greco Esiodo nel suo Teogonia, fra l'VIII e il VII secolo a.C.

Qualche autore qua e là le attribuisce corpo di donna, specie nei bestiari medievali.

In greco Chìmaira è la capra, che poi è il tratto più caratteristico di questa creatura. Non ci sono infatti componenti caprine in nessuno dei due genitori (qualche volta Tifone ha il corpo di leone).

Gli alchimisti e i sapienti medievali, che se non trovavano simbologie in un animale non credevano alla sua esistenza, spiegano così la Chimera: il leone è i coraggio, il sole, l’estate; il drago, il male; la notte, l’inverno; la capra è la transizione, il crepuscolo, la primavera e l’autunno. In questo senso la Chimera diventa una sorta di simbolo del cambiamento, anche se con un’accezione in genere negativa.

E così la presenza del drago, simbolo del Demonio, ha finito per fare della Chimera una rappresentazione di questo o quel peccato: la perfidia (serpente), la lussuria (capra), la violenza (leone). La sua natura trina la porta a essere una sorta di immagine distorta e negativa della Trinità.