La lingua elfica: bella invenzione, certo, ma vi siete mai chiesti da dove venga? Come abbia fatto J.R.R.Tolkien a mettere assieme delle frasi dal fascino così misterioso e arcano?

Ok, gli studiosi del professore di Oxford ci dicono che egli  ha tratto spunto dai grandi poemi del passato e finora tutti abbiamo creduto che fosse effettivamente così. Dopotutto Tolkien era un grandissimo erudito, e dunque aveva tutte le carte in regola per riuscire in tale impresa, che scoraggerebbe invece più di un amatore dell’epica o di un semplice collega scrittore.

Ma ora, dalla Germania, arriva una notizia che potrebbe mettere in discussione la versione ufficiale di cui sopra. Una settimana fa infatti, si è spenta una ex governante di casa Tolkien, Frau Hildegard Von Lüge, che – sotto la vigile direzione della signora Edith - si occupò amorevolmente della magione del professore durante gli anni in cui egli lavorava alla stesura del Signore degli Anelli.

Ebbene, il nipote della signora Von Lüge, mettendo in ordine le carte della defunta, ha trovato un diario in cui la zia annotava giorno per giorno tutti gli accadimenti di quegli anni vissuti nella casa del grande scrittore.

E’ emerso così che, nella maturità, Tolkien avrebbe acquisito della facoltà speciali che, alla stregua di un novello Edgar Cayce, gli consentivano di vedere probabilità future. Nessuno, al di fuori dell’interessato, di sua moglie e della governante, era a conoscenza di questi poteri.

Sembra si trattasse di momenti di blackout di coscienza non voluti e non indotti, ma non per questo meno potenti. Per espresso ordine di Tolkien, la signora Von Lüge aveva il compito di annotare, di nascosto da Edith che era terrorizzata dal fenomeno, tutto ciò che il professore profferiva durante queste particolari fasi di trance. Si tratta di brevi sequenze di parole sconosciute, apparentemente senza senso compiuto e che, dai racconti che Tolkien riportava una volta tornato cosciente, erano accompagnate da vivide immagini.

Furono proprio queste ultime a  far scoprire al professore le chiavi per interpretare il significato di quelle frasi misteriose e quindi le profezie a esse sottese. Mettendo in correlazione i vocaboli sconosciuti e le immagini, Tolkien riuscì infatti a capire che non si trattava altro che della spiegazione verbale, semplificata e anagrammata dalla lingua inglese, delle visioni stesse.

Il materiale linguistico annotato dalla governante fu successivamente utilizzato dallo studioso per ideare appunto la lingua elfica. Narra infatti il diario che, arrovellandosi sul problema di inventare un idioma per la specie più evoluta della Terra di Mezzo, un giorno il professore avesse dichiarato, mentre era a tavola con Edith, di non aver alcuna intenzione di sprecare tempo e fatica a inventarsi una grammatica e un lessico di sana pianta, ben conscio che un compito del genere avrebbe richiesto anni e anni di lavoro, mentre già aveva il suo bel da fare con l’invenzione della trama dei romanzi. Poco dopo, mentre rivedeva gli appunti della governante per verificare alcune apparenti coincidenze, gli balenò l’idea di utilizzare quel materiale a prima vista incomprensibile facendo solo lo sforzo di ricopiarlo bellamente nel proprio testo. Dopotutto si trattava comunque di documentazione generata dalla sua mente, dunque aveva tutti i diritti di utilizzarla come gli pareva meglio.

Perciò, alla luce di questa eccezionale scoperta, si evince che  le celebri locuzioni della Terra di Mezzo avrebbero non solo il significato che normalmente si attribuisce loro, ma anche un significato nascosto, relativo alle visioni del letterato.

Ad esempio “Elen Sila Lumenn Omentielvo”, che viene comunemente tradotto con “una stella brilla sull’ora del nostro incontro”, si riferirebbe in realtà a un'immagine di vita extraterrestre. Il suo significato, opportunamente anagrammato in un Inglese compiuto, per quanto rudimentale,  risulta in realtà essere il composto da “alien sullen men” e cioè “uomini alieni imbronciati” e da "Vie Moen Lot". La governante annotò infatti sul diario che il professore aveva avuto la visione di alcune forme di vita di un altro mondo, che più tardi Tolkien disse di aver percepito, a livello subliminale, come inequivolcabilmente maschili (da cui l'aggiunta della specifica 'men'), caratterizzate da un'espressione che non esiteremmo a definire scocciata. Erano sedute all'angolo di un vicolo che, dall'aspetto architettonico dell case prospicienti, appariva trovarsi certamente in Francia, come del resto confermava chiaramente la stessa indicazione toponomastica "Vie Moen Lot".

Trattandosi di qualcosa non direttamente riferito alla sua quotidianità. Tolkien non seppe mai discernere il senso futuribile dell'immagine, ma quelle creature gli furono comunque utili come materiale di base per l’elaborazione dell’aspetto fisico dell'enorme Balrog che sbarra il cammino alla Compagnia dell'Anello nelle Miniere di Moria.

Allo stesso modo, la vera chiave di lettura di “Anar caluva tielyanna”, e cioè "Il sole splenderà sul tuo cammino", sarebbe invece da riferirsi a quanto Tolkien profetizzò con riguardo al futuro della vicina di casa, che aveva confidato alla signora Edith la sua preoccupazione di non avere ancora concepito, nonostante fosse sposata da svariati mesi. Il professore, in una delle trance paranormali, riuscì a vedere che di lì a poco la vicina avrebbe invece  iniziato a mettere al mondo, nell’arco di dieci anni, ben cinque bambini, i cui nomi si presentarono subito alla sua mente: "Anna, Alan, Eva, Lucy" e "Arti" (diminutivo di Arthur, dal momento che la vicina era – quando si dice la coincidenza! -  un’appassionata di leggende inglesi). La predizione si rivelò esatta nei minimi dettagli benché Tolkien non abbia mai confidato nulla né alla moglie (per i motivi già spiegati sopra), né tantomeno alla diretta interessata (dopotutto dobbiamo considerare che, negli anni ’50, non era una cosa tanto facile confessare certe facoltà agli estranei) e dunque non abbia potuto minimamente condizionare la scelta dei nomi dei piccoli.

Un altro esempio è dato dalla celebre frase “Aiya Eärendil Elenion Ancalima!”, che viene resa abitualmente come “Salve Eärendil, più brillante delle stelle!”. In realtà, essa sarebbe invece l’anagramma di una frase complessa che per essere compresa va scissa in due parti.

La prima è:

 “I and Earl Aye I …”

Tolkien si riferisce qui a un vecchio amico di infanzia, John Aye, che aveva di recente ottenuto un titolo nobiliare per servizi resi alla corona, col titolo di Primo Conte di Aye (Earl Aye I, appunto).

La seconda è invece:

“A alliance mine no!”.

Quest’ultima va leggermente integrata e interpretata (come del resto la signora Von Lüge, attraverso il suo diario, ci racconta che fosse spesso necessario fare per ottenere il pieno senso delle predizioni), riferendola anche al tono cui era stata pronunciata (in questo caso allarmato e rattristato, in contrapposizione a quello della prima frase che suonava invece solamente esitante), e tenendo presente che le parole di Tolkien non uscivano sempre fluide ma a volte anche spezzate, oppure balbettate.

La governante riporta dunque che essa va intesa come:

 “A(n) alliance (of) mine no (more)!”.

E dunque, ricomponendo il mosaico, si otterrebbe, traducendo in Italiano, un accorato:

 “Io e il Conte Aye I… Una mia alleanza, non più!”.

Qualche tempo dopo la visione, infatti, John Aye ruppe l’amicizia con Tolkien, essendosi offeso del fatto che il professore preferisse passare più tempo con Clive Staples Lewis a discutere di libri piuttosto che nella sua tenuta a bere birra pregiata  e a cacciare cervi. Il diario riporta che Tolkien ci rimase comunque  male, ma che non ne fu, chiaramente, sorpreso.

Durissime le reazioni dei congiunti di Tolkien di fronte a queste insospettate rilvelazioni. Il figlio più famoso del professore, Christopher, ha negato tutto, minacciando una querela per diffamazione nei confronti del nipote della signora Von Lüge: “Si tratta di fandonie messe in giro da qualcuno che vuole solo speculare sulla fama di uno dei più grandi scrittori del XX secolo. Non starò a guardare mentre qualcuno tenta di insinuare che la sua opera linguistica, così accurata e dotta, sia in realtà fondata sul caso e… sugli anagrammi!”. Ma i maligni insinuano che in realtà egli sia interessato a non condividere i diritti d’autore col nipote (e unico erede) di Frau Von Lüge, che a suo modo si configurerebbe come collaboratrice alla stesura del Signore degli Anelli, benché limitatamente al suo ruolo di traduttrice fonetica dei suoni articolati dal professore durante le fasi di trance.

Dopo la causa di J.K. Rowling contro Lexicon, ecco un’ altra interessante disputa letteraria da monitorare nelle aule giudiziarie.

Nota della redazione: Come la data di pubblicazione può suggerire, la notizia soprariportata e frutto di pura invenzione e stilata allo scopo di farvi sorridere nella giornata dedicata agli scherzi. Speriamo di avervi portato un po' di buonumore