Bella intervista sì e che apre un fronte interessante!
Copio e incollo letteralmente dall'intervista:"A volte mi è capitato di tradurre libri di autori, in qualche caso anche di una certa fama, che scrivevano davvero male, e lì sì che ho “tradito” a tutto spiano! Non mi sono posta il problema della fedeltà, se non altro perché tradendoli sentivo di fare loro un favore! E a quel punto il traduttore svolge anche un lavoro di editing, come al solito nell’ombra…"
D'accordo su molte cose, ma oserei dire che questa è la frase che mi ha dato più fastidio
di tutta l'intervista... nessuno dice che autori famosi scrivano bene per diritto di cronaca(anzi), ma caspita, dire che 'travisando un po'' un testo che a lei non piaceva ha fatto un 'favore' all'autore mi pare un filo troppo
, come dire, presuntuoso
anche prendendo la cosa in senso buono. Piccolo esempio: ho letto un lavoro(che ritengo bellissimo) di Robin Hobb in lingua originale e in italiano. la traduzione it era ben fatta e tanti complimenti... ma l'ho letto anche in tedesco e qui se avessi conosciuto solo quella lingua avrei odiato quest'autrice; forse, azzardo, al traduttore non piaceva il testo e ha fatto qualche passo di troppo nel 'migliorarlo'? sono d'accordo che si tenga lo spirito del libro e si spostino le cose se necessario, ma la domanda scomoda che voglio fare a chi passa sdi qui è, in sostanza: come decide un traduttore chi scrive bene e chi male? non si scivola un po' troppo sul gusto personale, così?