Ecco, ora la barca s'immette sul canale principale, accostando pochi attimi dopo alla scalinata del tempio. L'uomo scende e inizia la lenta salita dei gradini con passo rapido. I guerrieri si allontanano facendo scivolare il legno sulle acque tinteggiate dal sangue, ma non prima di guardare verso l'alto alla ricerca del loro re. La figura regale risponde allo sguardo, senza proferire parola. Gli uomini tornano nei fuochi, hanno capito, sanno che neanche lui può salvarli questa notte.

Trecento è il numero dei gradini che portano fino a noi. Sembrano un niente per quella figura che si arrampica leggera su per la scalinata del tempio. I suoi piedi non toccano la pietra, ma probabilmente è solo colpa del fumo e delle ombre che confondono i miei occhi.

Moctezuma attende che l'uomo gli arrivi di fianco; in quegli attimi ha i tratti di Itzpapalotl dipinti sul volto, dea della tranquillità, ma nei suoi occhi non è forse paura quella che leggo? Dunque è vero? Il mio sovrano ha perduto la verità?

La figura scura giunge sul balcone dei sacrifici, si toglie il cappuccio e nella notte compare il volto di Tizoc, il primo sacerdote del regno. Non sembra neanche umano sepolto com'è nei suoi anni. Mio padre l'ha venerato, così come mio nonno e chissà quanti altri; il suo potere appartiene all'universo nero ed è persino più grande delle scritture magiche o di qualsiasi rito. Tizoc discende direttamente dal Serpente Piumato, o forse lui stesso ne è l'incarnazione.

- Quetzalcòatl, dio del vento e signore supremo, è tornato a reclamare il suo regno - esordisce secco, come a voler evitare ogni inutile domanda. - Non ci sono dubbi, anche se non ha ancora usato i suoi poteri e si affida soltanto alla forza degli uomini. Si fa chiamare Cortès, e non ha pari quanto a violenza.

La voce di Tizoc è come un artiglio che ghermisce i pensieri; scorgo i timori del mio re materializzarsi nell'aria diventata improvvisamente gelida. Attende altre parole, sa che quando i sovrani cambiano, umani o no che siano, i vecchi re scompaiono come parole inutili.

- Seguimi! - ordina Tizoc. Lui non ha mai temuto il mio re. - Non si può sfuggire a ciò che deve accadere.

Bagliori di stella attraversano gli occhi di Tizoc mentre scompare nella porta che conduce alle viscere del tempio, un attimo prima che la stessa inghiotta anche Moctezuma.

Alzo lo sguardo prima di seguirli. Lassù, un graffio silenzioso sembra aprirsi nel cielo.

Le ombre si fanno audaci al nostro passaggio, mentre la luce impallidisce, ravvivata a stento da torce troppo distanti tra loro.

Tizoc emette una specie di lamento, un canto dimenticato dal tempo e dall'uomo. A quella nenia rispondono altre voci lungo il nostro percorso, gemiti e invocazioni che ci accompagnano con tonalità mai sentite. Non ci sono porte, anfratti o nicchie, solo alte pareti di nude pietre attraversate da antiche crepe e squarci che si spengono nel buio. Le voci arrivano da lì, come spenti aliti di vento. Ai nostri piedi antiche vestigia si dibattono nella polvere, e ossa di sventurati che, per pazzia o coraggio, hanno provato ad avventurarsi in meandri che ben pochi hanno osato sfidare, spinti dal miraggio di leggendarie ricchezze. Nessun orecchio umano ha mai potuto udire le loro invocazioni e le loro grida.

 Dopo un tempo che ho smesso di contare il nostro cammino s'interrompe. Siamo scesi a grande profondità, fa freddo. Un muro di blocchi perfettamente squadrati ci sbarra la strada, Tizoc infila il braccio fino al gomito nell'angolo scheggiato di uno di essi. Si ode uno scatto e le parole del sacerdote sembrano avere la forza di mille uomini.

-  Tonatiuh... Huaxi... Xolotl...

Ho riconosciuto i nomi di due arcane divinità bandite dal nostro universo, ma misteriosa mi è la formula che le lega. Come fauci affamate, i blocchi si spostano aprendo ai nostri occhi un varco immerso nell'oscurità. Immediatamente alcuni bracieri si accendono e alte fiamme multicolori illuminano una stanza che mai avrei immaginato, neanche nei miei sogni.

Tesori di inenarrabile splendore si rianimano alla forza di quella luce vitale, sfuggendo alle tenebre secolari che per troppo tempo li avevano soffocati. Forzieri traboccanti oro e gemme, statue di divinità scolpite nei metalli più preziosi, abiti di antichi sovrani, piume di quetzal, il mitico uccello messaggero degli dèi, armi dei più valorosi guerrieri... Tutto risplende davanti ai miei occhi, abbagliandomi con un'iridescenza diffusa, a tratti brutale. Gallerie si aprono su ogni lato perdendosi nel buio, ricolme fino alla volta di scrigni pieni d'ogni ricchezza possibile. Nessuno, a parte Tizoc, credo sappia quanto siano lunghe o ne conosca i  letali segreti. E forse neanche lui.

Quattro colonne nere s'innalzano fino a sorreggere la volta dell'enorme sala, ricoperte per intero da simboli magici disposti in modo irregolare. Alla luce dei bracieri appare evidente che quei simboli non sono stati scolpiti: sembra piuttosto che i solchi dai quali prendono vita siano frutto di colpi vibrati con odio. Alla base d'ogni colonna vi sono forme mostruose avvinghiate tra loro in pose di lotta, scolpite nella pietra stessa, o imprigionate lì fin dalla creazione del mondo.