I menhir, le pietre erette che costituiscono i viali di Carnac, si possono raggruppare in quattro allineamenti omogenei: quello di Ménec, 1099 pietre disposte su 11 file per più di un chilometro; quello di Kerlescan (il «luogo della cremazione»), con 594 pietre su 13 file che si allungano per quasi 900 metri; e quello di Petit Ménec, un centinaio di pietre, forse un tempo collegate a Kerlescan. Infine, un po’ più a est di Ménec, c’è Kermario (il «luogo dei morti»), un gruppo di rocce enormi, alcune alte più di sette metri, che diminuiscono di dimensioni andando verso la fine del viale. Su alcuni dei menhir di Kermario sono incisi dei serpenti ben visibili, cosa doppiamente strana, perché di rado le pietre (rovinate dal tempo) hanno conservato graffiti e in particolare il serpente aveva, per i Celti, il significato di iniziazione, poiché conduceva a mondi interiori.

Da dove arrivano le pietre di Carnac?

Una fantasiosa leggenda cristiana racconta come san Cornelio, un papa bretone scacciato da Roma, avesse pietrificato il contingente di soldati romani mandati a sottomettere la regione e responsabili di soprusi nei confronti della popolazione. Cornelio, durante la fuga, caricò i bagagli su di un carro trainato da due buoi; arrivato nella sua terra, riconoscente per il buon esito del viaggio, benedisse gli animali. Il 13 settembre, ancora oggi, l’evento viene commemorato durante una festa dei contadini locali, che portano i loro animali in chiesa per la benedizione, davanti alla statua del santo in atto di imporre le mani. Si dice che le bestie malate vengano condotte a passeggiare tra i viali per guarire e nell’area abbondano antichi resti di sacrifici animali e immagini di un toro sacro.

Gli storici e gli archeologi hanno fatto molte ipotesi, per i megaliti di Carnac come per Stonehenge, Avebury e Callanish. E come a Stonehenge le pietre di Carnac potrebbero essere state innalzate dagli astronomi dell’epoca per misurare i movimenti apparenti del sole, della luna e delle stelle. I moderni studiosi di feng shui sostengono che le pietre ritte, come i menhir, sono antenne cosmiche, col compito di raccogliere le vibrazioni e trasmetterle intorno, mentre i dolmen (costituiti da un pietrone orizzontale sorretto da due verticali) captano l’energia trattenendola: questo spiega perché i malati venivano collocati sotto la pietra orizzontale, per assorbire le energie trattenute dal dolmen. Alcuni studiosi hanno notato che molte pietre ritte emanano energia, rilevata sia da rabdomanti che da strumenti scientifici. Tutti i grossi complessi megalitici sono vicini all’acqua: Carnac e Callanish al mare, Avebury e Stonehenge al fiume. Marija Gimbutas, nel suo Il linguaggio della Dea, sottolinea che le pietre erette sono una manifestazione della Dea Madre ed emettono una vibrazione psichica; per questo le persone le toccano, ci girano intorno e ballano anche in tondo, allo scopo di rigenerarsi. Inoltre antiche leggende (e più moderni riscontri) parlano di pietre che si muovono, ruotano, danzano e perfino… parlano; molte amerebbero addirittura immergersi nelle acque, per bere o per bagnarsi, prima di tornare al loro posto.

In origine le pietre dei megaliti non erano lisce, ma incise e talvolta dipinte. Le figure più comuni erano coppe, cerchi, anelli, più rare le spirali, le stelle, le ruote e le scalette a pioli. Un ricercatore scozzese, Ludovic MacLellan Mann, autore di Archaic Sculpturing (1915), che resta uno dei pochissimi studi sistematici sull’argomento, asserì che molte delle figure scolpite erano interpretabili in termini astronomici, cioè che i cerchi e i punti sequenziali segnavano linee con la funzione di marcatori astronomici, per osservare e prevedere i fenomeni celesti. Josef Heinsch, uno studioso tedesco citato da Nigel Pennick in Magia, simboli e segreti dei luoghi sacri, disse che le strutture sacre precristiane possono essere comprese solo adottando il punto di vista degli antichi. Per loro ogni cosa di questo mondo era legata al divino. Ogni pensiero e azione umani erano subordinati alle influenze delle energie delle forze divine onnipotenti. La loro filosofia e la loro sapienza culminava nella consapevolezza che così sopra, così sotto, e nel tentativo di portare tutte le loro attività e ambizioni in armonia con la natura superiore.

A differenza di noi, uomini moderni, che abbiamo in gran parte perso il senso del sacro, gli antichi seguivano, nelle costruzioni di qualsiasi tipo, una geometria sacra. Può darsi che le future ricerche sui luoghi megalitici (se ci saranno i fondi per farle) riservino non poche sorprese.