Recentemente su io9 è stato pubblicato un post che pensiamo che potrebbe suscitare dibattiti anche qui.

In ogni occasione c'è sempre chi sottolinea il fatto che i libri Fantasy stiano lentamente soppiantando quelli di fantascienza negli spazi in libreria e nelle vendite. Se non è la Fantasy classica, per ora i temi della Urban Fantasy, vampiri e altri mostri paranormali, calati nella realtà odierna sono tra i best sellers.

Per molti osservatori questo è dovuto alla paura per il futuro, tema cardine della fantascienza, mentre la maggior parte del fantasy narra del passato, più o meno mitologico.

Ma Charlie Jane Anders di Io9 ha riportato un paio di pareri di blogger.

In particolare lo scrittore Mark Charan Newton (Nights Of Viijamur), enuncia alcune ragioni per le quali "la fantascienza sta morendo e la Fantasy è il futuro", tra le quali: il successo cinematografico delle saghe di Harry Potter e del Signore degli Anelli, la prevalenza di lettori di sesso femminile, e che la scienza e la tecnologia con cui abbiamo a che fare ogni giorno donano lo stesso "sense of wonder" della fantascienza.

Il Game Designer Andrew P. Mayer ha una spiegazione differente "la Fantasy è più pertinente al nostro futuro immediato della fantascienza": Secondo Mayer lo Steampunk è l'esempio più ovvio. È considerato un genere influenzato dal passato, mentre in realtà sarebbe, a proprio modo, realmente futurista. Raccontando le storie dei nostri antenati in modo trasfigurato permette di ridefinire la nostra visione di essi come dall'altro capo del cannocchiale. Il tema steampunk rappresenterebbe una sorta di "pseudo fantasy", per un mondo, quello odierno, che si aggrappa al reale mentre si sta dirigendo verso il virtuale. Sono racconti dove l'umanità è sulla soglia di diventare realmente magica, capace di trasformare il mondo fisico in modi più radicali di quanto fosse immaginabile in passato.  Nello steampunk c'è quindi tutta la nostaglia del passato tipica dell'heroic fantasy. L'800 dei computer a vapore come una sorta di età dell'Oro dell'umanità, potremmo concludere.

E anche la Fantasy sarebbe in realtà più predittiva di quando non sembri. L'argomento del riscaldamento globale è un argomento che può appartenere a Tolkien che ad Asimov. Nella fantasy il conflitto viene risolto con cattivo, più o meno antropomorfo, da combattere per risolvere il problema e riportare tutto "in ordine". Le nostre soluzioni passano per l'accettazione del potere dell'uomo moderno più per il provare a opporsi a esso.

E per una generazione che ha più controllo sulla propria biologia che in passato, potrà essere di aiuto esorcizzare con queste fantasie i propri timori, dopo che le generazioni precendenti hanno esorcizzato la loro paura della rivoluzione tecnologica con narrazioni che parlavano di astronavi e alieni. Ma anche la Urban Fantasy può essere vista come uno specchio della nostra visione del futuro. Con storie che popolano i nostri moderni paesaggi urbani di creature mitologiche,  costruiamo delle forti metafore per tutte le scelte bioetiche, scelte radicali che presto o tardi arriveranno per la razza umana.

A prescindere da quanto scritto nella nostra fonte. Voi cosa ne pensate? La Fantasy ci darà più risposte sul nostro futuro di quante ce ne abbia date la Fantascienza? È un argomento su cui riflettere, non trovate?

Prima di rivolgermi a voi lettori ho rivolto queste domande alla redazioni di Delos SF, Fantasy Magazine, Fantascienza.com, Horror Magazine  e Robot.  Di seguito potrete leggere le risposte di chi ha potuto o voluto esprimersi.

Prima di leggerle vorrei solo dare il mio modesto parere. Ossia che se la questione è posta in termini di contrapposizione tra i generi, è sempre mal posta e perdente. Per parlare del futuro si possono usare le metafore del fantasy, della fantascienza, del giallo, di quello che si vuole. La differenza è il come le cose vengono fatte. Il sottoscritto ama tutte le coniugazioni del fantastico, purché scritte bene. Non amo gli steccati.

Tanto per prendere un esempio. Si può parlare delle conseguenze nefaste della civiltà industriale anche con il Fantasy. Collegandomi a quanto scritto da Io9, lo stesso Asimov in un suo breve saggio (Su Tolkien e Altre cose, Urania 1220, dicembre 1993), paragona la moderna civiltà industriale a Mordor: "[…]L’anello rappresenta la tecnologia industriale, che sradica la terra verde e la rimpiazza con orrende strutture sotto un manto di inquinamento industriale.[… ]". Nel saggio Asimov stesso s'interroga sull'uso delle metafore fantastiche, non negando che tra le sue fonti d'ispirazione ci sia anche Il Signore degli Anelli, nonostante l'influsso sia meno evidente. Nel saggio illustra le principali invenzioni di Tolkien, mettendo in evidenze l'eterogeneo uso delle creature fantastiche.

 [..]Questa ricca mescolanza di differenti tipi di creature intelligenti porta una forza inimmaginabile oltre che una grande varietà ad Il Signore degli Anelli, ed è questo che dovevo avere in mente quando ho pensato a un universo in cui convivessero differenti tipi di creature intelligenti.[…]

Perdonatemi se didatticamente prendo due esempi che sono all'ABC, ma il concetto è che alla fine sono le buone storie che vincono, di qualsiasi "genere" esse siano.

La parola agli interpellati e poi a voi lettori.

Leonardo Pappalardo (Horror Magazine)

È vero, la fantascienza non gode più dei fasti di un tempo, su questo punto sono abbastanza d'accordo. Non c'è da stupirsi d'altronde, ormai il futuro è parte integrante delle tecnologie del presente, e sembra quasi che le domande tipiche della fantascienza classica abbiano perso il loro fascino di fronte al disincanto fornito dagli odierni processi scientifici e sociologici. Le profondità dello spazio non sono più dotate di quell'aura di mistero che spingeva il nostro sguardo al di là delle stelle, e ora l'attenzione dell'uomo si è spostata verso l'interno, verso l'analisi della nostra psiche e di tutti quei demoni che impediscono alla razza umana di vivere in pace. Forse a causa dei ripetuti periodi di incertezza, di crisi e di allarmi terroristici vari (o presunti tali), ora il nemico non è più fuori, ma dentro di noi. E il fantasy, così come l'horror, è da sempre un genere popolato da tutti quei demoni che altro non sono se non le manifestazioni “fisiche” di ciò che la nostra mente segretamente teme o desidera. Entrambi sono generi tramite cui l'umanità metaforicamente si “confessa”, si psicoanalizza, nella speranza di raggiungere una catarsi e una maggiore comprensione del proprio io. E in questo, rispetto alla fantascienza, il fantastico ha il pregio di garantire una maggiore semplificazione di problematiche etiche, sociali e scientifiche che altrimenti risulterebbero molto più complesse e meno cariche di “sense of wonder”.

Irene Vanni (HM)

Non tutti i vampiri sono amichevoli.
Non tutti i vampiri sono amichevoli.

Ho sempre trovato sterile e trito questo genere di discussione. Sulla presunta morte della fantascienza vengono aperti dibattiti da decenni, senza arrivare a conclusioni definitive o quantomeno fruttuose. L’unico dato da tenere in considerazione è che la maggiore fruibilità di videogiochi o pellicole cinematografiche ha spostato l’asse d’interesse dalla letteratura, che comunque è sempre stata un fenomeno di nicchia, rispetto al mainstream. Senza contare che ormai il futuro di un tempo fa parte del nostro presente e da un punto di vista esistenziale un approfondimento ‘per scritto’ di certi temi non attrae più. Per quanto riguarda le sorti del fantasy, se il pubblico è prevalentemente femminile, non me ne sono accorta, anche perché continuo a imbattermi più in lettori uomini. Forse le donne sono più sedotte dalle contaminazioni con il rosa e in questo senso recenti saghe sui vampiri hanno centrato il bersaglio, ma i mostri soprannaturali ‘vanno di moda’ sin dai tempi di Omero. L’unica cosa certa è che finché l’uomo si troverà nella condizione di porsi domande in merito a ciò che non può spiegarsi – che sia “Ci sarà vita su quel pianeta?” o “C’è vita dopo la morte?” – i lettori e i telespettatori continueranno a essere affascinati sia dal fantasy che dalla fantascienza.

Filippo Messina (Fantasy Magazine)

Se dobbiamo prendere per buone le statistiche che danno per emergente la fiction fantasy (o più generalmente, fantastica) rispetto alla canonica fantascienza, è inevitabile l’approccio sociologico al fenomeno per azzardare una possibile risposta. Per tutti gli anni novanta e il primo decennio del nuovo secolo, spigolando nel settore della Science Fiction e nel suo parco lettori, era frequente imbattersi nella seguente affermazione: Amo la Fantascienza, ma soltanto quella plausibile. Una dichiarazione popolare per quanto, a volte, superficiale. Per plausibilità, infatti, veniva intesa di solito la narrazione di uno scenario tecnicamente realizzabile in un futuro prossimo, basato su assunti scientifici non ancora compiuti ma già noti (almeno in teoria). Altrettando spesso, però, balzava agli occhi come la cosiddetta plausibilità dell’elemento fantastico riguardasse in realtà non i meccanismi di causa ed effetto insiti al racconto, ma il tono generale della narrazione. Sapori noir, quindi, e pulp, emersi in modo sempre più massiccio nella fantascienza del secolo scorso. Si potrebbe anche obiettare che una fantascienza veramente plausibile, legata cioè a presupposti dimostrabili in laboratorio, perde molta della sua connotazione fantastica, e diventa speculazione scientifica, a volte pedante, a volte contraddittoria. Per non parlare del ruolo della soggettività che condiziona l’intero argomento.